Donington 1993: dietro Ayrton, brilla per la prima volta la stella di Barrichello

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Tempo di lettura: 13 minuti
di Gianluca Zippo @GianlucaZippo
11 Aprile 2020 - 10:00
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Il prossimo anno il circuito di Donington Park compirà 90 anni di storia, risalendo al 1931 la sua inaugurazione. Nel corso dei decenni, il tracciato del Leicestershire ha avuto un rapporto estremamente fugace con il grande Circus della Formula 1.

Se si esclude l’illusorio accordo di 17 anni firmato nel 2008 per sostituire Silverstone dal 2010 in poi, svanito per le difficoltà finanziarie nelle quali incorse la Donington Ventures Leisure Ltd, società che firmò il contratto con Bernie Ecclestone, per quanto riguarda il mondiale Donington Park ha ospitato soltanto la 38esima edizione del Gran Premio d’Europa, nella stagione 1993.

Una gara passata alla storia per la prestazione che ha consacrato una volta per tutte il talento di Ayrton Senna, ma che noi andremo oggi a raccontare da una prospettiva diversa dal solito, quella di Rubens Barrichello. Nel 1993 Rubinho, nativo di quella megalopoli che è San Paolo del Brasile, è una giovane speranza del movimento verdeoro, al debutto nel Mondiale dopo aver fatto molto bene nelle categorie minori.

Dopo aver vinto cinque campionati kart in patria, Barrichello sbarca in Europa nel 1990, mettendosi subito in mostra. Da rookie si aggiudica la Formula Opel Lotus, replicandosi l’anno successivo in Formula 3 britannica (battendo David Coulthard). Il 1992 è l’anno del passaggio nella Formula 3000, campionato chiuso in 3° posizione, con anche un brutto incidente in quel di Pergusa, dove colpisce un carroattrezzi in giro per la pista dopo aver soccorso un’altra monoposto.

Nel corso della stagione arrivano i primi, seri approcci da parte del mondo della Formula 1. Ed è lo stesso Rubens a raccontarlo, in un’intervista di qualche anno fa: “Vari team cominciarono a contattarmi, in particolare Eddie Jordan e Ken Tyrrell. In quel periodo avevo ancora il sostegno economico di Arisco (compagnia brasiliana del settore alimentare, ndr); questo mi aiutava ovviamente, ma non c’erano tanti soldi“. “… Alla fine firmai con Eddie Jordan per la stagione 1993, arrivando quindi in Formula 1” – continua – “Lui era davvero divertente, e lo è tuttora. All’inizio credo lo fosse solo per i soldi che portavo al team; però, dopo che vide cos’ero capace di fare al volante della sua monoposto, cambiò un po’ atteggiamento nei miei riguardi…“.

E passiamo alla stagione 1993. La prima monoposto di Barrichello in Formula 1 è la Jordan 193 #14, dotata del V10 Hart (in sostituzione del V12 Yamaha usato l’anno precedente). La 193 non ha le sospensioni attive ma, in compenso, vanta il traction control e, per la prima volta nella storia del team irlandese, un cambio semi-automatico (6 marce più retro) che è causa però di enormi grattacapi nel corso dell’anno, al punto che il team, dopo poche gare, è costretto a tornare a quello manuale almeno finché il primo non si riveli più affidabile. Una monoposto onesta, la 193, che becca di media 3″ al giro dalla Williams, ma che non sfigura nel confronto con gli altri team del midfield. Rubens apre la stagione a Kyalami ed Interlagos con due weekend praticamente speculari: 14° tempo in qualifica e ritiro con il cambio ko la domenica.

Il Circus arriva per la prima volta a Donington Park con la Williams ed Alain Prost nella posizione di favoriti assoluti, grazie a quel capolavoro che è la FW15C motorizzata Renault. Davanti a tutti in classifica, però, c’è Ayrton Senna, reduce dal 2° posto in Sud Africa e dalla vittoria sul bagnato a casa sua, in Brasile. La sua MP4/8 motorizzata Ford Cosworth, però, non è al livello dell’avversario Campione in carica e deve anche guardarsi dalla Benetton B193B, lo stesso motorizzata Ford Cosworth ma in versione ufficiale, dell’astro nascente Michael Schumacher. La Ferrari è sempre in crisi (ad un passo dal record negativo di 37 gare di fila senza vittorie nel Mondiale), anche se al di fuori della pista comincia a porre le basi del futuro, accordandosi con Jean Todt, in uscita dal naufragato progetto F1 della Peugeot.

