Dalla Moto2 alla SSP: ultima spiaggia o un’occasione d’oro?

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 6 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
16 Gennaio 2022 - 13:32

Nelle ultime settimane quasi non si contano più i passaggi dei piloti dalla Moto2 alla nuova categoria Supersport. Ricerca di una nuova sfida o di un ingaggio in extremis?


La stagione 2022 segnerà una rivoluzione importantissima per il campionato mondiale SSP. Uno stravolgimento necessario per venire incontro alle necessità dettate dal mercato in continua evoluzione delle supersportive e per rimpinguare la griglia di partenza, che oramai pareva più quella di un monomarca Yamaha R6.

Ducati, Triumph e MV Agusta porteranno in campo nuovi mezzi dotati di cilindrate maggiori rispetto alle classiche SSP e questo 2022 segnerà un’annata di transizione prima del completo cambiamento che avverrà a partire dal 2023, nel quale la griglia sarà monopolizzata dalle Supersport di nuova generazione; le vecchie 600cc saranno accantonate e destinate ai musei.

Tutto il focus mediatico sulla categoria l’ha messa sotto la lente d’ingrandimento di tanti piloti e manager, rendendola appetibile anche ad alcuni volti noti del Motomondiale. La griglia della SSP nel 2022 vedrà un buon numero di debutti provenienti soprattutto dalla Moto2 (a sua volta la classe di mezzo della serie prototipi) e persino dalla Moto3, con la pattuglia italiana formata da Stefano Manzi, Lorenzo Baldassarri Yari Montella e Nicolò Bulega rispettivamente in Triumph Dynavolt, Yamaha Evan Bros., Kawasaki Puccetti e Ducati Aruba.it. Anche Maximilan Kofler, in arrivo dalla classe leggera dei Gran Premi, ha deciso di sposare la causa della SSP unendosi al team CM Racing.

A questi volti si aggiungono anche quelli del recentissimo passato, per la precisione quei piloti che, negli ultimi due anni, hanno debuttato in SSP effettuando il passaggio dal Motomondiale. Il numero quindi aumenta con il conteggio di Philipp Öttl in Kawasaki e soprattutto degli ultimi due campioni della categoria, Andrea Locatelli e Dominique Aegerter. C’è spazio anche per il sudafricano Steven Odendaal in questa lista, proveniente dalle ultime file della Moto2 fino a diventare un contendente al titolo e plurivincitore della serie delle moto derivate. E c’è persino chi è ribalzato più volte da una all’altra, come nel caso di Niki Tuuli.

Con un numero sempre più crescente di debutti di questa tipologia, sorge una domanda spontanea: cosa ha innescato questo fenomeno del passaggio Moto2-SSP? Nell’ultimo decennio le 600cc di serie sono passate totalmente sotto traccia e questo ha provocato un graduale ma sensibile calo nel livello dei piloti, con anche l’addio di volti di alto calibro quali Michael van der Mark e Kenan Sofuoğlu (per un motivo o per l’altro).

I vari Manzi, Baldassarri e Bulega, dopo anni passati a concentrarsi sui prototipi, improvvisamente hanno deciso di spostare la loro attenzione sulla Supersport. Si è trattata di una genuina volontà di tentare una nuova sfida o più di una scelta costretta pur di rimanere in un campionato mondiale?

Questo mio ragionamento nasce a seguito di quanto successo nel campionato 2020. Andrea Locatelli, da pilota di centro classifica della Moto2 col team Italtrans, si è ritrovato a dominare incontrastato ogni weekend del campionato SSP di quell’anno ed a conquistare il suo primo mondiale con largo anticipo a Barcellona. Pur forte di una Yamaha con supporto ufficiale e preparata magnificamente da Evan Bros. e avvantaggiato dalle gomme Pirelli slick debuttate proprio da quell’anno, la differenza messa in campo dal #55 è stata imbarazzante, a dir poco vergognosa per i volti di grosso calibro che rappresentavano il riferimento della serie fino a quel momento.

