F1 | Analisi: il dominio Red Bull (anche) figlio dell’assenza di test in pista? Dal 2009 solo cicli pluriennali

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Tempo di lettura: 6 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
3 Gennaio 2024 - 14:00
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L’abolizione dei test in pista ha visto il susseguirsi di cicli per ogni cambio regolamentare. Solo una coincidenza?

Siamo solo all’inizio del terzo anno, ma quello che Red Bull ha iniziato nel 2022 ha tutte le sembianze di un ciclo vincente che può durare tranquillamente fino alla fine del 2025, prima del nuovo grande cambio regolamentare del 2026 con semplificazione delle Power Unit e monoposto che dovrebbero diventare più leggere e dalle dimensioni minori.

Quello dei cicli vincenti è un argomento su cui vale la pena soffermarsi, perché l’inizio dei periodi di vittorie consecutive di anno in anno è coinciso con l’abolizione dei test in pista nel 2009. Prima di allora, in quel decennio quasi pieno tra 2000 e 2008, si era vissuto il ciclo della Ferrari tra 2000 e 2004.

Contrariamente alle leggende metropolitane, però, quei cinque anni non furono vissuti tutti con il braccio fuori dal finestrino: nel 2000 i titoli furono vinti nelle ultime due gare, mentre nel 2003 si dovette arrivare alla fine del mondiale per decidere il titolo piloti. Tra 2005 e 2008, poi, la storia ha visto la Renault vincente per due stagioni e il duo Ferrari – McLaren lottare per i titoli 2007 e 2008 all’ultimo sangue.

Nel 2009, appunto, l’abolizione dei testi in pista, sui quali proprio il Cavallino aveva basato la propria rinascita sportiva a partire da metà anni ’90. Casualmente, questa abolizione ha portato a tre cicli ben distinti nelle ultime 15 stagioni.

Il primo è stato quello della Red Bull a cavallo tra 2009 e 2013. Nonostante il primo anno dei nuovi regolamenti aerodinamici abbia visto la sorprendente vittoria della BrawnGP il colpo a lungo termine l’aveva fatto il team austriaco che, già da metà di quella prima stagione, era diventato quello da battere in termini di performance.

Il secondo grande ciclo è quello della Mercedes tra 2014 e 2021. Otto titoli costruttori consecutivi e sette piloti, con i primi tre anni di introduzione dell’era ibrida (2014/2016) inarrivabili per chiunque come prestazioni. Il vantaggio su cui il team anglotedesco ha potuto contare (soprattutto in termini di Power Unit) è proseguito anche con il cambio aerodinamico del 2017, con i primi due anni che hanno visto la Ferrari contendere i titoli per almeno metà stagione per poi lasciare nuovamente strada spianta al team di Toto Wolff.

Il terzo ciclo è quello a cui stiamo assistendo ora, nuovamente con Red Bull appena uscita dalla stagione perfetta nel 2023 dopo un 2022 già difficile da digerire per gli avversari. L’attuale regolamento, in vigore appunto dal 2022, terminerà alla fine del 2025 e, sulla scia del passato, è difficile immaginare che gli scenari possano ribaltarsi o che Red Bull non parta da assoluta favorita sia nella stagione che sta per iniziare che nella prossima, soprattutto in regime di Budget Cap.

La Formula 1 vive nell’era dei simulatori che, in questi tre lustri, hanno via via soppiantato i test fisici su pista. Si dice sempre che il simulatore, quando la famosa “corrispondenza dei dati” è corretta, sia strumento quasi paritario al test vero e proprio, anche se molto più economico (almeno nella gestione ordinaria, esclusa quindi la sua costruzione) per questioni materiali, logistiche e via dicendo, con un rapporto di costi di circa 1/4. È al simulatore che si testano nuove componenti e che si preparano gli assetti per le varie piste del mondiale.

