E la Fia si attaccò al Fric. I problemi sono altri.

di Alessandro Secchi
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Pubblicato il 20 Luglio 2014 - 20:40
Tempo di lettura: 3 minuti
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E la Fia si attaccò al Fric. I problemi sono altri.
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Sono tanti gli esempi di cambi regolamentari in corsa, per fermare la vettura irraggiungibile di turno e ridare respiro a campionati assopiti o dominati da qualcuno.
Negli ultimi 15 anni, forse più, abbiamo sentito parlare di terzi pedali, mass damper, gomme Michelin extralarge, scarichi soffianti e quant’altro.

La versione 2014 della mano della FIA si chiama FRIC, ovvero il sistema di interconnessione tra le sospensioni anteriori e posteriori che è stato definito non legale a margine del weekend tedesco. Ufficialmente perchè, appunto, ritenuto non aderente al regolamento sportivo. Ufficiosamente, dico io, per cercare di dare fiato ad un’annata nella quale la Mercedes ha chiaramente ed indiscutibilmente una marcia in più rispetto agli altri.

Se in altri casi la mano di chi comanda è servita per riequilibrare i valori, questa volta a quanto pare a Parigi hanno ottenuto un mirabolante buco nell’acqua. L’assenza del sistema che rende più stabile le vetture in frenata e in curva non ha cambiato nulla nella scala di valori in campo, con Rosberg che ha passeggiato tenendo a bada Bottas (a debita distanza) e Hamilton che ha mostrato invece la forza della Mercedes macinando avversari come formiche, fermandosi solo di fronte all’immenso Bottas.

Il mondiale è chiaramente nelle mani della Mercedes, e sapremo a fine anno quale dei due piloti l’anno prossimo porterà il numero 1 sulla monoposto. La Fia ha voluto mettere i bastoni tra le ruote della scuderia comandata da Wolff e Lauda, ma ha fatto cilecca. Due volte.

Ho sempre creduto che cambiare i regolamenti in corsa sia una porcata. Nel caso del Fric, farlo dopo mesi è ancora più scandaloso, ma ci siamo abituati.

La Fia, per ridare credibilità ad uno sport che ormai non ne ha più, dovrebbe pensare ad altro. Dovrebbe chiedersi come mai in Germania le presenze di pubblico siano state modeste, nonostante Hockenheim abbia una storia gloriosa alle spalle (e una un po’ meno gloriosa da quando la pista è stata deturpata) e nonostante in testa al campionato ci sia una squadra nominalmente tedesca (anche se ha sede in Inghilterra) e guidata da un pilota tedesco. Dovrebbe porsi delle domande sul calo imbarazzante degli ascolti della F1 ovunque. Dovrebbe chiedersi se la politica del trattare la F1 come un prodotto e non come uno sport sia giusta, o se forse far ruotare tutto solo ed esclusivamente intorno al Santo Denaro non abbia portato ai risultati sotto gli occhi di tutti tranne quelli di chi comanda.

Ci vogliono più umanità, più disponibilità a rendere la F1 più vicina ai tifosi, regolamenti meno contorti ma più chiari, più sport e meno spettacolo, più emozioni e meno soldi.

O, forse, come avevo detto tempo fa, ci vuole che questa categoria cambi nome in GP1 e consegni la F1 alla storia, in modo che possa essere ancora ricordata con un po’ di dignità.

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