F1 | Ferrari F92A Story – Parte 2 – Brusco risveglio

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Tempo di lettura: 8 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
16 Febbraio 2022 - 10:00
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Ecco la seconda parte sulla storia di una delle Ferrari più ricordate, la F92A. Leggi la prima parte

La Ferrari si presenta al via della nuova stagione con tantissima carne al fuoco, come non capitava probabilmente dal 1989; anno del debutto vincente in Brasile, con Nigel Mansell, del cambio semiautomatico progettato dal “mago” John Barnard. La nuova struttura voluta fortunatamente da Luca Cordero di Montezemolo, oltre alla voglia di ritrovarsi ai vertici della Formula 1, è consapevole di come la F92A può trasformarsi in pochi km in vettura da titolo come in flop totale. Il 1991 aveva lasciato strascichi tipici da teatrino italiano e ripartire da zero con una monoposto così nuova è una sfida affascinate ma terribilmente complicata. Kyalami diventa quindi il nuovo punto zero della Rossa, pronta a riprendersi passo dopo passo la ribalta della Formula 1 nonostante una concorrenza monstre, a partire dalla super Williams e dalla McLaren, fino alla rinnovata Benetton guidata da Flavio Briatore e portata in pista da quello che diventerà in un futuro brevissimo un punto di riferimento della categoria, Michael Schumacher.

Si arriva quindi nell’afa sudafricana per la prima prova della stagione con tantissimi punti interrogativi. La Rossa sarà in grado di lottare per il podio? È questa la domanda che addetti ai lavori e tifosi si pongono già dai primi minuti in cui Alesi e Capelli mettono le ruote in pista. I guai della F92A cominciano già dalle prime prove. Entrambi i piloti vengono rallentati dal grande traffico in pista e da una vettura che, nei tratti lenti si comporta in maniera difficoltosa, mentre in quelli veloci pare assettata bene. Alesi soffre anche di guai ai freni anteriori, a causa di dischi troppo piccoli che salgono di temperatura a causa dei tanti giri che le nuove coperture portate dalla Goodyear permettono. L’assetto della F92A risulta insoddisfacente nel corso di tutte le sessioni cronometrate, con i tecnici costretti ad un intervento di “ammorbidamento” del setup che ne migliora l’inserimento in curva a scapito però della trazione. Jean Alesi conquista il 5° tempo con il tempo di 1’17”208 ad un secondo tondo dalla seconda posizione di Ayrton Senna, ma lontanissimo dalla pole monstre di Nigel Mansell firmata con un 1’15”486. Più in difficoltà Ivan Capelli, che stacca il 9° tempo fermando il cronometro in 1’18”387.

La gara delle due Rosse termine rispettivamente per Alesi al 28° giro e per Capelli al 40° passaggio. Entrambe le F92A, che nel corso dei giri dimostrano un discreto passo, si fermano in una nuvola di fumo con il V12 arrosto. Un segnale preoccupante e un’ammissione di colpa che arriva direttamente da Claudio Lombardi nell’intervista post gara. “Dopo una decina di giri, grazie alla telemetria, ci siamo resi conto che c’erano dei problemi. L’olio veniva centrifugato nel serbatoio privando il motore dell’indispensabile lubrificazione. Sappiamo già quali sono le modifiche da apportare e faremo delle prove a Imola in settimana”.

L’impianto di lubrificazione del V12 viene messo sotto accusa e si dimostra alla prima prova dei fatti totalmente inadeguato. I campanelli d’allarme si erano comunque già manifestati sia nelle prove che nel warm-up, con la squadra però immobile nel trovare una soluzione, anche a livello di feritoie nella scocca come altre squadre, per mettere una possibile pezza ad una situazione diventata poi irreversibile. Nel frattempo la FW14B guidata da Nigel Mansell domina il GP davanti a Riccardo Patrese a ad Ayrton Senna, in pista ancora con la vecchia MP4/6. Nelle settimane precedenti al GP del Messico, la Ferrari inizia una serie di test volti a trovare una soluzione a guai di raffreddamento e centrifuga dell’olio che ne avevano causato il ritiro con entrambe le macchine a Kyalami.

Al Mugello Ivan Capelli inanella 63 giri per un totale di 330 km, sviluppando due nuovi serbatoi dell’olio e portando al limite, grazie alla simulazione di un GP, il V12 di Maranello. Un test utile per portare in pista le nuove componentistiche che, al netto di una non ricerca della prestazione, si rivelano valide. Contemporaneamente, a Fiorano, il collaudatore Nicola Larini riparte con il collaudo delle sospensioni attive, fiore all’occhiello della Williams e che in casa Ferrari iniziano a sviluppare con l’idea di portarle in pista sul finire della stagione 1992. Sono le parole di Luca Cordero di Montezemolo e i test di Imola, dove è presente anche Jean Alesi, a suonare una vera campana d’allarme in casa Ferrari. Il Presidente, dopo la debacle sul Santerno, fatta di diversi stop e pochi giri, dichiara “stiamo rifacendo la F92A” e questo non fa che alimentare la pressione, soprattutto mediatica, sul team gestito da Claudio Lombardi. La prima versione della nuova nata ha troppi punti deboli: l’affidabilità è tutta da scoprire perché i km percorsi in pista sono stati pochi e la distanza di un GP non è mai stata coperta. Inoltre ancora non è chiaro se il V12 di Maranello ha le stesse potenze dei più conclamati Honda e V10 Renault. Il sistema di raffreddamento, con i particolari installati e le pance di Kyalami è totalmente insoddisfacente con la temperatura dell’acqua che raggiunge i 100 gradi mentre l’olio arriva a superare i 130. Da subito, quindi la fluidodinamica interna viene messa sotto osservazione costringendo gli uomini del Cavallino ad uno sviluppo a rilento della F92A. Il monoammortizzatore anteriore, fiore all’occhiello della Tyrrell nel 1990, è di difficile messa a punto soprattutto con una aerodinamica così complicata e quindi senza comparazioni certe come quella della nuova Rossa.

