Così come Montecarlo, anche Città del Messico rappresenta una tappa unica nel campionato
Con il GP Città del Messico 2022 messo in archivio, analizziamo un elemento che incide moltissimo su questa pista. Apparentemente il tracciato intitolato ai fratelli Rodriguez appare come tutti gli altri e, magari, può risultare anche un po’ banale dopo le modifiche che gli hanno permesso di tornare a far parte del calendario iridato dal 2015, con l’eliminazione della Peraltada ed il passaggio scenico all’interno dello stadio.
Eppure questa pista rappresenta una vera e propria sfida a causa di una condizione unica in tutto il campionato. La parola magica è aria: la rarefazione presente ad oltre 2 chilometri di altezza è, infatti, un fattore chiave per una gara che non è come tutte le altre e, specialmente nel 2022, non lo è stata.
Per la precisione, l’autodromo Hermanos Rodriguez si trova a 2.238 metri e, per dare un valore di riferimento, densità e concentrazione di ossigeno sono inferiori di 1/5 rispetto al livello del mare.
La densità minore dell’aria incide su diversi fattori: il carico generato dalle monoposto, il raffreddamento, la prestazione generale della Power Unit ed il consumo delle gomme in particolare. Tutti concetti e valori che vanno ricalcolati e valutati appositamente per questa pista nel corso del weekend, costringendo team e piloti ad un lavoro diverso rispetto al resto dell’anno.
Nelle dichiarazioni di anteprima alcuni piloti come Gasly, Latifi, Albon e Stroll hanno citato l’altitudine aggiungendo in alcuni casi che, su questa pista, le monoposto si guidano in modo completamente diverso. “È una pista unica per via dell’altitudine che crea condizioni estreme per la vettura” ha detto il francese dell’AlphaTauri, mentre il canadese della Williams ha specificato “L’aria rarefatta modifica il comportamento, il grip è minore e fisicamente la gara è più pesante”.
Un’analisi più approfondita l’ha fatta Thomas Bouché, Head of aerodynamic track performance group di Ferrari:
“La riduzione della densità dell’aria, dovuta alla rilevante altitudine cui si trova il tracciato, costituisce per le squadre una delle più grosse sfide tecniche della stagione: le forze aerodinamiche sono considerevolmente ridotte e per questo ci ritroviamo con valori di carico paragonabili a quelli di Monza nonostante si utilizzi la configurazione di Monaco!
I motori turbo sono meno condizionati rispetto ai vecchi propulsori aspirati e questo fa sì che accelerazione e velocità di punta siano tra le più elevate della stagione. Questo quadro porta con sé alcune insidie non indifferenti per il raffreddamento di motore e freni: le vetture di Formula 1 attuali non sono state disegnate e ottimizzate per girare in condizioni così particolari, per questo tutti i parametri verranno continuamente curati e analizzati nell’arco di tutto il weekend.
L’aria rarefatta potrebbe anche incidere nei duelli ruota a ruota perché chi insegue potrebbe ritrovarsi presto in difficoltà per il fatto di guidare nell’aria sporcata dalla vettura che lo precede”.
Minor carico significa difficoltà a mandare in temperature le gomme. E lo si è visto sin dal venerdì, con i piloti che hanno lamentato tantissimo via radio i problemi nel mantenere in pista le monoposto. Aver dedicato, inoltre, la seconda sessione di libere ai test Pirelli per il 2023 ha tolto un’ora di studio che avrebbe potuto fornire ai team la possibilità di agire in modo diverso sugli assetti e raccogliere informazioni in più in vista del sabato, dove entra in vigore il Parco Chiuso.
Gli effetti delle condizioni della pista messicana si sono visti tutti in gara, ancor più che negli anni scorsi per via dei nuovi regolamenti, che delegano al fondo il compito di generare almeno l’80% del carico totale della monoposto. La modifica dell’incidenza delle ali per tentare di guadagnare carico, quindi, ha influito decisamente meno quest’anno rispetto al 2021. Ferrari, ad esempio, ha tentato di girare sia con ali scariche che cariche, senza però riuscire ad ottenere differenze sostanziali.
In linea generale, durante la gara di ieri tutti i team hanno faticato con le strategie. Visti i problemi riscontrati già del venerdì in FP1 (l’unica sessione “buona”) con temperature superiori a quelle viste alla domenica, le scelte del muretto hanno premiato in linea di massima la lungimiranza di chi ha deciso di partire con gomme più morbide, in questo caso Red Bull e Ferrari rispetto a Mercedes. Anche se, nel caso della Rossa, questo non ha poi dato un vantaggio sostanziale e ne vedremo poi il perché.
