Il sette volte iridato non ha chiuso al meglio un fine settimana in cui, comunque, sono emersi segnali incoraggianti
Quello che conta, alla fine, è unicamente il risultato. I punti portati a casa hanno un peso per entrambe le classifiche iridate, le sensazioni, ciò che poteva essere ma non è stato, i buoni auspici e tutto il resto certamente no. Eppure, l’esito del fine settimana di Lewis Hamilton al GP di Città del Messico 2025 non racconta interamente la storia che il britannico avrebbe potuto scrivere in Sudamerica. I “se” e i “ma” non aiutano certo la situazione del sette volte iridato, il quale però, da diversi weekend, si sta dicendo sempre più a suo agio con la propria SF-25.
Ovviamente, quando si parla di una leggenda come Hamilton, è lecito aspettarsi un certo tipo di rendimento. È lecito attendersi prestazioni autorevoli fin da subito, come certamente si auspicava in Ferrari; ma le cose, lo sappiamo, sono andate in maniera drasticamente diversa. Tra Lewis e la Rossa l’amore è tutt’altro che sbocciato e il pluricampione del mondo si è ritrovato fin dal suo esordio a Melbourne a lottare per posizioni ben lontane da quelle che lui stesso si aspettava. Sesti, settimi e ottavi posti non sono nel DNA di un pilota come l’inglese, non rappresentano la sua carriera in F1 e non possono essere accostati all’immagine di un uomo che ha riscritto la storia del motorsport.
Il quadro dell’Hamilton ferrarista, però, è stato questo nel 2025. Una prima stagione da alfiere del Cavallino sicuramente da dimenticare, qualunque sarà l’esito delle ultime quattro tappe del campionato, e negarlo non sarebbe onesto in primis nei confronti dello stesso Lewis. Rimane però un discorso da affrontare, che certamente non può smuovere di molto il giudizio sul binomio tra il britannico e la Ferrari, ma che vuole, almeno in parte, lasciare uno spiraglio di luce aperto sul 2026. Dal rientro dalla pausa estiva, qualcosa è cambiato tra l’inglese e la sua monoposto. Come se, tutto ad un tratto, il feeling nei confronti del proprio mezzo si ritrovasse di fronte ad un’impennata magari non verticale, ma ugualmente di rilievo.
Questo miglioramento si può evincere facilmente dai risultati delle qualifiche da Zandvoort in avanti. Escludendo le prove ufficiali di Baku, in cui Hamilton è rimasto escluso in Q2 e Charles Leclerc è incappato in un errore ad inizio Q3, il distacco tra i due piloti Ferrari al sabato non è mai salito oltre i 117 millesimi a favore del monegasco. In Messico, poi, Lewis è andato vicinissimo a scalzare il compagno dalla prima fila, mancando la seconda posizione di appena 9 centesimi. Contro quello che è forse il miglior qualificatore dell’intero schieramento, dopo episodi come Budapest dove, alla Pole del #16, è corrisposto il dodicesimo tempo del #44, non possiamo certo parlare di numeri trascurabili.
Le parole di Hamilton in conferenza stampa, poi, avevano fatto ben sperare per la partenza di domenica: “Norris ha molto da perdere, io invece no, per cui sarò aggressivo“. Una chiara dichiarazione d’intenti, che, per un caso sfortunato, non ha trovato riscontro nei fatti. Arrivando verso la prima curva, l’inglese si è ritrovato stretto a panino tra la McLaren di Norris alla propria destra e l’altra Rossa di Leclerc alla sua sinistra, con uno spazio di manovra davvero ridotto. Al momento della staccata, poi, il muso della #44 era di poco avanti rispetto a quello della monoposto gemella, ma questo non ha comunque portato sotto la lente d’ingrandimento dei commissari il taglio del monegasco che, agli occhi di Lewis, avrebbe dovuto restituirgli la posizione.
