Dakar 2021 | Tricolore nel Deserto: intervista a Cesare Zacchetti

IntervisteMotorsport
Tempo di lettura: 4 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
26 Gennaio 2021 - 11:00

Alla sua terza partecipazione Zacchetti ha ottenuto un soddisfacente 38° posto: “Ho avuto il desiderio di ritornare”.


Eccoci al secondo appuntamento con “Tricolore nel Deserto”, la serie d’interviste dedicate ai piloti italiani che hanno raggiunto il traguardo finale nella Dakar 2021. Qui sotto troverete l’intervista precedente, fatta a Ferdinando Brachetti Peretti.

La seconda intervista ci è stata concessa da Cesare Zacchetti. Giavenese, classe 1969, quest’anno è arrivato alla sua terza edizione nella categoria Moto, dopo aver corso nel 2015 e nel 2020. Zacchetti però ha all’attivo partecipazioni anche in altri tipi di gare e raid, tra cui il Safari Australasiano, la Coast to Coast messicana, l’Amageza Rally in Sudafrica e il campionato italiano Motorally.

In questo 2021 è giunto il suo miglior risultato nel raid più famoso al mondo, un 38° posto in sella a una KTM 450 in versione rally raid. Segue l’intervista.

Che cosa l’ha spinta a tentare la Dakar 2021?

Dopo aver terminato l’edizione del 2020 ho avuto il desiderio di ritornarci, perché ero soddisfatto di come erano andate le cose ma pensavo di poter fare meglio!”

In quanto appassionato di motori, avrà qualche punto di riferimento del passato. Di chi è stato tifoso nel mondo motorsportivo?

“Da giovane praticavo motocross e avevo i poster in camera di Ricky Johnson!”

Ci parli un po’ della preparazione fisica e atletica. Come ci si prepara a due settimane di maratone di 300, 400 o anche più chilometri?

“Bisogna abituarsi a trascorrere tanto tempo in moto, dieci o dodici ore al giorno, per cui si fanno uscite molto lunghe in moto, in bicicletta o anche a piedi di corsa; occorre fare fatica insomma”.

Questa non è la prima Dakar che lei ha svolto. Che sensazioni le ha dato la gara 2021 rispetto alle altre?

“È stata un’edizione particolarmente dura, lo dimostrano i tanti abbandoni per causa fisiche o meccaniche”.

È il secondo anno che la carovana corre in Arabia Saudita, scelta tra l’altro abbastanza criticata per ragioni politiche e ideologiche. Lei ha un pensiero su questo tema?

“La mia partecipazione prende in considerazione il lato sportivo e la curiosità di visitare un paese che ha aperto le frontiere al turismo da poco tempo”.

Può parlarci del mezzo con cui ha disputato la gara?

“Ho utilizzato una KTM 450 Rally, la moto più affidabile per questo genere di gare”.

È soddisfatto del risultato ottenuto?

“Assolutamente si, oltre ogni aspettativa”.

Qual è il ricordo più bello che ha, legato alla Dakar?

“I momenti vissuti intensamente e i legami di amicizia che nascono durante questa esperienza”.

Purtroppo qui in Italia non c’è una considerazione molto elevata di questa gara. Secondo lei perché?

“Non sono d’accordo. Si tratta di un pubblico di nicchia fatto di praticanti di uno sport poco conosciuto, avremmo bisogno di un campione per parlarne di più, ma in ogni caso tutti sanno cos’è la Dakar”.

Cosa direbbe a tutti gli amatori e professionisti di corse per convincerli a provare un’avventura simile?

“Non c’è bisogno di dire nulla, qualsiasi fuoristradista vorrebbe partecipare a questa gara. È come giocare a calcio e non pensare a fare i mondiali”.

Non sono mancate le polemiche in quest’edizione. In cosa la Dakar 2022 dovrà migliorare?

“Ci sono sempre persone che polemizzano, l’organizzazione ha fatto un grande sforzo ed è stata in grado di di svolgere un evento con 4.000 persone provenienti da cinquanta paesi diversi in piena pandemia nel rispetto delle regole e con tutte le precauzioni necessarie verso i concorrenti, lo staff e il paese ospitante”.

Ora che è tornato in Italia, quali sono i suoi progetti futuri? Disputerà altre gare?

“Sto già preparando un progetto interessante…”

Anche oggi si conclude la nostra intervista. Esprimiamo la nostra gratitudine al signor Zacchetti per la sua disponibilità.

Fonte immagine: dakar.com

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