Durante le interviste post gara di Budapest Esteban Ocon ha raccontato come in tanti gli avessero prospettato un’esperienza infernale con a fianco un due volte campione come Alonso. “Mi dicevano che era uno che voleva massacrare i compagni e cose così, ma non è vero niente”. Il francese ha quindi preso le difese di Fernando sottolineandone il ruolo di team player da quando è tornato per la sua terza esperienza in Renault, poi diventata Alpine.
Ora, non sono nessuno per non credere alle parole di Esteban e quanto successo ieri conferma in toto ciò che il francese, dopo la sua prima vittoria a Budapest, ha detto nei confronti del suo compagno. D’altronde parte della vittoria è merito dell’asturiano: con i giri da cineteca in cui ha ricordato a Hamilton che anche lui “non alza il piede”, ha di fatto stoppato la rimonta dell’inglese nelle zone alte della classifica, difendendo a distanza la fuga di Esteban verso la vittoria.
Mi permetto però una riflessione, data dall’età e dall’aver visto sin dagli esordi, ormai vent’anni fa (come passa il tempo), lo spagnolo. Alonso è sempre lui, almeno in pista. Arcigno, cattivo quando serve, concentrato. Ha faticato ad inizio stagione, un po’ come tutti i “nuovi” e nel suo caso dopo due anni di assenza, ma adesso il suo peso si sente. Però, a parità di “Alonso”, è un altro Fernando: parlo delle sensazioni che mi dà a livello umano. Quando Esteban taccia come balle il “voleva massacrare i compagni di squadra” ha probabilmente ragione per il Fernando del 2021, ma non per quello di quindici o dieci anni fa; che, quando un suo compagno si trovava per caso davanti a lui, si apriva via radio lamentandosi a suon di “ridicolous”. Era un Fernando votato all’io, egoista come tutti o forse di più, perché consapevole della sua forza, accecato dalla fame di vittoria e pronto a tutto pur di prendersela.
Ora Fernando è cresciuto, maturato. Quello del 2021 non si azzarda a dire mezza parola storta sul suo team in pubblico, mentre quello di soli pochi anni fa aveva ancora questo vizio; storico resterà il “GP2 engine” comunicato all’etere a Suzuka, casa della Honda durante la sciagurata seconda esperienza in McLaren.
Alonso è sempre qui, fa esultare gli olandesi in tribuna mentre Hamilton gli impazzisce alle spalle, ma non è più quel Fernando: quello del 2005 non so se avrebbe aspettato il suo compagno per complimentarsi con lui in questo modo per la vittoria. Questo è un team player vero, forse per la prima volta a quaranta primavere appena festeggiate.
E lo è anche grazie alla scelta, lungimirante, intelligente e decisiva, di spendere anni in un Motorsport diverso da quello egoista della Formula 1, condividendo auto e sensazioni con altri piloti, dovendosi imporre di lavorare con lo spirito del noi e non con quello dell’io. Le esperienze a Le Mans, nel WEC, alla Dakar, insomma tutto quello che lo spagnolo ha fatto negli ultimi anni fuori dalla Formula 1 ha contribuito a rendere più completo Alonso e più “umano”, rispettoso, collaborativo e team player Fernando.
È quasi un peccato che tutto questo arrivi solo ora, ma meglio tardi che mai. Sono contento per lui e di vederlo ancora in pista, forte nonostante l’età e così concentrato nell’aiutare il suo team a crescere. Più anziano, più consapevole, più completo. Ancora lo stesso Alonso ma, forse, il più bel Fernando di sempre.
Immagine: media Alpine
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