Da FIAT, a Stellantis al Gruppo Gedi e alla Juve (per ora) intoccabile, il nipote dell’Avvocato perde credibilità. E la Ferrari…
La notizia della vendita del gruppo Gedi da parte di Exor – e di John Elkann, in pratica – è un altro tassello che va sempre più a completare un quadro preoccupante per il nostro paese; il quale, negli ultimi lustri, ha visto progressivamente perdere potere industriale tra FIAT, FCA, Stellantis, Magneti Marelli e chi più ne ha più ne metta. Il comune denominatore di questi ultimi eventi è sempre lui, Elkann, ancora a capo di due istituzioni dello sport italiano come Juventus e Ferrari; le passioni più sfrenate dell’Avvocato (oltre che suo nonno) Gianni Agnelli.
Il colpo di Gedi, pronta a passare in mani greche, è solo l’ultimo di una dismissione iniziata anni fa – vi consigliamo questo articolo di Milano Finanza – e che ormai sembra arrivata all’atto finale. Restano, appunto, la Vecchia Signora e la Rossa. La prima apparentemente intoccabile, anche se il discorso di un minuto di Elkann, rigorosamente letto da un gobbo, sulla “questione di famiglia” non ha proprio convinto i tifosi bianconeri visti i precedenti.
La seconda è quella che ci sta più a cuore e di cui è necessario parlare arrivati a questo punto. Nell’ultimo anno la Ferrari – passata con la sede legale in Olanda sotto la gestione Elkann – ha perso il 35% in borsa dopo aver venduto il 4% delle sue quote quando il titolo era ai massimi. Era la fine di febbraio 2025: il campionato del mondo di F1 non era ancora iniziato, le aspettative per il mondiale con l’arrivo di Lewis Hamilton erano alle stelle e mancava giusto la festa di Piazza Castello a certificare un umore e traguardi già raggiunti quando, ancora, non era stato corso nemmeno un GP.
Dal lato stradale, se i numeri di vendita non destano comunque preoccupazione, è il futuro a lasciare un punto di domanda. Il tanto chiacchierato modello elettrico Ferrari potrebbe entrare in produzione nello stesso momento in cui altri marchi sono tornati a produzioni miste, mentre il blocco della vendita delle vetture a motore termico dal 2035 sembra sempre più in dubbio. Maranello potrebbe, quindi, trovarsi a giocare in una stanza già abbandonata da molti con evidenti ricadute.
Sappiamo bene, invece, qual è stata la storia di questa stagione sportiva: nessuna vittoria, come successo altre sedici volte nella storia del Cavallino dal 1950. Il problema è che, di queste, cinque si sono concentrate negli ultimi undici anni: 2014, 2016, 2020, 2021, 2025. Un ruolino irricevibile per il team ancora oggi più vincente della storia, in quanto più longevo; non capace di imparare dei propri errori in termini di comunicazione.
I tifosi della Ferrari attendono il ritorno al titolo piloti dal 2007, anno in cui le gare venivano trasmesse ancora in formato 4:3. Red Bull, Mercedes ed ora McLaren si sono spartite 18 anni di titoli mondiali e la strada sembra ancora, tremendamente, in salita. A questo punto la domanda è lecita: John Elkann è ancora il Presidente adatto a guidare la Ferrari?
Sebbene ci sia sempre una sorta di timore reverenziale nel criticare la Rossa, contrapposto in molti casi ad un’eccessiva accondiscendenza nonostante risultati e dinamiche lampanti, la Scuderia Ferrari sotto la gestione Elkann (non solo come Presidente, ovviamente) ha portato a zero titoli iridati e cinque stagioni senza vittorie nonostante piloti del calibro di Fernando Alonso, Sebastian Vettel, Kimi Raikkonen e Charles Leclerc. Con l’affare Hamilton che – da queste pagine lo avevamo previsto – ad oggi si è dimostrato un totale fallimento nonostante i tentativi a tratti comici di trovare, comunque, delle note positive.
Proprio la questione Hamilton, al momento, è rappresentativa della gestione Presidenziale da parte di Elkann. Portare in Ferrari non tanto un pilota quanto un sistema come quello legato al sette volte iridato, non poteva essere di certo un passaggio facile ed immediato; soprattutto in un ambiente raccontato (da chi ci è passato e ci ha vissuto per anni) più per la capacità di imporsi che per quella di farsi imporre. Motivo per il quale, ad esempio, si dice che Adrian Newey abbia preferito astenersi per l’impossibilità di avere garanzie e carta bianca sul suo lavoro, dettagli di cui invece ha beneficiato in Aston Martin.
Se, dal punto di vista commerciale e di pura immagine, la scelta di Hamilton è stata evidentemente vincente, sarebbe bastato analizzare le sue ultime stagioni per chiedersi se fosse l’uomo giusto per rilanciare le ambizioni della Ferrari in ottica titolo iridato. Il tutto con un Charles Leclerc che, fortunatamente, non ha subito passivamente una potenziale delegittimazione, regalando ai tifosi le poche gioie di questo 2025 con la sua stagione probabilmente migliore da quando è in Formula 1.
Le critiche a Elkann non sono però legate esclusivamente a quest’ultima decisione, comunque influente nell’ambito di una stagione tremenda. Sono state per lo più le dichiarazioni pubbliche a destare sempre qualche preoccupazione, per quanto poche ce ne siano state nel corso di questi anni. Enfatizzare un giro veloce (“La Mercedes è più forte e più fortunata, però il giro più veloce oggi l’abbiamo fatto noi”, Baku 2019), il premio per i migliori pit stop, parlare di “macchina migliorata” nel corso del 2025, invitare i piloti a parlare meno e guidare meglio sono tutte uscite che denotano mancanza di attenzione, con l’esaltazione di dettagli inutili e rischi di destabilizzazione per i pochi positivi, come le prestazioni di Leclerc.
In buona sostanza, ad Elkann sono imputabili contemporaneamente la poca vicinanza alla Scuderia e, nei casi di presenza mediatica, la mancanza di attenzione su dettagli fondamentali. L’unico momento di soddisfazione, almeno da quando è Presidente, è arrivato dal WEC, dove il reparto Endurance della Ferrari ha saputo costruire un compartimento stagno in collaborazione con AF Corse che ha portato a tre Le Mans consecutive vinte e i titoli 2025.
La Scuderia è un argomento delicato: va seguita, accudita con passione, dedizione, presenza e competenza; essere Presidente della Ferrari non può essere solo un onore ma deve anche essere un onere. Richiede ascolto, comprensione, saper valorizzare le persone giuste, motivare, spingere. Richiede, soprattutto, esserci ed essere parte di un gruppo.
Ad oggi, tutto questo, combacia con la figura di Charles Leclerc: un inguaribile ottimista che, per amore della Ferrari, sta mettendo a rischio la sua stessa carriera. Il monegasco, però, è “soltanto” un pilota, anche se incarna caratteristiche che dovrebbero essere riscontrabili anche ai piani alti, per definizione quelli che dovrebbero dare l’esempio. Ed è proprio qui che si torna alla domanda iniziale: è ancora John Elkann il Presidente giusto per la Scuderia? La risposta, ovviamente, la conosciamo.
Immagine di copertina: Media Ferrari
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