Mercedes, partita con le gomme medie, ha sperato in un calo delle gomme soft montate da Verstappen che di fatto non è mai arrivato nella misura attesa. Nonostante la chiara indicazione che il degrado fosse inferiore alle attese, Il passaggio alle hard da parte del team di Brackley e con entrambi i piloti, senza cioè tentare almeno di differenziare con uno dei due, è stato un altro errore di valutazione che è costato sia a Hamilton che a Russell la possibilità di essere magari più vicini nella seconda parte di gara.
Ricciardo, Gasly, Albon e Zhou, dopo aver montato una media ad inizio gara, hanno sfruttato le rosse per la seconda parte risalendo di alcune posizioni. L’australiano della McLaren, nonostante una penalità di 10 secondi per il contatto che ha messo fuori gara Tsunoda, è giunto addirittura settimo chiudendo una delle sue migliori gare di stagione.
Importante, in una gara dove la densità dell’aria è ridotta, è la gestione del raffreddamento sia delle componenti interne che dei freni. Diversi team hanno infatti portato in pista delle branchie molto accentuate nella zona delle fiancate per smaltire quanta più aria calda possibile. Mentre, rispetto ad altri tracciati, le prese d’aria dei freni devono essere adeguate per far sì che gli impianti vengano raffreddati sufficientemente, anche tenendo conto del fatto che, da quest’anno, il gruppo ruota comprende anche i copricerchi che aumentano le difficoltà di smaltimento del calore dopo frenate pesanti come quelle del primo settore del Messico.
Mercedes e Ferrari, in questo appuntamento, si sono scambiate il ruolo di inseguitrici della Red Bull. Il Team di Maranello ha ricevuto parecchie critiche per una gara in cui Sainz ha chiuso praticamente ad un minuto dalla vetta, seguito ad una decina di secondi da Charles Leclerc.
Mattia Binotto ha riassunto così la gara nell’intervista a SKY: “Noi eravamo convinti che partire con le rosse e poi mettere le gialle fosse la strategia migliore e ne siamo ancora sicuri. Oggi credo che noi avremmo anche potuto usare media e poi dura ma non avrebbe cambiato molto il nostro risultato. Non avevamo la velocità per batterci con quelli davanti e non l’avevamo indipendentemente dalla strategia.
La sensazione a caldo è che non abbiamo interpretato bene la gara ma non abbiamo un’area specifica. Abbiamo sofferto di Power Unit in generale tutto il weekend ma questo è solo un aspetto, siamo mancati anche di vettura. Siamo mancati di trazione, di bilanciamento“.
A proposito di trazione e bilanciamento, le Rosse sono apparse nervose e ballerine soprattutto nell’affrontare i cordoli, segno di una F1-75 molto rigida a livello sospensivo. Un’ipotesi può essere la ricerca di restare il più bassi possibili come altezze da terra con la necessità, quindi, di irrigidire al massimo per non spanciare e non innescare il Porpoising; tenendo sempre a mente che, dal Gran Premio del Belgio, è in vigore una direttiva tecnica, la TD039, che impone di restare entro certi limiti di oscillazioni verticali.
Limiti sui quali, per sua natura, Red Bull non ha mai avuto grossi problemi, non soffrendo sin dall’inizio di stagione in modo pesante del Porpoising. Mentre, per quanto riguarda la Mercedes, l’introduzione della direttiva sembra aver dato una mano alla W13. Imponendo agli altri team di restare entro certi valori, le differenze prestazionali tra la monoposto di Brackley e le altre si sono assottigliate, meno nel confronto con Red Bull, più con Ferrari. E, in Messico, si è vista forse l’occasione migliore per centrare una vittoria che non è ancora arrivata in questa stagione.
Ancor più che ad Austin, dove Verstappen era stato fermato da due Safety Car prima e da un pit lentissimo dopo, a Città del Messico la W13 si è mostrata competitiva sin dal venerdì, come sottolineato dai piloti nelle dichiarazioni successive alle prove libere. Disponendo a prescindere di meno carico rispetto alla Ferrari, la densità inferiore dell’aria ha probabilmente permesso al team di Brackley di lavorare meglio con le altezze da terra senza quella necessità di dover irrigidire le sospensioni, fornendole quindi un boost per questo appuntamento che, già a detta dei piloti, non si vedrà ad esempio in Brasile.
Ecco perché le prestazioni viste nel GP Città del Messico devono essere prese con le pinze. Si tratta, infatti, di un evento unico in calendario dal punto di vista tecnico. E, anche se in apparenza può sembrare un Gran Premio uguale agli altri, nasconde delle sfide molto importanti che, dal punto di vista tecnico e strategico, lo rendono davvero singolare nel panorama del campionato.
Immagine: Media Ferrari
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