Il weekend in pista sul circuito britannico comincia già il giovedì, con una sessione extra di prove libere per permettere ai piloti e ai team di familiarizzare con un circuito nuovo. Con pista asciutta, dominano le Williams (1:13.162 per Prost). La pioggia fa la sua comparsa al venerdì, rendendo molto insidiosa la prima sessione di qualifica: in vetta alla classifica passa Senna (1:23.976), avanti a Hill di 38 millesimi; poi Prost, Lehto (Sauber) e i due ferraristi, Berger ed Alesi. Il sabato il meteo è nuovamente clemente e al pomeriggio le due FW15C fanno il vuoto.

Prost ottiene la terza pole su tre (23esima in carriera) con un 1:10.458, accompagnato in prima fila da Hill (+0.304). Senna è 4° (+1.649), preceduto anche da Schumacher (+1.550); in terza fila l’ottimo Wendlinger su Sauber (+2.280) e Andretti, con la seconda McLaren (+2.281). In quarta Lehto (+2.305) è affiancato da Berger (+2.404), mentre Alesi (+2.522) e Patrese, con l’altra Benetton (+2.524), chiudono la top-10. Barrichello accomoda la sua Jordan in sesta fila (12° a +3.056), facendo compagnia alla Lotus di Herbert (11° a +2.870).

Domenica 11 aprile 1993 è Pasqua, ma il meteo è da tregenda, invernale piuttosto che primaverile. La pioggia bagna già il warm-up (Hill davanti a tutti) e per la gara, almeno nella prima parte, non sarà diverso. A ciò si aggiunge una temperatura atmosferica davvero bassa, con soli 6°C, anche se poco prima del via del giro di ricognizione smette di piovere e comincia ad aprirsi qualche squarcio nella coltre di nubi. In griglia sono tutti con pneumatici da bagnato, eccetto Lehto ed Alboreto (24° con la Lola). Il finlandese, però, vede subito vanificata l’ottima qualifica per un guasto elettrico sulla sua Sauber, dovendo avviarsi dalla pit lane con il muletto. Allo spegnersi dei semafori, Senna si esibisce in un primo giro da antologia, che negli anni abbiamo gustato in tutte le salse.

Mentre le due Williams si avviano perfettamente dalla prima fila, lo start del paulista non è perfetto e si ritrova chiuso da Schumacher, mentre Wendlinger, dall’interno, ne approfitta per superare entrambi portandosi in terza posizione. In uscita da curva 1, però, Ayrton passa subito il tedesco, per poi infilare il pilota della Sauber approcciando alla staccata dell’Old Hairpin. Alla McLean’s è il turno di Hill, mentre Prost viene passato con irrisoria facilità al Melbourne Hairpin. Senna, così, taglia il traguardo del primo passaggio (su 76 previsti) al comando, davanti alle due Williams. In 4° posizione, però, c’è una grossa sorpresa, ovvero Barrichello, scattato come visto in precedenza dalla 12° piazzola della griglia. Un primo giro, quello del rookie brasiliano, oscurato da quanto fatto dal più illustre connazionale e sconosciuto ai più.

Rubinho guadagna ben 8 posizioni: detto di Lehto, il pilota della Jordan passa Herbert e Patrese prima di curva 1, per poi replicare subito dopo ai danni di Berger; mentre Senna infila Hill, Barrichello si libera di Alesi, per poi guadagnare altre due posizioni grazie al contatto tra Andretti e Wendlinger alla Coppice. Non è finita qui, poiché dopo pochi metri, sfruttando un’esitazione di Schumacher, Rubens si appropria anche della 4° posizione. “In quella fase, in tutta onestà, credevo che gli altri avessero dei problemi, erano lentissimi con la pista in quelle condizioni” – spiega il diretto interessato, in un’intervista di qualche anno fa a Senna TV – “Io sono riuscito a districarmi tra le altre monoposto e, alla fine, è stato uno dei miei migliori primi giri della mia carriera sul bagnato“.