In questi quindici anni, però, non c’è mai stato un team capace di ribaltare l’impostazione “vincente” di una squadra vincente per anni consecutivi. Potremmo citare, proprio come caso limite, quello del 2021, con Red Bull capace di pareggiare le prestazioni di Mercedes.

Va però menzionato che proprio il 2021 doveva essere, in realtà, il primo anno del nuovo regolamento tecnico, slittato di una stagione a causa del Covid. In quella stagione si corse fondamentalmente con le stesse vetture del 2020 alle quali furono apportate modifiche tecniche al fondo piatto e al diffusore in termini di misure. Questo determinò, tra le altre cose, la risalita di Red Bull nei confronti del team anglotedesco.

Chiusa questa parentesi, di fatto nessun team ha soppiantato quello che stava dominando nel suo ciclo. Non è successo con la Red Bull di Vettel, con la Mercedes di Hamilton e pare difficile possa succedere ora con la Red Bull di Verstappen.

Le regole 2022 e la contemporanea introduzione del Budget Cap avrebbero dovuto in qualche modo compattare la griglia. Di fatto, hanno creato uno squilibrio ancora più marcato, con Red Bull che nel 2023 ha messo a segno la stagione dei record in termini di vittorie e distacchi inflitti in classifica. Poco importa, in termini di interesse vero, che alle spalle dei campioni in carica ci sia stata lotta per il secondo o terzo posto nel mondiale Costruttori. Tutti sanno che ciò che conta davvero è stare là davanti. Dove, alla fine del mondiale, negli ultimi 15 anni solo poche volte si è arrivati con due monoposto diverse in lizza.

Inoltre, proprio la regola del Budget Cap fa da tappo ad eventuali investimenti importanti per cercare di recuperare. Mentre, se il simulatore utilizzato non è all’altezza della situazione (o, come detto, la famosa correlazione non c’è) i risultati in pista ne risentiranno di conseguenza.

Non aiuta nemmeno la rivisitazione dei format del weekend in nome dello spettacolo, con un quarto di mondiale che si corre con una sola prova libera per la presenza delle Sprint ed il successivo ingresso in Parco Chiuso. Succede allora che, in casi estremi, si ricorre all’utilizzo delle prove libere negli altri weekend col fine di un test privato, per provare un aggiornamento e fare una comparazione tra le due monoposto; come successo nel 2023 in Austria con la McLaren o con la Ferrari in Olanda.

In conclusione, è difficile stabilire se l’abolizione dei test privati in pista abbia influito (e quanto) sulla dinamica per cui il team che indovina la monoposto migliore al via di un ciclo regolamentare mantiene un margine di vantaggio per tutta la durata del ciclo stesso.

Relativamente a questo, è interessante notare che dal 2024 il chilometraggio per i due filming a disposizione di ogni team è stato raddoppiato da 100 a 200 km per giornata. Si tratta ovviamente di poco o nulla rispetto alle distanze percorse quando la libertà era totale.

Resta curiosa la coincidenza per cui, proprio a partire dall’anno di abolizione delle prove private, il recupero su chi domina è diventato via via sempre più difficile nonostante i tentativi fatti per permettere gare più ravvicinate e conseguente spettacolo. Anzi, le via via sempre più stringenti norme in tema di tempo in pista (riduzione delle sessioni invernali, delle prove libere durante il weekend e format Sprint) hanno portato i team ad avere sempre meno tempo per verificare parti, correlazioni con il simulatore e la galleria del vento.

Forse, in vista del 2026, potrebbe essere utile ripensare (con degli evidenti limiti) il concetto di prove private. Una soluzione potrebbe essere quella di permettere (ove possibile) delle giornate collettive prestabilite a seguito dei GP, per non intaccare eccessivamente la parte logistica, già profondamente sotto sforzo con l’aumento di eventi di anno in anno. Vedremo se, ed eventualmente cosa, decideranno FIA e F1 a riguardo.

Immagine: Media Red Bull

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