F1 | ‘F1: The Movie’, la recensione di chi segue la F1: colonna sonora e riprese top, ma troppe imprecisioni per essere credibile (Contiene Spoiler!)

Autore: Alessandro Secchi
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Pubblicato il 26 Giugno 2025 - 20:00
Tempo di lettura: 10 minuti
F1 | ‘F1: The Movie’, la recensione di chi segue la F1: colonna sonora e riprese top, ma troppe imprecisioni per essere credibile (Contiene Spoiler!)
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Per un appassionato il film sulla F1 è un’esagerazione ed anche un peccato, viste le risorse a disposizione. ## Attenzione, Contiene spoiler ##

La recensione di ‘F1: The Movie’ dal punto di vista chi la F1 la mastica e ne conosce le dinamiche non può che portare ad un verdetto abbastanza impietoso: troppo, troppo distante dalla vera Formula 1 per poter essere credibile. Prima di entrare nel dettaglio, ricordiamo che questo articolo contiene molti spoiler sulla pellicola. Quindi, se non avete ancora visto il film ed intendete fare un salto al cinema, vi preghiamo di NON proseguire con la lettura per non rovinare in anticipo la vostra visione.

Tutto quello che funziona e, soprattutto, NON funziona

Andiamo con ordine. Chi segue da parecchio tempo la F1 conosce e sa riconoscere molto bene i dettagli. È quindi facile capire se una pista è scambiata per un’altra, se una curva non è quella di cui si parla o se l’audio che si sta ascoltando non è sincronizzato con le immagini che si stanno vedendo. E, purtroppo o per fortuna, tutte queste piccole cose fanno la differenza anche se un film è dichiaratamente indirizzato ad un pubblico nuovo. Affermare, quindi, che piacerà anche a chi già segue risulta forzato: un’espressione che si può smentire in pochi passaggi.

La più grande nota negativa parte sin dalla trama e già lo sapevamo, purtroppo. Sonny Hayes, interpretato da Brad Pitt, ha avuto un incidente terribile all’inizio della sua carriera in F1, quando correva contro Senna e Prost. Nella trasposizione reale l’incidente che lo mette KO e gli chiude anzitempo la carriera è quello di Martin Donnelly a Jerez nel 1990. Vengono mostrate le immagini reali dell’incidente, datate però 1993. Hayes si sveglia spesso sudato dopo aver sognato gli istanti prima del botto. Nel sogno sta superando Senna in gara (Donnelly era in prova) all’esterno in una curva a destra che però viene riprodotta a Brands Hatch e non a Jerez. Come detto, i piccoli dettagli.

Passiamo oltre. Il nostro è finito in semi disgrazia, ha sciupato soldi e matrimoni e si è riciclato pilota da corsa qua e là dove, comunque, sa fare bene il suo anche dopo trenta primavere. Siamo quindi nell’ordine dei cinquant’anni, poco più. Il film inizia con il protagonista alle prese con la 24 ore di Daytona, che vince dopo uno stint che inizia a mezzanotte e finisce di mattina (quante ore di guida consecutiva? Cinque, sei?) e una partenza dai box con cui, a gomme fredde, dopo 500 metri si infila in mezzo a due macchine passandole come se fossero birilli (cose già viste in Giorni di Tuono). Non mancano sportellate, una bussata stile Nascar e una rissa sfiorata (anche questa in stile americano).

Dopo aver rifiutato la coppa Hayes se ne va e viene intercettato da un suo ex compagno di squadra, Ruben Cervantes (Javier Bardem), ora titolare della APXGP: una squadra di F1 con “soli” 350 milioni di debiti, ultima sulla griglia e prossima al fallimento. Il vecchio amico gli propone di tornare a correre in F1 per salvare la squadra a cinquant’anni suonati, citando tra i vecchi del passato Louis Chiron. Peccato fossero altri tempi per correre.

