Eduardo e Mick, testimoni del tempo che passa

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
13 Agosto 2017 - 18:15
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Le generazioni passano per tutti, piloti compresi. Quando gli anni trascorrono succede che il loro cognome passa di mano agli eredi, e ti trovi di fronte ai piccoli che crescono all’ombra e nel nome di papà fino a quando non iniziano a camminare e correre, in tutti i sensi, con le proprie gambe.

In una settimana di autentica tranquillità motoristica ci sono due episodi che testimoniano il tempo che passa. Due episodi diversi che accomunano due uomini vicini per sei stagioni, ovvero Schumi e Barrichello.

Ultimamente faccio fatica a parlare di Michael: è come se avessi interiorizzato il tutto e non riuscissi più ed esprimermi apertamente. Forse l’ho fatto troppo in passato ed ora è giusto così. Mick lo seguo, in relativo silenzio, nel proseguire della sua carriera. Senza entusiasmarmi troppo se va bene, senza deprimermi troppo se va male. Seguirà la sua strada, ma il link con papà ci sarà ovviamente sempre. E in un periodo nel quale le ricorrenze sono abbastanza vicine, mi aspettavo che da un giorno all’altro sarebbe stato chiamato in prima persona per ricordarlo. Così è stata divulgata la notizia che poco prima del Gran Premio del Belgio a Spa, che si disputerà a fine mese, Mick percorrerà le curve delle Ardenne a bordo della B194, la Benetton che ha regalato il primo titolo a Michael. La monoposto fa parte della collezione di famiglia (a proposito, nel 2018 aprirà a Colonia un museo completo a lui dedicato) e sarà rimessa in moto per celebrare i venticinque anni dalla prima vittoria in Formula 1, conquistata proprio tra Stavelot, Blanchimont, Eau Rouge e Raidillon il 30 agosto 1992, al volante della gialla B192. Mick ha già provato la monoposto (la foto sopra è di qualche giorno fa), e quindi farà parte del weekend di F1 in una veste speciale e nostalgica. Sarà la prima volta in cui porterà sulle sue spalle pubblicamente la figura di papà, nonostante siano vietate domande su di lui da parte dei giornalisti. Non ho idea di come sarà, intendo a livello di emozioni. Vedremo tra due settimane.

In questi giorni, contemporaneamente, è stato divulgato un video di una tenerezza infinita. Partecipando al programma televisivo Acelerados Eduardo Barrichello, quindicenne figlio di Rubens, ha portato a spasso il papà al volante di una Stock car brasiliana. Rubens corre ancora nella categoria e ha vinto il campionato nel 2014. Eduardo, dopo il consueto apprendistato in kart, è pronto a salire in macchina e il programma TV ha mostrato le immagini di questo ideale passaggio di consegne tra padre e figlio, non immaginando però quello che sarebbe successo all’interno della vettura. Già perché Rubens non ha retto all’emozione di essere portato in pista da Eduardo e dopo poche curve ha iniziato a piangere come e più di quel giorno di luglio ad Hockenheim, quando vinse sotto il diluvio la sua prima gara in F1 con la Ferrari, nel 2000. Il video è emozionante e devo dire che quando l’ho visto per la prima volta mi ha lasciato senza parole. Non possiamo sapere cosa sia passato in quei momenti per la testa di Rubens: magari in quei minuti ha rivissuto la sua carriera, o forse si è reso conto che il suo figlioletto, cresciuto con cura ed affetto, è finalmente pronto a seguirne le orme. Fatto sta che le diverse telecamere posizionate in auto e sul casco di Rubinho hanno immortalato tutta la scena, diventata in pochi giorni diffusissima sul web.

Si tratta di due avvenimenti che idealmente ricollegano due uomini che, da compagni di squadra, hanno condiviso l’era più florida della Ferrari in F1. Il fatto che siano avvenuti a brevissima distanza l’uno dall’altro mi ha portato a parlarne nella stessa occasione. I figli testimoniano il ciclo della vita, quando ripercorrono la stessa strada ancora di più. E, quando chi li cresciuti è chi hai seguito da piccolo, senti un po’ di nostalgia che ti pervade.

A volte vorrei tornare indietro nel tempo. Ultimamente un po’ di più.

Vi lascio con il video: spero che Rubens ne sia orgoglioso. Spero lo possa essere anche Michael.

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