Qui, oltre che alla prontezza dei commissari, è mancata anche quella da parte del muretto Ferrari. Se Hamilton ha richiamato a gran voce uno swap con Leclerc in virtù di quanto successo alla prima curva, allora era quantomeno lecito aspettarsi una discussione interna per decidere il da farsi. Se tale discussione sia avvenuta o meno non ci è dato saperlo: sta di fatto che, quella seconda posizione, il britannico non l’ha mai conquistata. Proprio da questo punto si sono moltiplicati i guai, con l’arrivo di Max Verstappen che ha ingaggiato con il vecchio rivale un duello serrato, il quale ha portato al taglio da parte di Hamilton di curva 4 e della conseguente penalità nei confronti dell’inglese di 10 secondi, per aver tratto vantaggio dall’uscita di pista.
Ora, se un pilota guadagna del terreno, o comunque mantiene la propria posizione, in maniera irregolare, è giusto che la direzione gara gli commini il prima possibile una penalizzazione corretta. In questa situazione, però, è doveroso tenere conto di almeno due fattori. Innanzitutto, della conformazione della via di fuga in questione. Una stradina strettissima, per altro con un angolo di piega quasi a novanta gradi, in mezzo all’erba sulla quale, evidentemente, manca quasi del tutto aderenza. Hamilton ha tentato di imboccarla, fallendo e rientrando ben più avanti a Verstappen rispetto a quando i due si apprestavano ad affrontare la curva. Qui arriva il secondo fattore, ovvero, di nuovo, il muretto della Rossa.
Alla vista della mancata percorrenza della via di fuga da parte del proprio pilota, ci si sarebbe dovuti chiedere se non fosse il caso, oltre che di rallentare e restituire parte del vantaggio guadagnato, anche di scambiarsi di posizione con Verstappen. Sarebbe stato senza dubbio complicato, visto che l’olandese è stato poco dopo sopravanzato anche da uno straordinario Oliver Bearman, ma quantomeno si sarebbe data l’impressione di non voler trattenere quella manciata di secondi che Hamilton si era garantito in maniera illegittima. Nulla di tutto ciò è avvenuto e la sentenza dei commissari è stata senza appello: 10 secondi che hanno posto, di fatto, la parole fine sulla corsa di Lewis.
Si può discutere di come, al termine del primo stint, il distacco tra le due Rosse fosse assai ampio, con Leclerc in totale controllo, di come, una volta rientrato in pista, il sette volte iridato non abbia saputo ricucire il margine con i piloti davanti a sé e di come, a fine gara, il divario tra le monoposto del Cavallino fosse vicino al mezzo minuto. Va tenuto però in considerazione un altro fatto: Hamilton, in Messico, ha disputato un weekend tutt’altro che negativo. Ed è chiaro che ciò non possa bastare, soprattutto quando Charles, da solo, ha conquistato l’interezza degli arrivi in top 3 della Scuderia quest’anno. Ma sparare sulla croce rossa, ormai, serve a poco.
Da questo punto di vista, tanto meglio provare a trovare quel poco di luce nelle prestazioni di Hamilton, non certo vicine a quelle di Leclerc nel complesso ma, nell’ultimo periodo, non più così lontane come ad inizio stagione. Più volte Lewis ha dichiarato che, sulla vettura 2026, non mancheranno istruzioni da lui suggerite alla propria squadra, un processo infattibile con la monoposto di quest’anno, sviluppata e partorita quando del sette volte iridato, a Maranello, ancora non c’era traccia.
Il 2025 è ormai andato e tutte le speranze, per il #44, sono riposte sulla prossima stagione. Se anche quella dovesse rivelarsi insufficiente, come l’annata corrente, allora ecco che l’inglese potrebbe anche decidere di dire basta. Per il momento, visto che parliamo ancora una volta di ipotesi, meglio concentrarsi su quanto di buono può essere raccolto nelle ultime tappe mondiali. Meglio per Lewis, per la Ferrari e, forse, anche per chi li racconta da fuori.
Immagine di copertina: Media Ferrari
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