Dalle sospensioni attive agli abbassatori: l’evoluzione (anche rifiutata) del Motomondiale

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di Andrea Ettori @AndreaEttori
22 Febbraio 2022 - 08:30
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L’attuale evoluzione della MotoGP ha spinto i progettisti e le Case alla ricerca di soluzioni che possano dare ai propri prototipi anche mezzo decimo di secondo di vantaggio rispetto ai diretti rivali. L’aerodinamica reintrodotta dalla Ducati qualche anno fa, dopo i primi tentativi firmati Suzuki negli anni ’70 e la moto a “effetto suolo” di Corrado Tuzii, ha portato ad una escalation enorme di costi e progettazione culminata con gli abbassatori anteriori e posteriori che abbiamo visto nei recenti test indonesiani.

I video postati da diversi addetti ai lavori, compreso l’account della stessa MotoGP, della partenza in stile “dragster” di Francesco Bagnaia e non solo ha quasi “impaurito” l’appassionato a due ruote che in questa epoca storica vede un progresso forse eccessivo.

L’attuale MotoGP mi ricorda il periodo della F1 tra il 1990-1994, quando team e case portavano in pista ogni tipo di soluzione, elettronica o aerodinamica, che infatti aumentarono la pericolosità delle monoposto tanto da spingere la FIA a provvedimenti estremi, fino ai fatti di Imola 1994 che di fatto hanno portato alla “nuova Formula 1”.

Anche le care e vecchie 500 degli anni ’90, spinte dall’evoluzione a quattro ruote, erano un concentrato di tecnologie che però in diversi casi non vennero poi trasferite in pista. Lo stesso ing. Riccardo Rosa in questa intervista ci aveva raccontato dell’evoluzione della Cagiva dei primi anni ’90, arrivata a livelli clamorosi.

Il caso delle sospensioni attive, o correttori d’assetto, sviluppate da Honda e soprattutto Yamaha nel 1993 sono un esempio del livello raggiunto in quel periodo. Fu lo stesso Kenny Roberts, manager e punto di riferimento di Iwata in quegli anni, a suggerire una moto ultratecnologica con iniezione elettronica e le “attive” per contrastare la NSR che già le aveva sviluppate nei mesi precedenti. Il rifiuto di usarle da parte di Luca Cadalora, e successivamente anche di Mick Doohan fronte Honda, ne rallentò lo sviluppo che nel corso degli anni venne poi definitivamente chiuso.

Piloti che quasi 30 anni fa non si fidavano della tecnologia, preferendo restare con “i piedi per terra” e progredire passo dopo passo. Lo stesso Cadalora scelse i carburatori rispetto alla iniezione elettronica nel 1994, mostrando una mentalità totalmente differente rispetto alle esigenze continue di nuovo materiale, anche rischioso, da parte della nuova generazione.

Immagine copertina: motogp.com

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