A caldo, nel post gara, l’allora 20enne pilota entra più nello specifico: “Alesi è sempre un pilota molto difficile da superare, poiché frena molto tardi. Anche io ho frenato tardi per non perdere quell’occasione. Poi la mia Jordan s’è messa un po’ di traverso e ho pensato di finire addosso alla Benetton di Schumacher. Fortunatamente lui mi ha visto, allargando un po’ la traiettoria. Grazie a questo sono riuscito a passare anche lui senza problemi“.

Torniamo all’azione in pista. Nei primi passaggi, mentre Senna allunga al comando (7″ su Prost dopo 4 giri), Barrichello tiene inizialmente il passo delle due monoposto del team di Sir Frank Williams, salvo poi perdere progressivamente terreno con l’asciugarsi della pista, dovendo guardarsi dalla pressione portata dal duo Alesi-Schumacher. Con il passare dei giri, la traiettoria si fa più asciutta e sempre più piloti entrano ai box per passare alle slick. Il primo dei ‘big’ a fermarsi è Alesi (giro 16), imitato poi da Hill e Schumacher (giro 17), Senna e Barrichello (giro 18), e Prost (giro 19). Al termine della 20° tornata, quindi, Ayrton conduce su Prost, Hill, Alesi, Barrichello e Schumacher, per limitarci alla zona punti. Vari i ritiri in questa fase: dopo il contatto Andretti-Wendlinger finiscono out, nell’ordine, anche Brundle (Ligier), Katayama (Tyrrell), Lehto, Berger e Blundell (Ligier).

Il meteo ballerino, da questo punto in avanti, renderà la gara una vera roulette. La pioggia fa il suo ritorno, sebbene non in modo consistente; Prost, però, si ferma nuovamente per tornare a montare pneumatici da bagnato (giro 22). Rientra in pista 5°, proprio mentre Schumacher, che poco prima aveva superato Barrichello, perde il controllo della sua Benetton, insabbiandosi all’esterno di curva 1. Tre tornate e si ferma anche Hill, mentre Barrichello viene messo sotto pressione da Prost, che passa di slancio alle Craner Curves (giro 27). La pioggia s’intensifica, costringendo anche i due brasiliani a tornare alle scanalate; nel mentre, si ritirano anche Alliot (Larrousse, contatto con De Cesaris) e Suzuki (Footwork). Continua a stupire Barrichello: sfruttando le difficoltà di doppiaggio di Hill nei confronti del duo Warwick-Fittipaldi, in duello tra loro, il brasiliano infila il #0 al Melbourne Hairpin e, grazie anche al pit difficoltoso di Alesi, sale in 3° posizione (giro 32).

Subito dopo smette di piovere e tutti si preparano al terzo cambio gomme. Il primo a fermarsi è Prost (giro 34), imitato una tornata dopo da Senna; la posteriore destra, però, fatica ad andare al suo posto e il tre volte campione del mondo perde una ventina di secondi e la leadership della gara, che torna al rivale francese; ai box anche il figlio di Graham Hill. Non c’è però un attimo di tregua, dato che riprende a piovere. I box vedono un andirivieni pressoché ininterrotto. Prost si ferma per la quarta volta al giro 39, imitato da Barrichello; i due tornano sul tracciato alle spalle rispettivamente di Senna e Hill. Intanto finisce ko anche l’altra Ferrari di Alesi, per un problema alle sospensioni attive (stesso guaio accusato da Berger). Ayrton prosegue ed è la scelta giusta, dato che la pioggia non è battente e l’asfalto, in condizioni fifty-fifty, permette a chi ha le slick di restare in pista. Lo dimostra il fatto che l’alfiere della McLaren guadagna terreno sulla Williams #2. Nonostante ciò, al giro 42 si ferma anche Hill, riconsegnando a Barrichello la terza piazza.

Alla tornata #49 la gara passa definitivamente nelle mani di Senna. Prost, anche perché ha smesso di piovere già da qualche giro, è costretto all’ennesimo pit-stop, che dura però la bellezza di 40″, facendolo precipitare in quarta posizione. Rubinho, così, diventa il primo inseguitore del connazionale, avanti a lui di 1 minuto e 12 al giro 50. Subito dopo anche Hill torna alle slick, mentre la domenica difficile a dir poco di Prost continua, con un calo di pressione ad uno degli pneumatici che lo costringe a fermarsi ancora (giro 54). La pioggia torna sul circuito, mentre Senna si accinge a doppiare Barrichello che, convinto di essere in battaglia con Ayrton, lo fa penare non poco prima di lasciargli strada. È lo stesso Rubens, sempre a Senna TV, a svelare un aneddoto divertente rispetto a quel frangente della domenica di Donington.

