Detroit 1986 e la Lola Force: intervista a Eddie Cheever

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
23 Giugno 2020 - 16:00
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Il GP di Detroit corso il 22 giugno 1986 è sicuramente una delle gare più sottovalutate nella storia della Formula 1. Un vero e proprio spettacolo quello andato in scena tra le stradine della ex capitale dell’automobilismo americano. Cinque i piloti che si alternarono al comando del gara tra soste ai box, sorpassi e errori clamorosi.

La gara venne vinta da Ayrton Senna, alla guida della nera-oro Lotus-Renault, davanti ad un incredibile Jacques Laffite e al campione del mondo in carica Alain Prost. Un grande protagonista di quel GP, l’unico da lui corso durante quel 1986 nel mondiale di Formula 1, fu Eddie Cheever. L'”americano di Roma”, dopo l’esperienza negativa nelle due stagioni precedenti con l’Euroracing, si ritrovò senza un volante ma venne chiamato in fretta e furia per sostituire l’infortunato Patrick Tambay al volante della Lola Force spinta dal turbo Ford.

Da subito Eddie entrò in confidenza con la vettura, distanziando in qualifica il compagno di squadra Alan Jones di tre secondi netti. Cheever ottenne un clamoroso 10° tempo in prova, a pochi decimi dalla McLaren di Keke Rosberg e davanti alle più competitive Benetton e Ferrari di Berger e Alboreto. Cheever riuscì anche a staccare un tempo di 1’40”9, rispetto all’1’41”540 delle qualifiche, nella sessione non ufficiale del sabato. La gara fu particolarmente sfortunata, con il ritiro arrivato dopo pochi giri che tolse di fatto al pilota americano la possibilità di poter lottare per un piazzamento nei punti.

P300.it ha avuto il grande onore di intervistare Eddie Cheever su questa gara, ecco le sue risposte.

Ricordi la telefonata che hai ricevuto per correre a Detroit e come ti sei organizzato per andare a correre?
“È stata una telefonata molto breve. Carl Haas mi disse che Tambay non poteva guidare, mi fece un’offerta per la gara di Detroit e io accettai. Sono andato nel mio guardaroba e ho trovato una vecchia tuta verde Alfa Romeo che avevo usato l’anno precedente, ho rimosso tutta la pubblicità e l’ho utilizzata per il fine settimana”.

La tua prestazione a Detroit è stata incredibile, cosa ricordi di quel weekend?
“Ricordo che l’auto era facile da guidare e il motore aveva una curva di giri molto ampia, che si adattava a Detroit. Ero ovviamente molto entusiasta perché ero fuori dalla F1 da un po’ di tempo e non credevo che avrei mai guidato di nuovo in questa categoria. Non vedevo l’ora di avere a che fare con Alan Jones, per il quale ho sempre avuto molto rispetto. Probabilmente non gli ho detto più di 20 parole nel fine settimana. Durante le qualifiche ricordo che durante un giro davvero buono sono stato ostacolato da una vettura più lenta, probabilmente si trattava di Palmer”.

Che macchina era la Lola, anche se l’hai guidata solo in quella gara?
“Ero più alto di Tambay e Jones e non c’era molto spazio nell’abitacolo, quindi era un problema. Il motore era liscio, non c’era troppo pattinamento delle ruote posteriori all’uscita delle curve e per quel tipo di circuito fu davvero un vantaggio”.

Quanto “spingeva” il turbo Ford?
“Non credo che fosse il motore più potente sulla griglia, ma sicuramente si adattava a quel tipo di circuito. Purtroppo in gara il semiasse si è rotto molto presto ed è finita lì. Quella prestazione mi ha fatto tornare in F1 con la Arrows in un periodo dove mi sono molto divertito”.

Immagine: Twitter/F1_Historical

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