F1 | GP Bahrain 2019: l’analisi della gara di Sakhir

F1GP BahrainGran Premi
Tempo di lettura: 13 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
2 Aprile 2019 - 09:45
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Consegnato agli annali il Gran Premio del Bahrain è tempo di analizzare quanto successo sul circuito di Sakhir, dove Lewis Hamilton ha colto un’insperata vittoria. Doppietta altrettanto inattesa quella della Mercedes davanti alla Ferrari di Charles Leclerc, il vincitore morale di giornata e dominatore del weekend nel deserto.

Se la prima gara di Melbourne aveva lasciato i normali dubbi di un’apertura di stagione, quella di Sakhir confonde le carte soprattutto per quanto riguarda i due top team, Mercedes e Ferrari. Si attendeva un circuito più tradizionale per valutare i valori in campo e qualche novità si è vista, soprattutto per quanto riguarda la Rossa.

TOP TEAM

Anche in Bahrain, seppur con diversi rapporti di forza, si confermano Mercedes, Ferrari e Red Bull i tre top team della griglia. Tendenzialmente, visti i distacchi della gara di Sakhir, questo dato dovrebbe essere ormai definito e relativamente sicuro per il resto della stagione. Qui di fianco è infatti evidenziata la situazione del GP del Bahrain al 53° giro, ovvero un passaggio prima del doppio ritiro delle Renault che ha poi causato l’ingresso della Safety Car, ricompattando così il gruppo. In questa fase Lewis Hamilton aveva già conquistato la testa della corsa sullo sfortunato Charles Leclerc.

Come potete vedere il distacco tra Max Verstappen e Nico Hulkenberg, il primo degli “altri”, era di circa 35 secondi. Escludendo Sebastian Vettel, in rimonta dopo il testacoda e la perdita dell’ala anteriore, in questo passaggio i primi quattro erano racchiusi in 30 secondi mentre il primo pilota Renault era oltre il minuto. Se consideriamo che il monegasco, prima del problema alla SF90 che l’ha costretto a rallentare, aveva circa dieci secondi di vantaggio sulla Mercedes dell’inglese, avremmo avuto Max Verstappen – quarto – a circa 40 secondi da Leclerc e Hulkenberg a circa un minuto e quindici. 

Dietro i tre top, come già successo in Australia, la battaglia è stata davvero combattuta tra Renault, Mclaren, Toro Rosso, Haas e Racing Point. Ancora solitaria nella sua ultima posizione la Williams, falcidiata dai problemi ereditati già dalla prima gara. Anche a Sakhir sia Russell che Kubica sono stati costretti a girare larghi dai cordoli per la mancanza di parti di ricambio, con il polacco in pista con il fondo ancora danneggiato dal primo giro di Melbourne.

MERCEDES vs FERRARI

Ci si attendeva una risposta dalla Ferrari dopo l’opaco weekend australiano e possiamo dire che, fino al 46° giro del Gran Premio del Bahrain, questa era puntualmente arrivata sopratutto con Charles Leclerc, il vero dominatore del weekend di Sakhir tanto da riscuotere i complimenti da parte di quasi tutti i colleghi nel post gara. Partendo dalla qualifica, è necessario ricordare come i valori abbiano rispecchiato in linea di massima quanto visto un anno fa su questa stessa pista. Mentre in Australia W10 ed SF90 hanno entrambe migliorato i tempi delle monoposto 2018 di oltre sei decimi, con una differenza tra le due rimasta a circa sette decimi in favore della Freccia d’Argento, in Bahrain la Ferrari ha migliorato di 92 millesimi il tempo della pole di un anno fa mentre la Mercedes ha peggiorato il suo miglior crono di 66 millesimi. Da questo punto di vista, le caratteristiche di queste monoposto ed i loro punti forti e di debolezza sembrano gli stessi di un anno fa.

