F1 | GP Miami 2024, il caos penalità tra Magnussen, Hamilton e Sainz. Incongruità, ritardi, cortocircuiti di un sistema da rivedere

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Tempo di lettura: 5 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
6 Maggio 2024 - 14:00
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Il weekend della Florida vede decine e decine di secondi di penalità volati come granelli di sabbia, ma non sempre con razionalità

Il GP Miami 2024 si è chiuso definitivamente oltre tre ore dopo la fine della gara, in seguito alle ultime penalità – tra cui quella di Carlos Sainz – che hanno ridisegnato parzialmente la classifica finale di gara.

La gara della Florida ha messo in mostra una serie di contraddizioni che richiedono una riflessione generale sul sistema delle penalità e del bilanciamento causa-effetto o causa-sanzione, al fine di avere una scala di penalità che sia coerente con le azioni in pista. Il tutto in un contesto nel quale, con il format Sprint, le azioni da rivedere sono aumentate numericamente.

Il caso più eclatante è evidentemente quello di Kevin Magnussen. Il danese ha rimediato un totale di 65 secondi di penalità nel corso del suo weekend, 35 nel corso della Sprint e 30 nel corso della gara.

Analizzando la situazione del pilota della Haas, Magnussen ha rimediato:
– tre penalità da 10 secondi (totale 30) per essere uscito dai limiti della pista guadagnando un vantaggio
– una penalità da 5 secondi aggiuntiva per aver superato i limiti ripetutamente
– una penalità da 20 secondi per un rientro ai box in regime di SC senza effettuare cambio gomme
– una penalità da 10 secondi per l’incidente che ha messo fuori gara Logan Sargeant

In tutto questo, Magnussen è passato da 5 a 10 punti sulla patente, con il rischio concreto di saltare una gara nel caso in cui dovesse prendere un’altra penalità nei prossimi appuntamenti, arrivando quindi al totale di 12.

Rileggendo l’elenco delle penalità del danese, notiamo già qui delle incongruità. Ad esempio, mettere fuori gara un collega (10 secondi) viene penalizzato meno di un’infrazione “burocratica” come non effettuare il cambio gomme in regime di Safety Car (20 secondi) e ha la stessa valenza di un taglio di chicane o dell’essere andato largo fuori pista guadagnando del vantaggio. Quest’ultima penalità ha visto protagonista anche Lance Stroll con Alex Albon, dal momento che il canadese, durante la gara, ha superato il thailandese sfruttando oltremodo la pista senza riconsegnare la posizione.

Nel caso del danese, estromettere con colpa un avversario dovrebbe valere di più, nella scala delle gravità, rispetto ad un taglio o un’infrazione banale come quella ai box, che non creano danni “fisici” ad un collega.

Passiamo a Lewis Hamilton il quale, nel corso della Sprint, è stato protagonista di due episodi che rappresentano un altro cortocircuito. Uno l’abbiamo analizzato ed è quello della partenza, nella quale a rimetterci sono stati Lando Norris e Lance Stroll con il ritiro. In questo caso né l’inglese né Fernando Alonso hanno ricevuto penalità (che abbiamo riassunto con colpa di 1/3 per lo spagnolo e 2/3 per l’inglese), perché i commissari, a detta loro, non sono stati in grado di valutare i vari gradi di responsabilità nell’incidente.

Hamilton, in regime di Safety Car, ha poi superato per una frazione di tempo il limite di velocità nei box di 10 km orari. Per questa azione, ha ricevuto a fine Sprint una penalità di 20 secondi (equivalente di un Drive Through). L’inflessibilità sulla velocità in pitlane è nota (Pérez in Olanda, nel 2023, prese cinque secondi per 0.8 km/h di superamento del limite) ma come può valere di più uno speeding in pitlane che, di fatto, non ha causato danni, rispetto a quanto successo in partenza? Anche qui, la disparità di trattamento è evidente: se non si agisce per un incidente in partenza, 20 secondi per uno speeding sembrano del tutto eccessivi.

Arriviamo a Carlos Sainz e alla penalità che gli è costata la quarta posizione in favore di Sergio Pérez, per i cinque secondi rimediati a causa della toccata con Oscar Piastri. Il web è diviso tra sanzione giusta e sanzione inventata, ma questo deriva dal fatto che non c’è una vera e propria coerenza su questo genere di azioni. Se il metro di valutazione è il danno procurato, i 5 secondi comminati allo spagnolo sono congrui rispetto ai 10 ricevuti da Magnussen per aver causato il ritiro di Sargeant, dati i danni riportati dalla McLaren e un Piastri costretto a fermarsi ai box per sostituire l’ala anteriore. Il punto sulla patente, invece, è totalmente ingiustificato se si rivede l’azione. Il colpo sulla McLaren avviene a causa di una perdita di posteriore e non alla frenata ritardata in sé.

Sul metro di valutazione, però, va affrontato un ragionamento a parte. Se la F1 dello spettacolo vuole le battaglie in pista, non può sanzionare ogni minima azione o ogni minima toccata. Se, invece, tutte le azioni devono essere poste sotto la lente d’ingrandimento – per ragioni che non conosciamo – ci vuole coerenza e una scala di gravità che non ammetta incongruenze, con ritiri causati che non vengono penalizzati e tagli di chicane o infrazioni in pitlane senza danni che invece diventano più gravi.

Infine, non è possibile dover attendere oltre tre ore (per la precisione 3 ore e 24 minuti) per la comunicazione di una penalità, come nel caso di Sainz da quando è avvenuto il contatto con Piastri a quando sono stati annunciati i 5 secondi. Nell’era della comunicazione a tutto tondo è un’eternità che la F1 e la FIA non si possono permettere per eventi così banali da valutare.

Immagine: Media Pirelli

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