Le sospensioni lavorano in condizioni difficili e anche quella posteriore, derivata addirittura dalla 639, inizia a mostrare qualche difetto piuttosto evidente. Con i carichi aerodinamici aumentati in maniera importante rispetto a 3 anni prima diverse componenti della monoposto vanno in grande difficoltà. La trasferta in terra messicana parte quindi con i peggiori presupposti dopo i difficili test di Imola che, al contrario di quelli del Mugello, hanno mostrato tutti i limiti di una monoposto terribilmente acerba. Quello della F92A nell’altura messicana è un week-end totalmente insoddisfacente. La vettura, già dalle prime libere, mostra difetti sia aerodinamici che prestazionali, con il V12 che non ne vuole sapere di spingere. Inoltre la Scuderia Italia, dotata di un motore Ferrari meno evoluto, si mostra più competitiva della rossa di Maranello mettendo in grande imbarazzo il team gestito da Claudio Lombardi.

In due giorni i tecnici non riescono a trovare il bandolo della matassa, non riuscendo mai ad adattare la F92A al tracciato sconnesso intitolati ai fratelli Rodriguez. Jean Alesi chiude le qualifiche con il 10° tempo ad oltre 3” dal poleman Mansell. Ancora peggiore della prestazione del francese è quella di Ivan Capelli, 20° in griglia lontanissimo non solo dai migliori ma anche dalle vetture di medio-bassa classifica. Le velocità di punta che non superano i 300 km/h sul lungo rettifilo del traguardo sono la pietra tombale di una gara tutta in salita e che per Capelli non parte nemmeno, out subito dopo il via con un contatto che lo mette fuori gioco. Al contrario Alesi mostra la solita cattiveria agonistica, ma subisce l’ennesimo schiaffo subendo un sorpasso di piena potenza da parte di Andrea De Cesaris con la Tyrell Ilmor. Il calvario della rossa numero 27 finisce al 31° giro con il V12 arrosto per la seconda volta consecutiva in gara.

Due gare e zero punti all’attivo, per la Ferrari è già tempo di processi. Tutta la verità sulla nuova crisi che ha colpito la squadra di Maranello viene raccontata nei giorni precedenti alla trasferta di Interlagos da Niki Lauda. Il grande consigliere chiamato da Luca Cordero di Montezemolo, non usa mezzi termini come nel suo stile. Il 3 volte campione del mondo spara a zero contro i motoristi, colpevoli secondo l’austriaco di aver fornito un V12 poco potente e affidabile. Lauda crede nel potenziale aerodinamico della vettura e soprattutto nelle qualità di Jean Alesi e soprattutto Ivan Capelli. Per “rimediare” aerodinamicamente alla carenza di cavalli e con una nuova versione di motori, la Ferrari traferisce il 4° telaio nuovo di zecca della F92A sul circuito di Nardò, di proprietà della FIAT. Aiutati da diversi sensori e dal tubo di Pitot, Jean Alesi spinge la sua monoposto numero 27 a 322 km/h, trovando la soddisfazione dei tecnici dopo la umiliante debacle del GP del Messico.

In Brasile, dove la Mclaren porta la nuova MP4/7 (6 monoposto in totale comprese le vecchie MP4/6) e Nigel Mansell coglie il terzo successo consecutivo su altrettante gare, la Rossa migliora leggermente trovando i primi punticini stagionali. Il propulsore 038, leggermente modificato rispetto alla vecchia ma leggendaria unità 037, regala ai tecnici una parziale soddisfazione. Nelle prove Alesi conquista il 6° posto a 3” dal poleman Mansell, mentre Capelli l’11°. La gara del pilota italiano si trasforma in un vero calvario fisico a causa della rottura del musetto che provoca vibrazioni incredibili. Per conquistare i 2 punti del 5° posto finale, Capelli non si ferma ai box concludendo la gara con i muscoli lombari gonfi come delle mele e con grossi dolori alla schiena, anche a causa della posizione ancora non perfetta all’interno dell’abitacolo della F92A. Una bella risposta soprattutto di carattere a chi ne aveva già chiesto l’allontanamento a favore di Nelson Piquet. Alesi, dal canto suo, conquista il 4° posto a 1 giro da Mansell, permettendo alla rossa di lasciare il Brasile con 5 punti iridati. Nonostante questo risultato discreto la F92A continua a mostrare grossi limiti di telaio, con un mese esatto prima del GP di Spagna.

Immagini: ActualFoto e Andrea Ettori

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