Alla vigilia del round finale della MotoGP sul circuito intitolato a Ricardo Tormo, è d’obbligo ripercorrere con la mente i ricordi che ci ha dato questa stagione: l’avvio col botto di Vinales sulla sua nuova Yamaha, il redivivo Rossi e la sua magnifica vittoria ad Assen, il suo duello perso con Vinales a Le Mans, la mitica festa tutta italiana tra le colline del Mugello con la vittoria di Dovizioso su Ducati, e ovviamente gli arrivi al cardiopalma tra lo stesso forlivese e Marc Marquez. Saranno proprio loro due, Andrea e Marc, a contendersi il titolo a Valencia in uno degli scontri più attesi degli ultimi anni. Da una parte la spregiudicatezza e l’istinto, dall’altra il calcolo e l’intelligenza, atteggiamenti che in realtà tra il campione del mondo e il ducatista si mescolano a ogni duello, dando vita a miscele esplosive ma maledettamente esaltanti.
Però, in quest’anno di Motomondiale, è opportuno anche ricordare per dovere di cronaca ciò che non è stato bello o che ha deluso: gli arrivi sottotono di Lorenzo e Iannone rispettivamente in Ducati e Suzuki (in ripresa fortunatamente), la crisi totale delle Yamaha (ufficiali, precisiamo) sempre più nel pallone, e anche la scomparsa di una leggenda del Motomondiale come Angel Nieto.
Tra questi punti, io aggiungo anche il seguente: la questione gomme. La Michelin, entrata nell’occhio del ciclone già dal 2016 col suo ritorno, in cui fu accusata di fare gomme troppo diverse rispetto alle Bridgestone usate fino al 2015, ha fatto rimpiangere ad alcuni lamentosi il gommista giapponese, e quest’annata (anzi, parte di essa, punto focale dell’articolo) è stata anche peggio. L’accusa di aver falsato alcune gare è stata molto forte, e la differenza di prestazioni che alcune moto hanno mostrato tra una pista e l’altra è sembrata esagerata e fuori norma. Esempio lampante per la Yamaha, capace di vincere quattro gare nella prima metà di stagione e poi perdersi completamente tra telai, carene e opinioni varie dei piloti. Con i risultati che, anche a Valencia, sono sotto gli occhi di tutti.
Il ragionamento fatto da tutti quindi fu proprio alla base dei risultati troppo altalenanti della M1, con i picchi catastrofici di Jerez e Barcellona. A nessuno saltò in mente che era proprio la Casa di Iwata ad avere le idee confuse, e non il gommista francese. Per carità, altre gare e altri risultati strani hanno ingannato non poche persone (come al Mugello con la debacle della Honda in quel caso), ma il discorso persiste: durante la prima metà del 2017, la Michelin è stata il capro espiatorio di troppa gente, che ha giustificato i propri risultati o il proprio lavoro non eccezionale con la frase “la Michelin non sa fare le gomme”.
Superata la metà di campionato, ecco che i veri valori in campo sono saltati fuori: la M1 2016 guidata divinamente da Zarco ha continuato ad accumulare risultati e punti a raffica, mentre il nuovo modello, che è rimasto in lizza in campionato fino a Silverstone al massimo (grazie solo al motore fumante di Marquez) ha mostrato sulla pioggia e sulle piste con meno grip evidenti limiti, tanto da far infuriare “Top Gun” Vinales, voglioso di tornare nelle posizioni che contano con la “sua” Yamaha d’inizio stagione.
Ma anche Ducati e Honda si sono assestate su un livello, dimostrando di essere le moto migliori con anche i piloti migliori, o quantomeno quelli più in palla: Marquez da una parte ovviamente, e Dovizioso a sorpresa dall’altra. Lo scontro tra i due latini è proseguito gara dopo gara, dove si son spartiti alla pari le vittorie.
Detto ciò, torniamo alla questione pneumatici: le gomme della Casa di Clermont-Ferrand spariscono totalmente da ogni discorso dopo il giro di boa estivo. E la domanda quindi sorge spontanea: se le gomme in realtà non hanno mai falsato le gare della seconda parte di campionato, perché avrebbero dovuto farlo nella prima? Anche nelle gare più anomale in circuiti dove il caldo ha messo a durissima prova le coperture, le moto in testa sono state le stesse in lizza, domani, per il titolo: la Honda (con Pedrosa) a Jerez e la Ducati (con Dovizioso) a Barcellona. In realtà, tra il round catalano e il Mugello ci fu la discutibile scelta di tornare alle gomme dell’anno precedente, ma non fu propriamente una scelta della Michelin, piuttosto della Dorna di affidare alla Safety Commission la “patata bollente” di scegliere se usare le vecchie coperture o quelle nuove datate 2017. Far fare una scelta simile (per di più durante la stagione) ai piloti non può che portare a lamentele infinite, poiché il conflitto d’interessi è dietro l’angolo in queste situazioni. Il pilota MotoGP che si trova a fare scelte simili sceglierà ovviamente ciò che lo avvantaggerà di più.
Quest’articolo si può riassumere con una speranza che ho: quella di non risentire, nel 2018, colpe date a un fornitore esterno (che sia di gomme, sospensioni, centralina o quant’altro) per aver fatto il suo lavoro, poi criticato da chi non riesce a ottenere i risultati sperati. E men che meno che il campionato sia falsato.
Dovizioso, visto all’inizio come un vincitore “premiato dalle gomme”, quest’anno ha ampiamente dimostrato che la sua è stata una vera crescita e che domani la sua rincorsa al titolo è stata frutto tutto della sua pasta, oltre che del lavoro di Borgo Panigale. Le sue vittorie in Austria o in Giappone rimarranno nei nostri cuori di appassionati, e non di certo come “vittorie date dalle gomme”.
Fonte immagine: motogp.com
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