Per quanto riguarda la corsa, l’anno scorso Sebastian Vettel aveva vinto con la minaccia di Valtteri Bottas alle calcagna, mentre Lewis Hamilton era stato protagonista di una gara piuttosto opaca rispetto al compagno. In questa occasione la Ferrari è stata complessivamente superiore soprattutto con Charles Leclerc. Il monegasco, dopo aver tentennato in partenza venendo sfilato dal compagno di squadra, si è ripreso di forza la prima posizione imponendo un ritmo sostanzialmente inavvicinabile per tutti. A pagarne le spese proprio Sebastian Vettel, più lento e costretto al duello con Lewis Hamilton dal quale sono scaturiti prima il testacoda e poi la rottura dell’ala anteriore. Il campione in carica, fino ai problemi sulla Ferrari #16, non sembrava in grado di riavvicinarsi a Leclerc, in totale controllo della corsa con una decina di secondi di vantaggio. Purtroppo, quello che in serata è emerso come un problema ad un cilindro, ha strappato una meritatissima prima vittoria dalle mani del monegasco, già autore di una bellissima pole al sabato

La situazione, dopo due settimane, parrebbe quindi ribaltata in favore della Rossa. Ovviamente il minuto di distacco rimediato a Melbourne non era veritiero, in quanto causato dai problemi sulla monoposto del tedesco che hanno portato al team order su Leclerc. Difficile, a questo punto, prevedere cosa potrà succede in Cina. I due lunghi rettilinei potrebbero giocare ancora a favore della Ferrari, ma è importantissimo risolvere i problemi di affidabilità che, per ora, si sono verificati in tutte le uscite ufficiali: test di Barcellona, Australia e Bahrain. Nel frattempo, la Mercedes è in testa ad entrambe le classifiche dopo due gare e questo, sinceramente, non era proprio scontato alla vigilia della gara di Melbourne.

RED BULL

Il Bahrain è pista da motore e Honda, evidentemente, ha ancora da lavorare dal punto di vista della performance pura mentre, per quanto riguarda l’affidabilità, al momento non si registrano particolari problemi nelle prime due corse. Se in Australia Verstappen aveva migliorato di oltre mezzo secondo il suo tempo della qualifica di un anno fa, in Bahrain l’olandese ha fatto peggio di 354 millesimi rispetto al miglior tempo di Daniel Ricciardo della Q3 2018. Si tratta del solito equilibrio di cui Red Bull è alla ricerca da anni. La RB15 appare come una monoposto dall’ottimo telaio – la F1 ha mostrato un’analisi in ingresso di curva 11 nella quale Red Bull portava più velocità in ingresso di Ferrari e Mercedes – a cui manca una Power Unit capace di farle fare il salto definitivo. Detto questo, Verstappen ha portato a casa il massimo risultato possibile, restando vicino alla Mercedes di Valtteri Bottas. Senza la Safety Car finale l’olandese avrebbe agilmente scavalcato un Charles Leclerc in difficoltà, finendo per la seconda volta consecutiva a podio. Un solo rischio per lui nel contatto di gara con Carlos Sainz. Per il resto una gara intelligente e da pilota concreto. Male invece Pierre Gasly. Il francese, qui incredibile quarto un anno fa con la Toro Rosso, fatica ad avvicinare le prestazioni di Verstappen. Da rivedere.

RENAULT

Al momento del doppio, incredibile ritiro, avvenuto contemporaneamente e nello stesso punto della pista, il team ufficiale francese si trovava alle spalle di Mercedes, Ferrari e della Red Bull di Verstappen con Nico Hulkenberg, autore fino a quel momento di un’ottima gara di rimonta. Partito dalla diciassettesima posizione il tedesco era risalito infatti fino alla settima piazza con una strategia a due soste, che l’aveva portato davanti al compagno Daniel Ricciardo. L’australiano, partito decimo, ha corso basandosi invece su una sola sosta senza però riuscire a controbattere la rimonta del compagno. Come detto, il ritiro è stato clamoroso quanto tragico. Entrambe le RS19 si sono ammutolite all’inizio del 54° giro, al termine del rettilineo iniziale. Prima Hulkenberg e poi Ricciardo, per un problema all’MGU-K (questa è stata l’informazione giunta dal media Renault) hanno parcheggiato le loro monoposto causando l’ingresso della Safety Car che ha portato la gara al termine. Dal punto di vista della performance si conferma quanto visto a Melbourne, questa volta senza la Haas a frapporsi tra Renault e top team. L’affidabilità però è stato un problema riscontrato per tutto il weekend ed è necessario correre ai ripari, perché il gruppo di centro è ben affollato.