Durante la gara, ad un certo punto era come se mi fossi perso. Non sapevo più né in che giro mi trovavo né che posizione occupassi” – racconta – “Ho visto soltanto la scritta P2 sulla pit board e, quindi, mi sono trovato Ayrton alle mie spalle. Ho pensato ‘Oddio sono in prima posizione, sono al comando. E per quanto lui sia il mio idolo, non lo lascerò passare’. Una volta vista una bandiera blu, ho capito che mi stava doppiando. Poi mi ha superato e mi ha perfino mandato a quel paese. Ma di questo episodio non ne abbiamo mai parlato (ride, ndr)”.

Quella parte di gara non è certo favorevole a Barrichello. Rientrato ai box subito dopo aver lasciato strada a Senna, nel box Jordan commettono l’errore di montare a Rubens le slick, proprio mentre la pioggia sta aumentando d’intensità. Così, soltanto un giro dopo, Barrichello deve effettuare un’altra sosta, montando stavolta le gomme da bagnato e ritrovandosi 4°. In tutto ciò Senna si concede anche un passaggio a vuoto in pit lane (giro 57), non trovando i meccanici McLaren pronti; nulla quaestio, poiché Magic prosegue imperterrito (fa anche il giro record) e alle sue spalle sono tutti doppiati. Con Barrichello ai piedi del podio, alle spalle dei primi tre e davanti a Herbert e Warwick, la situazione sembra stabilizzarsi, benché la pioggia non la smetta di andare e venire. Dopo una pausa intorno al 60° giro, cinque tornate dopo circa ecco che ritorna ancora una volta.

Senna, che poco prima aveva lasciato che Hill si sdoppiasse, si ferma in tutta tranquillità a montare le gomme da bagnato (giro 66). Due passaggi dopo, Warwick deve parcheggiare la sua Footwork nella via di fuga con il cambio ko (ritirati in precedenza anche De Cesaris e Boutsen, con la seconda Jordan). Tra il 69° ed il 70° giro pittano anche Hill e Prost; per il transalpino è la 7° sosta (!!!). Barrichello, così, risale in terza posizione con 6 giri ancora da completare. La beffa, però, è dietro l’angolo e si materializza nel corso del quintultimo giro, quando è costretto a parcheggiare la sua 193 sull’erba. La gara giunge a conclusione: Senna vince da dominatore, accompagnato sul podio da Hill (unico altro a pieni giri) e da Prost, mentre Herbert, Patrese e Barbazza (Minardi) chiudono la zona punti.

La delusione per Barrichello è davvero grande, almeno quanto la consapevolezza di aver disputato una gara super, alla sua terza presenza nel Mondiale. Sui motivi del ritiro, il brasiliano ha più volte chiarito successivamente: “Mi fermai perché rimasi senza benzina. Ma Eddie (Jordan, ndr) disse ai giornalisti che la colpa del mio ritiro era dovuta ad un problema alla pompa della benzina. Suonava meglio così“. Nonostante tutto, però, Rubens ha da subito voltato pagina: “Ero davvero arrabbiato a fine gara ma, allo stesso tempo, mi dissi che ero soltanto alla mia terza gara e che avrei presto colto i miei primi punti iridati“.

Cosa che avverrà praticamente a fine stagione, con il 5° posto di Suzuka, penultimo appuntamento del 1993. Saranno i primi due punti (su 658 totali) per un pilota che, alla fine di una carriera lunga ben 19 stagioni, primatista come GP disputati (323 su 326 presenze), ha messo assieme con i sei team per i quali ha gareggiato (Jordan, Stewart, Ferrari, Honda, BrawnGP e Williams) 11 vittorie, 14 pole position, 68 podi e 17 giri record, arrivando due volte 2° nel Mondiale (2002 e 2004) e altre due volte 3° (2001 e 2009). Un pilota che, in quella fredda Pasqua inglese di 27 anni fa, si mostrò per la prima volta al grande pubblico della Formula 1.

Immagine di copertina: Flickr/Karting Nord


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