Insomma, l’impossibilità di un rientro in F1 a 30 anni dall’incidente è già un macroimpedimento sulla scia della credibilità. Oltre i cinque anni sarebbe fantascienza, 30 sono il metaverso. Anche perché Hayes si presenta a Silverstone pochi giorni dopo per un test, con un’entrata in scena che ricorda (anche se senza moto) quella di Cole Trickle (Tom Cruise) in Giorni di Tuono. Anche se, nel film sulla NASCAR, il protagonista era un giovanotto.

Mezzo briefing, tuta ufficiale della squadra già pronta, lui salta in macchina e già va veloce come il vento. Chiede la temperatura delle gomme (che dovrebbe avere sul volante) e un testacoda che gli cuoce le gomme non lo ferma da un successivo giro push che lascia sbigottiti tutti… prima di schiantarsi. Ancora i dettagli che fanno storcere il naso: le gomme che si “spatasciano” contro il muretto interno del rettilineo dei box sono letteralmente intonse.

Apriamo una parentesi per non far sembrare tutto completamente negativo. La colonna sonora del film è spaziale. D’altronde, Hans Zimmer è una benedetta garanzia. Anche il comparto tecnologico fa la sua porca figura: dal punto di vista della qualità di immagini siamo al top e questo era prevedibile dalle anteprime delle riprese effettuate. Certo, qualche dettaglio scappa come quello di prima sulle gomme o il fatto che negli onboard i caschi sono sempre pulitissimi anche a fine gara, mentre con il doppiaggio audio delle immagini in-car c’è qualche problema in più.

Le monoposto della APXGP sono, è stato più volte sottolineato delle F2 modificate per quanto riguarda la carrozzeria, doppiate in audio montando in post produzione il sound delle power unit F1. In varie occasioni il sound onboard non è sincronizzato perfettamente, a volte è in anticipo e a volte in ritardo nel contesto di una frenata o di un’accelerazione. Dettagli forse per pochi, ma spiace vedere incongruenze del genere in un film che ha cercato la precisione su molti aspetti tecnologici.

Tornando ad Hayes, ovviamente il posto in squadra è guadagnato e si entra nel pieno di un mondiale già iniziato con la squadra ultimissima, un team scapestrato, meccanici che commettono errori (non si capisce perché si debba puntare il dito per forza su una ragazza addetta al cambio gomme) e un DT donna, Kate (Kerry Condon), che non sa che pesci pigliare con lo sviluppo della macchina da lei stessa progettata. Niente male. In più c’è la contrapposizione interna tra il vecchio campione e Joshua Pearce (Damson Idris), già citata dalla trama ufficiale. Pearce è un giovane talento che punta a diventare una stella ma è ancora un pilota acerbissimo, oltre che parecchio attaccato ad una mamma sempre presente alle sue spalle.

Hayes, si capisce in fretta, è un tipo che se ne frega discretamente di sportività e cose del genere e punta al sodo. La squadra deve fare punti e risalire la china. All’inizio non ne fa, anche perché i due galli nel pollaio preferiscono sbattersi fuori (immagini già uscite nei vari trailer). Arriva poi la liaison tra il nostro e la DT Kate (anche questa anticipata) a cambiare le sorti del team. Anche qui, la domanda è lecita: era necessario infilare in tutti i modi la storia amorosa? Non bastava lasciare alla DT il suo ruolo senza sentimentalismi e senza cadere nel più classico dei cliché?

Arriva quindi un magico aggiornamento al fondo (preparato in un battibaleno e praticamente da una sola persona, bisogna avvertire la Ferrari… ) che ribalta la macchina da carretto a mezzo siluro. Aggiornamento richiesto nonostante il rischio di mettere a repentaglio la sicurezza della macchina (o almeno così si intende).

Hayes ci mette del suo sportellando qua e là, provocando volontariamente Safety Car come se piovesse (sportivissimo…) nell’arco della singola gara o facendo da tappo agli avversari (anche se a Monza è un po’ difficile…) ricevendo diti medi da un pilota a caso, Max Verstappen. Il tutto per favorire con le strategie il compagno: qui è sembrato di rivedere Montecarlo di quest’anno con le doppie soste obbligatorie. Alla fine, arrivano i primi punti a smuovere le acque ma certi comportamenti, nella F1 reale, farebbero scattare penalità a grappoli.

