F1 | È il “Numero di Strouhal” il segreto della RB18?

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Tempo di lettura: 4 minuti
di Paolo Filisetti @paolofilisetech
5 Maggio 2022 - 17:22
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Dai test invernali di Barcellona abbiamo imparato a sentire il termine “Porpoising”. Riemerso da un passato lontano 40 anni, il fenomeno che vede le monoposto sobbalzare oltre una certa velocità in rettilineo (per dare un’indicazione di massima, oltre i 250 km/h) si è riproposto con i nuovi regolamenti e con il ritorno conseguente dell’effetto suolo.

Nelle prime quattro gare di questa stagione abbiamo capito quanto sia complicato riuscire ad eliminare del tutto il problema. La reintroduzione dei tiranti sul fondo, concordata dai team con la FIA, ha infatti solo limitato in parte il tutto. Un effetto, quello del Porpoising, previsto dai team nella progettazione delle nuove vetture ma, da quanto spiegato dai tecnici nelle prime settimane, non facilmente replicabile. Mattia Binotto aveva infatti chiarito che, con la velocità in galleria del vento limitata a 180 km/h, non era facile poter “testare” correttamente gli effetti del Porpoising nell’impostazione della F1-75.

Dato per assodato che non è il Porpoising a definire la bontà o meno di una monoposto (Ferrari e Red Bull, che ne soffrono a loro volta, si sono spartite le vittorie di questo inizio stagione, mentre Mercedes è più indietro) un interessante spunto arriva dal direttore tecnico della Red Bull Adrian Newey. In un’intervista a “The Race” il progettista del team austriaco ha confermato sì le difficoltà nel replicare l’effetto del Porpoising ma non l’impossibilità di poterlo simulare.

“Sapevamo che il Porpoising sarebbe potuto essere un potenziale problema” – ha spiegato Newey – “Le vetture LMP ne hanno sofferto per tanto tempo ed è un qualcosa di molto ben conosciuto. Con queste regole sapevamo che si sarebbe potuto verificare ma la difficoltà era nel valutare quanto sarebbe stato l’effetto e come poterlo simulare. A livello simulativo (CFD) può aiutare il “Numero di Strouhal”, qualcosa di simile al “Numero di Reynolds” (che serve a capire come un flusso passa dall’essere laminare, “calmo”, a turbolento)”.

Ciò che ha destato interesse nell’intervista è stato appunto l’approfondimento di Newey sull’argomento, con la citazione del numero di Strouhal: una formula matematica che, in base a velocità del flusso e ampiezza della sezione, permette di capire ed identificare la frequenza del saltellamento, dovuta alla variazione del flusso stesso.

{\displaystyle \mathrm {St} ={fL \over V}}
La formula del numero di Strouhal

Il Porpoising è il risultato della “rottura” del flusso con l’avvicinarsi del fondo al suolo all’aumentare della velocità. Si creano così delle onde (il flusso da laminare, parallelo al suolo per intenderci, diventa quindi turbolento) la cui frequenza rispecchia il comportamento che possiamo poi osservare ad occhio nudo sulle monoposto.

Al di là dell’impossibilità di replicare l’effetto in galleria del vento per le limitazioni citate, pare quindi possibile creare un modello per poter analizzare il fenomeno del Porpoising. L’approfondimento di Newey interessa particolarmente perché potrebbe far intendere tra le righe uno studio profondo della questione da parte del team tecnico Red Bull, al fine di progettare un fondo capace quanto meno di limitare il saltellamento della RB18. Anche se, come sottolinea lo stesso direttore tecnico, anche l’assetto ed il bilanciamento della monoposto in pista hanno un ruolo importante nella riduzione dell’effetto. In particolare, un assetto non “perfetto” può in realtà aiutare ad avere un saltellamento più limitato. Si tratta quindi di trovare quei piccoli compromessi che, se da un lato possono non dare un comfort al 100% dal punto di vista del bilanciamento, dall’altra possono alleviare il problema di cui si parla maggiormente da questo inizio di stagione.

Immagine: Media Red Bull

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