Il team campione in carica ha ammesso di aver installato un sistema per la modifica dell’altezza, inaccessibile (a suo dire) a monoposto montata
Alla fine sono servite meno di 24 ore per conoscere il nome del team oggetto delle attenzioni per la possibile esistenza di un sistema di variazione dell’altezza sulla T-Tray. Il team in questione è Red Bull ed il nome è emerso in serata, con una conferma arrivata direttamente per voce del team di Milton Keynes alla BBC.
La spiata alla FIA, giunta dai team avversari, ha spinto la Federazione a muoversi per capire di cosa si trattasse e a provvedere con ulteriori verifiche tecniche nella zona incriminata a partire da Austin. Come avevamo accennato nell’articolo del mattino, la possibile esistenza di un sistema di regolazione dell’altezza della T-Tray della RB20 era emersa dai dati disponibili a tutti sui componenti Open Source, presenti sui server della FIA.
Come da regolamento, non è possibile in regime di Parco Chiuso variare l’altezza delle monoposto per adeguarla ai diversi carichi tra qualifica e gara.

Il team ha confermato alla BBC l’esistenza del sistema, segnalando però che questo non è accessibile una volta che la monoposto è completamente assemblata e pronta per scendere in pista. Se così fosse, non sarebbe possibile regolare l’altezza tra qualifiche e gara nonostante l’esistenza del sistema.
In ogni caso, il team di Milton Keynes ha confermato che il problema è emerso nel corso di varie conversazioni con la FIA e che è stato raggiunto un accordo per eliminare la questione alla radice. Difficile sapere da quanto tempo Red Bull disponesse di questo sistema, così come è ancora più difficile ipotizzare dubbi sulla sua “inaccessibilità”, ovvero se in realtà Red Bull sia stata in grado di “fare la furba”. A giudicare dai risultati delle ultime settimane, il tentativo sarebbe comunque stato piuttosto vano.
Immagini: P300.it
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