HAAS

Difficile capire cosa sia successo al team americano: una qualifica ancora ottima, con Kevin Magnussen sesto e Romain Grosjean ottavo (poi retrocesso per una penalità) si è trasformata in un mezzo disastro: il danese ha chiuso addirittura 13°, doppiato e davanti ai soli Stroll, Russell e Kubica. Il francese, invece, ha terminato la sua gara praticamente al via, quando un contatto con Stroll ha rovinato la sua monoposto costrinendolo poi al ritiro. Se sul giro secco la VF-19 ha mostrato ancora una volta i muscoli, sul passo gara non c’è stato nulla da fare. Considerata la prestazione in Australia, forse è il caso di attendere la Cina per capire se si tratta di una tendenza o di una semplice occasione sprecata per segnare altri punti importanti.

MCLAREN

Poco prima della Safety Car che ha deciso la gara, Lando Norris si trovava in settima posizione a quattro secondi dalla Renault di Nico Hulkenberg. Un risultato per il quale a Woking avrebbero volentieri firmato all’inizio dell’anno. Considerato, poi, il ritiro del tedesco, il sesto posto è un premio ad una monoposto che su un tracciato “normale” ha dimostrato di saper andare e che fa ben sperare per il futuro. Non va dimenticato che Carlos Sainz ad inizio gara si era trovato addirittura ruota a ruota con Max Verstappen e che, probabilmente, entrambe le monoposto sarebbero arrivate in top ten. La MCL34, anche in pista oltre che a prima vista, sembra davvero uno step importante rispetto al passato. I miglioramenti in qualifica sono un’ulteriore prova: sia in Australia che in Bahrein i tempi di sono abbassati di quasi un secondo e quattro.

ALFA ROMEO, TORO ROSSO, RACING POINT

Per valutare il miglioramento del team Alfa Romeo potrebbe essere sufficiente confrontare i tempi delle prime due qualifiche 2018 con quelle del 2019. Alfa Romeo è l’unico team ad aver migliorato il crono del sabato addirittura di oltre due secondi: per la precisione 2.242 a Melbourne e 2.041 a Sakhir. L’arrivo di Kimi Raikkonen ha portato costanza ed esperienza che si riflettono sui risultati in gara. Il finlandese prende altri punti importanti e mette fieno in cascina, mentre Antonio Giovinazzi dopo esser rimasto escluso per un niente dalla Q1 non è riuscito a rifarsi in gara. 

L’affidabilità sembra finalmente esserci in Toro Rosso dopo una stagione da cavia. Quello su cui bisogna lavorare, ora, sono le prestazioni. Al di là dei ritiri fa morale il nono posto di Alex Albon, che conquista i primi punti della carriera alla sua seconda gara. La corsa di Daniil Kvyat, invece, è stata penalizzata da un contatto nel corso del 12° giro con Antonio Giovinazzi, che gli ha fatto perdere una quindicina di secondi costringendolo a rientare ai box ed anticipare la sua prima sosta.

La stagione della Racing Point, forse, non è iniziata come ci si aspettava. Vero è che questo team ci ha abituati ad una partenza in sordina per poi migliorare le sue prestazioni con l’andare della stagione. Forse, vista l’acquisizione della ex Force India da parte della cordata capitanata da Lawrence Stroll e l’arrivo di capitali freschi, ci si attendeva qualcosa di meglio in questo inizio di stagione. Sergio Perez non è andato oltre il decimo posto in quella che forse è la sua pista preferita. Lance Stroll, invece, ha rovinato la sua gara al via con il contatto che ha poi messo fuori gioco Romain Grosjean. Tre punti in due gare è un bottino forse troppo stretto per ora, ma c’è da dire che la battaglia a centro gruppo può regalare sorprese ad ogni gara.

WILLIAMS

Un altro weekend al risparmio per il team di Grove: George Russell e Robert Kubica hanno terminato ancora doppiati e distanti dal gruppo, con le monoposto acciaccate dall’Australia ed il conseguente obbligo di tenersi lontani dai cordoli e dai guai. La FW42 è stata l’unica monoposto più lenta di quella che l’ha preceduta nelle prime due qualifiche dell’anno: 130 millesimi a Melbourne, 345 a Sakhir. In gara Russell e Kubica si sono visti solo in partenza e nelle fasi di doppiaggio. L’avevamo già detto dopo l’Australia: difficile far peggio per una squadra che ormai mantiene solo il nome della corazzata imbattibile degli anni ’90. Ecco, se c’è una cosa che può dare una mano a tornare a galla è un gran pezzo da 90 di quegli anni, Patrick Head, tornato nel ruolo di consulente. Anche se, alla fine, è un essere umano come tutti. I miracoli non può farli nemmeno lui. 