L’aggiornamento è così potente che “In Olanda, alla curva Tarzan, entrerai a 322 all’ora”. Abbiamo avuto un brivido freddo. Così come quando, in un pit stop, il protagonista si inalbera perché non gli sono state montate le gomme soft e litiga mezzo minuto col team, fermo in piazzola, prima di ottenere di farsele ricambiare. Nella vita reale una scena del genere sarebbe da meme eterno (qualcuno ha detto Ungheria 2007?).

Arriviamo a Monza dove la APXGP vola sul bagnato e anche fuori pista. Pearce tenta di superare una Red Bull e alla Parabolica (erroneamente indicata come curva 1) sbanda, prende un panettoncino e spicca il volo un po’ come Alex Peroni nel 2019 con la F3, per ricadere al di là del muretto e prendere fuoco in stile Grosjean in Bahrain, per poi essere salvato dal compagno. Anche questa, una scena anticipata dai trailer.

Pearce ne esce con le mani bruciate (come Grosjean) ma si riprenderà. Anche qui, chi sa di F1 capisce che la dinamica è un po’ (…molto) esagerata. Una F1 pesa 800 kg e librarsi nell’aria in quel è parecchio forzato, un po’ da GP2 di Crammond. Stona anche il fatto che i due piloti si scambino suggerimenti via radio l’un l’altro sul cosa fare in pista passando tramite il muretto: “Dì a Sonny di fare questo, dì a Joshua di fare quest’altro”: come se, oltre che piloti, fossero anche ingegneri di macchina con conseguenti responsabilità.

Senza continuare ad entrare nei dettagli (e ne abbiamo già riportati troppi, soprattutto legati alle incongruenze) il film prosegue su questa falsariga, con strategie improbabili, un tentativo di golpe interno al management fallito, una lotta tra i due galli che viene approfondita un po’ sì e un po’ no (un giorno litigano, un altro no, un altro ancora si giocano a poker il ruolo di prima guida…) e l’obiettivo di vincere almeno una gara per salvare il team.

La ricerca dell’autenticità, tramite immagini e riprese al top e immersione della APXGP in un mondiale vero (anzi in due, la riprese sono a cavallo tra le stagioni 2023 e 2024) stona, insomma, con tanti, troppi dettagli negativi. A supporto della fedeltà, a commentare le gare ci sono le voci vere della F1, nel nostro caso quelle di SKY con Carlo Vanzini e Marc Genè (che doppiano David Croft e Martin Brundle). A proposito: era davvero necessario e utile farci sorbire anche al cinema il celeberrimo (quanto sfiancante) “Non ho mai visto questo!” a più riprese?

A Las Vegas arriva il secondo botto clamoroso che, questa volta, riguarda Hayes, ospedalizzato e malconcio ma dalle incredibili doti di ripresa. Nota a margine: durante il GP di Las Vegas della scorsa stagione era stata immortalata dalle tribune una scena di Pitt che scende dalla macchina per poi svenire. Aspettavamo di vederla ma non è stata inserita nel montaggio finale. Forse due ore e 35 minuti erano già troppi, anche se vanno via abbastanza lisci.

La gara finale di Abu Dhabi è un mix di passato che ritorna. Il “Ti ricordi di me” di Pearce a Hamilton fa molto Trickle, l’uscita di pista di Hayes sembra mutuata (anche nella dinamica) dal Piquet di Singapore 2008, un po’ come tutte le sue azioni volte a favorire il compagno e la Safety Car negli ultimi giri è un chiaro richiamo ad Abu Dhabi 2021.

Come finisce il tutto è chiaro. Vittoria serviva e vittoria arriva, con il salvatore della patria Hayes che fa il suo e, come dopo la Daytona 24, dopo il podio (con Russell e Leclerc, le immagini erano uscite l’anno scorso) prende e se ne va verso altri lidi. Missione compiuta.