Quel che poteva sembrare un semplice ripiego in un campionato considerato generalmente inferiore rispetto alla Moto2, si è trasformata in una scommessa vincente per Locatelli. In generale, se si può scegliere tra l’essere un protagonista in una serie meno blasonata o uno dei tanti in quella di maggior successo, la scelta migliore rimane la prima. “Loka” ha voluto essere il pesce grande nella boccia di vetro anziché il pesce piccolo nell’oceano.

Lo stesso ragionamento lo si può fare per Dominique Aegerter. Dopo anni di calvario in Moto2 ben lontani dai suoi fasti migliori, lo svizzero ha scelto di affrontare la doppia sfida MotoE-SSP, primeggiando nelle supersportive col team Ten Kate.

Questi due titoli iridati di ex-piloti Moto2 hanno dato il via ad un vero e proprio movimento da un campionato all’altro. Tutti i nomi intenzionati a questo passaggio sono di coloro che non hanno avuto una gran fortuna nella classe intermedia del Motomondiale, ma che anzi a volte hanno deluso le aspettative. Ad esempio Baldassarri, dopo le due annate discrete 2018-2019, non si è più rivisto nei piani alti della sua oramai ex-categoria; e che dire di Bulega, su cui molti puntavano lo sguardo in quanto “nuovo Rossi” (persino la stessa VR46 Academy) e che invece ha ottenuto come miglior risultato in Moto2 un settimo posto in Repubblica Ceca quasi tre anni fa?

Ancor prima di Locatelli ed Aegerter anche Krummenacher e Cortese erano riusciti a diventare campioni dopo diverse stagioni in Moto2, anche se con loro non si è presentato un determinato avvenimento.

Chiaramente i volti passati da una parte all’altra sono solo alcuni dei piloti a cui gioverebbe un cambio di categoria. Senza focalizzarci sui limiti tecnici che attanagliano la Moto2, un grosso problema è dato anche dall’alto numero di partecipanti, alcuni forse non propriamente pronti per affrontare un campionato di questa portata e che rappresenta l’ultimo gradino prima del salto in MotoGP.

Ad alcuni piloti dal potenziale sicuramente interessante (come Gardner, Raúl Fernández o Bezzecchi che debutteranno l’anno prossimo in classe regina, oppure Acosta, Aldeguer, Arenas, Ogura ed Arbolino) ed altri esperti e con buone chance di giocarsi i titoli (tipo Lowes, Canet o Augusto Fernández), fanno purtroppo da contraltare piloti dal livello piuttosto “nella media” (Ramírez, Chantra, Bendsneyder, Navarro), debuttanti in arrivo con un palmarés non proprio esaltante (Rodrigo, Alcoba, Salač, van den Goorbergh) o addirittura nomi che rimangono ancora tra le fila della serie senza che se ne capiscano le ragioni (Baltus, Corsi e pure Dalla Porta). Il livello del campionato è quindi, in buona sostanza, piuttosto altalenante.

Lo scorso anno la FIM, insieme ad IRTA, ha optato per una riduzione degli iscritti nelle categorie SSP300 e del CEV Moto3 e Moto2 legate alla questione sicurezza. Forse sarebbe stato furbo pensare ad una diminuzione dei concorrenti anche nelle due categorie propedeutiche del mondiale, non tanto nella salvaguardia della salute dei piloti quanto più nel mantenimento di un livello prestazionale elevato, degno di due serie così vicine alla MotoGP.

Anziché rimanere nella mediocrità della Moto2 stagione dopo stagione, alcuni piloti hanno giustamente deciso, in accordo coi manager, di spostarsi in massa nella serie parallela, magari sperando a loro volta in un salto in SBK come avvenuto per Locatelli ed Öttl.

Come dice il titolo della bloggata, per alcuni può anche essere stata un’ultima spiaggia, l’unica maniera per poter ancora correre a livelli alti nei campionati a due ruote, ma allo stesso tempo i nuovi arrivati non possono non cogliere quest’opportunità per mettersi in risalto in una SSP dall’interesse crescente, sia da parte del pubblico che di team e Case costruttrici.

La SSP potrà anche essere un’ultima spiaggia, ma la sua sabbia potrebbe avere un colore molto luccicante, perfino dorato.

Fonte immagine: worldsbk.com

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