TOP E FLOP

Premio consolatorio al vincitore morale della gara, Charles Leclerc. Il monegasco ha condotto il suo weekend magistralmente in un circuito che sembra il suo giardino di casa. Ricordiamo che è qui che si è fatto conoscere al mondo con il suo primo weekend in Formula 2, nel 2017, con la Sprint Race vinta con pit stop. Tra i top va anche Lewis Hamilton, non tanto per la vittoria servita su un piatto d’argento quanto per la ferocia nel duello con Sebastian Vettel, nel quale l’inglese ha ribadito il perché la corona sia ancora saldamente sulla sua testa. Bene anche Max Verstappen che, senza la Safety Car finale, sarebbe andato ancora una volta a podio ottenendo il massimo dalla Red Bull, soprattutto in confronto col nuovo compagno di squadra. Bene, benissimo, Lando Norris. Dopo una stagione un po’ opaca in Formula 2 sta evidentemente trovando il suo posto. Il ragazzo ha un gran piede. Buona la gara di Alex Albon che al secondo tentativo coglie i suoi primi punti con la Toro Rosso. Infine, una nota positiva anche per Kimi Raikkonen che si conferma a punti dopo l’Australia.

Purtroppo, ancora una volta, tra i flop va Sebastian Vettel. L’errore nella battaglia con Hamilton è di quelli che pesano ancora una volta, anche perché stavolta il compagno di squadra è stato più veloce per tutto il weekend e gli equilibri, in pista e tra la stampa, si sono già spostati (forse con troppo anticipo?) in favore del monegasco. Gli fa onore (e non è la prima volta) riconoscere l’errore, ma ora non si può più sbagliare. E non è detto che non ricapiti. Giornata no, ancora, per Antonio Giovinazzi, che prima della Safety Car aveva circa 25 secondi di ritardo da Kimi Raikkonen. Ok la iella di non passare in Q2 per una manciata di millesimi, ma l’inizio di campionato non è dei migliori. Kimi è un campione ma è alla fine della carriera, bisogna stargli più vicino. Tra l’altro l’italiano giova della manica più larga dei commissari di pista, che non lo reputano colpevole per la toccata sulla Toro Rosso di Kvyat. Male anche Lance Stroll che rovina la sua gara (e quella di Grosjean) dopo tre curve, chiudendo solo davanti alle Williams.

STRATEGIE

Per quanto riguarda le strategie di gara, nessuno ha seguito la previsione di Pirelli di un primo stint su morbida / media seguito da uno più lungo su gomma dura. 

Solo Daniel Ricciardo ha tentato una prima di parte di gara allungata su gomma morbida per poi tentare la carta della media fino alla fine. Purtroppo l’australiano non è riuscito a concludere la gara. In linea di massima, comunque, anche in Bahrain la mescola più dura è stata completamente scartata da tutti i piloti escluso Carlos Sainz, che ne ha fatto uso nella parte centrale di gara.

I primi sono andati su uno stint corto con gomma morbida per poi passare su media. Ha fatto eccezione Lewis Hamilton: il campione in carica, montando ancora gomme morbide al primo pit stop, ha chiarito l’esigenza di un secondo pit che poi, alla fine, è stato seguito da tutti. 

 

A chiudere, il commento di Mario Isola per conto di Pirelli:

“Come ha detto giustamente Lewis Hamilton, oggi Charles Leclerc ha meritato la vittoria più di tutti gli altri: il problema accusato negli ultimi giri ha reso questa gara, già ricca di colpi di scena, ancora più imprevedibile e dominata dalle diverse strategie. Ferrari e Mercedes hanno tentato l’undercut a vicenda, ma le performance extra dimostrate da Leclerc gli hanno consentito di fermarsi per il secondo pit stop senza perdere la leadership. Abbiamo visto un’ampia varietà di tattiche, con soli due team che non hanno diversificato la strategia tra i piloti. Da sottolineare la prestazione di Lando Norris, 6° al traguardo, che ha ottenuto i primi punti iridati con McLaren”.

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