Conclusione

Alla fine della visione la sensazione è mista: ‘F1: The Movie’ è decisamente too much per chi la F1 la segue, la conosce e capisce che è quasi tutto esagerato, ai limiti dell’assurdo, sin dall’inizio. Troppe le inesattezze, troppe le situazioni banalizzate all’estremo che fanno da contraltare a riprese di altissimo livello, con alle spalle una tecnologia di prim’ordine e una colonna sonora allineata a tanti altri successi a firma di Hans Zimmer.

Il grande rammarico è proprio questo. La produzione ha avuto una possibilità di immersione impagabile all’interno del mondo della F1 per due anni e, se dal punto di vista delle immagini e del sound (onboard a parte) non c’è davvero nulla da dire, la stessa accuratezza non può essere riscontrata nella trama e nelle varie situazioni e dinamiche di gara. Le ragioni commerciali e pubblicitarie del film erano chiare sin dall’inizio, ma tanti problemi potevano essere comunque evitati.

Il grande errore, sia per chi segue che per chi non segue (che può, si spera, arrivarci facilmente) è rimettere in macchina un cinquantenne dopo trent’anni senza aver toccato una F1. Questo è il tasto davvero dolente di tutta la questione, che pone il film su un livello di credibilità basso in partenza e che si trascina fino alla fine.

Anche una squadra da ultimissimo posto che, in sole nove gare, risale la china per andare a vincere l’ultimo appuntamento grazie a due appendici poste sul fondo è un’esagerazione totale, che serve sì ad alimentare quella cosa che, i bravi, chiamano hype ma che fa il paio con i trent’anni di assenza del pilota che entra a metà stagione.

Gli spunti presi qua e là da Giorni di Tuono o anche da Top Gun ci sono tutti: si capisce, insomma, che ‘F1: The Movie’ fa parte della stessa famiglia, ma l’impronta pubblicitaria ha probabilmente preso le redini, nonostante la presenza tra i produttori di Lewis Hamilton; il quale sembra sia stato preziosissimo (per fortuna) nel correggere alcune situazioni che sarebbero potute essere ancora più irrealistiche. Non è difficile notare anche un marcato product placement con loghi e marchi in bella vista ovunque, soprattutto di partner attuali del Circus. È pur sempre pubblicità.

Rispetto ai film citati sembra, insomma, che qui ci sia spinti un po’ troppo oltre con la fantasia. La pellicola potrà magari incuriosire chi non ha mai visto un GP in vita sua ma, per chi mastica F1 da anni o decenni, ‘F1: The Movie’ rimarrà probabilmente un buon passatempo e non molto di più. E suona davvero come un peccato, viste le enormi possibilità a disposizione.

I Voti

Trama | 4
Il rientro dopo trent’anni pregiudica tutto. La cenerentola della griglia che in nove gare ribalta la situazione e ne vince una è una bella favola ma, appunto, una favola rimane.

Attinenza con la F1 | 4
Troppi errori piccoli e grandi, troppe situazioni impossibili nella realtà. Un peccato.

Riprese onboard | 8
Grande, grande lavoro dal punto di vista tecnologico. Onboard spettacolari che offrono un ottimo senso di velocità.

Immagini di gara | 7
Le APXGP sono inserite in post produzione in contesti di gara esistiti realmente in modo sapiente. Il mix è fatto bene e la presenza dei piloti veri in alcune scene rende bene l’assemblaggio globale.

Colonna sonora | 8
Bella, profonda quando serve, accompagna bene il tutto. Forse non rimarrà in testa come le intro di Top Gun e Giorni di Tuono, ma la mano di Hans Zimmer c’è e fa egregiamente il suo.

Media finale | 6,2
Con un po’ più di precisione e meno forzature nella trama sarebbe potuto piacere molto di più anche agli appassionati storici, senza complicare la vita e la comprensione ai neofiti. Un peccato viste possibilità e il comparto tecnologico.

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