Dalla parte (anche) di Miami e Las Vegas

BlogCamonjenson
Tempo di lettura: 5 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
8 Maggio 2023 - 21:25
Home  »  BlogCamonjenson

L’arrivo degli americani in F1 ha sicuramente aumentato le critiche, spesso anche corrette, nei confronti di una categoria che sin dal periodo glorioso (e comunque criticato) griffato Bernie Ecclestone ha sempre puntato sul business. Il debutto di Miami nel 2022 e quello “diabolico” di Las Vegas che arriverà sul finire di questo campionato hanno certificato come noi italiani, e comunque anche tanti europei, sentiamo la F1 come una cosa soltanto nostra e che non può permettersi di andare in un mondo che non è più quello degli anni ’50. Anche il recente GP di Miami ha attirato su di sé, oltre alle solite “menate” di convenienza sulla spettacolarità della gara, parecchie critiche legate alla location e sostanzialmente al contorno che è stato offerto.

Questione layout e strutture: parliamoci chiaro, Miami non è Spa ma nemmeno il già citato parcheggio del Conad di Tavullia. Pensare questo, indipendentemente dai gusti personali, significa non ricordarsi dei cittadini della golden age tanto rimarcata della F1 anni ’80-’90. Prendo anche atto che se ci sono strutture all’avanguardia e comfort per chi va assistere al GP allora non si rispetta il passato di questo sport, scadendo necessariamente nel trash.

Partiamo dal presupposto che in Italia, ma anche presso tanti altri nostri amici europei, dovremmo essere gli ultimi a fare i “sommelier” del comfort. Da anni scriviamo di come le strutture dei nostri circuiti e i vari servizi che vengono offerti allo spettatore siano da terzo mondo, ma quando vediamo location come Miami o Singapore (per citarne qualcuna) diventiamo irremovibili.

A questo punto comprendo che un parcheggio immerso nel fango, bagni chimici trasportati direttamente da Calcutta e zone per il ristoro più simili al mercato di paese piuttosto che ad un evento mondiale possano essere migliori di quello che abbiamo visto a Miami. Ci sono le barche finte, ma dove sarebbe il problema? Se io spendo centinaia di dollari/euro per vedere un GP pretendo il trattamento dello spettatore di Miami, perché nel 2023 qualsiasi evento deve essere visto con i migliori servizi disponibili e non su tribune fatiscenti.

Il discorso dei circuiti in Italia va di pari passo (stranamente) con quello degli stadi, ma con una differenza: se vediamo una gara di F1 in una location glamour questa diventa subito trash, mentre sbaviamo letteralmente dietro agli stadi inglesi che si sono sostanzialmente fregati della storia alzando il livello di comodità del proprio tifoso.

Questione business ed intrattenimento: creare un circuito attorno all’Hard Rock Stadium, casa dei Miami Dolphins, è stato un “13” fatto dalla città della Florida. Gli americani a livello di business portano letteralmente a spasso gli europei (Premier League esclusa) creando eventi ed eccezionali sinergie tra sport differenti.

Partiamo però da un punto: la F1 non è il contorno, ma l’evento su cui costruire tutto quanto. Senza F1 non ci sarebbe il giro d’affari visto in questo weekend. Lo show dell’intervallo del Superbowl, senza la partita in sé, sarebbe un concerto dentro uno stadio e basta. Invece, grazie al Superbowl, è l’evento con i ricavi pubblicitari più alti del mondo. È vero: noi a Monza e ad Imola abbiamo le Frecce Tricolori, che ovviamente fanno venire la pelle d’oca e sono un patrimonio che ci invidiano in tutto il mondo, ma una volta che sono passate e avete messo lo sfondo sul cellulare con la Ferrari di Leclerc e il tricolore cosa vi rimane? Dopo avere ascoltato l’inno cantato da Albano, chi non ha la possibilità di avere un pass paddock torna nei comfort da terzo mondo e poi si lamenta attraverso i social. Il contorno di Miami è senza dubbio “too much”, ma fa parte del business americano e se non accettiamo di vedere questo quando la F1 va a correre negli USA il problema è nostro e non delle cheerleader che si sono esibite.

Questione Las Vegas: la città delle tentazioni per eccellenza ha già fatto centro, mettendo in uno stato d’ansia gli appassionati per quello che vedremo nei prossimi mesi. La curiosità, in questo caso per molti negativa, implica che la location scelta sia già azzeccata. Tutti vogliono vedere dove si spingeranno tra luci, trash e gioco d’azzardo ma personalmente non ne vedo il problema.

La F1, indipendentemente da come la si pensa, non può andare avanti a pane e salame come negli anni ’70. Vivere con questo pensiero, come quello dei V10 e del ritorno alle forme degli anni ’90, è follia pura. Per come se ne parla Las Vegas è già l’evento motoristico del 2023, piaccia non piaccia. I problemi veri di questa F1 riguardano format e cambi di regole in corso che vanno a destabilizzare sia il nuovo appassionato che quello vecchio come il sottoscritto.

Netflix ha indubbiamente condizionato la percezione di questo sport sulle nuove generazioni ma questo fa parte di un “pacchetto” che ha lati negativi e positivi. I numeri danno ragione a questo sport, bisogna prenderne atto e non pensare sia tutto finto oppure orchestrato dalle forze potenti, come è andato di moda dire anche per cose più serie di macchine che girano dentro ad una pista.

Immagini: Red Bull, Ferrari Media Center

Leggi anche

Tutte le ultime News di P300.it

È vietata la riproduzione, anche se parziale, dei contenuti pubblicati su P300.it senza autorizzazione scritta da richiedere a info@p300.it.

LE ULTIME DI CATEGORIA
Lascia un commento

Devi essere collegato per pubblicare un commento.

COLLABORIAMO CON

P300.it SOSTIENE

MENU UTENTE

REGISTRATI

CONDIVIDI L'ARTICOLO