“Ero abituato a vedere la Ferrari di Schumacher” Presidente, non ricorda bene…

di Alessandro Secchi
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Pubblicato il 3 Maggio 2016 - 10:00
Tempo di lettura: 4 minuti
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“Ero abituato a vedere la Ferrari di Schumacher” Presidente, non ricorda bene…
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Lo scoramento per la gara russa (come se Raikkonen, terzo, corresse per un’altra squadra, ma questo è un altro discorso) si abbatte fragoroso sulle spalle del presidente Marchionne, che con non troppa delicatezza si è lasciato andare ad una frase abbastanza singolare:

“Io ero abituato a vedere la Ferrari di Schumacher, mi rompe l’anima vedere la Ferrari che soffre così.”

Per quanto mi riguarda, dopo la Cina è la seconda volta che il presidente si lascia andare a dichiarazioni poco felici: già a Shanghai c’erano stati il “Sono imbarazzati più di me” riferito ai piloti e “Una partenza non da Ferrari”.

Torno indietro di qualche mese, quando a gennaio il diktat parlava di “Tornare a vincere già dall’Australia”. Io non so che inverno si sia vissuto dalle parti di Maranello, ma mi pare di capire che rispetto a quello precedente l’aria sia stata più pesante di aspettative. Il 2015 era partito all’insegna del testa bassa e lavorare puntando a vincere qualche gara: previsioni e volontà ampiamente soddisfatte dai tre centri di Vettel a Sepang, Budapest e Singapore. Il 2016, invece, è partito col botto già nelle dichiarazioni pre test, e la macchina mediatica ha pompato la nuova campagna (anche con tam-tam ridicoli come quello sul bianco, roba da spam-bot social) quasi illudendo i tifosi di aver ripreso la Mercedes. Che, dal canto suo, ha lavorato sodo lasciando poco spazio ai proclami.

I risultati di questi primi quattro Gran Premi sono stati, considerate le volontà del presidente, ampiamente sotto le aspettative iniziali. La Mercedes è ancora la prima forza e la Ferrari, nonostante si sia leggermente avvicinata in termini di prestazioni, paga problemi di affidabilità in quantità mai viste negli ultimi anni. Ed ecco quindi le prime frasi che lasciano trasparire un certo nervosismo. E, in parte, anche una memoria un pelino corta.

Perché, presidente, mi permetta: io non so quale sia la Ferrari di Schumacher a cui lei era abituato, ma quella che ricordo io, tra il 1996 e il 2000, ha visto dei momenti che definire tragici è quasi come fare il solletico ad un bimbo. Tra semiassi persi per strada, motori in fumo nel giro di ricog… ah no, con questo sa come ci si sente, gambe fratturate, estati freddissime per gli zeri in classifica e tre titoli persi di fila all’ultima gara, la mia Ferrari di Schumacher, quella trionfante, è seguita ad anni di testate agli spigoli nel muro e mal di testa fotonici. Rottura di anima? No no, di qualcosa d’altro, e anche frequente. E questi anni, io, me li ricordo benissimo. Se poi lei ha avuto la fortuna di abituarsi dal 2001 in poi, mi complimento per la fortuna!

Tornando seri… Io credo con somma umiltà che i ragazzi (tutti) siano stati caricati eccessivamente a molla in questo inizio di stagione. E che, vedendo i risultati dei proclami Mclaren dell’anno scorso (con tutte le differenze del caso, sia chiaro), forse anche a questo giro sarebbe stato più corretto mantenere un low profile o, quanto meno, non lanciare aspettative esagerate. In definitiva, sarebbe stato più ideale lanciarsi in un “Vogliamo migliorare le prestazioni dell’anno scorso” piuttosto che dire “bisogna vincere già da Melbourne”. Gli errorini visti in pista da parte di Vettel e Kimi nelle prime apparizioni, magari, sono anche frutto di una pressione un po’ troppo spiccata soprattutto all’interno della Scuderia.

Una squadra corse non è un’azienda qualunque. Magari sbaglio, ma credo che in ruoli di un certo tipo ci voglia gente con una certa esperienza nel campo. Evidentemente, per chi non ha mai corso o respirato aria di gara prima di salire agli alti livelli, manca un ‘background’ che permetta di valutare, riflettere e capire quando è il momento di parlare o meno pubblicamente.

Poi, magari, da Barcellona cambia tutto. Ma, sinceramente, ne sarei molto, molto sorpreso.

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