Crisi d’identità (parte 1)

di Alyoska Costantino
AlyxF1 alyoska.and.myself
Pubblicato il 20 Marzo 2018 - 19:58
Tempo di lettura: 10 minuti
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Crisi d’identità (parte 1)

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E’ incredibile quanto sia stato ricco di elementi di spunto l’inverno del Motomondiale tra test, annunci, rinnovi contrattuali e hype generale sul mondiale, ed è ancor più incredibile come il primo round in Qatar, nella velocissima pista di Losail, sia riuscito a esser ancor più ricco di emozioni e spettacolo, forse anche oltre alle aspettative. E come non parlare del duello Dovizioso-Márquez, che se tanto mi dà tanto si prolungherà anche nel corso del 2018 tra i due; questo round è andato a Dovi e alla Ducati, ma se c’è un tipo che non getta la spugna davanti a nulla è di certo Marc. Preparate tanti pop-corn, perché vi serviranno per i prossimi 18 round di questa stagione.

C’è però chi ha rispettato sì le premesse dei test, ed è stato un male poiché l’andamento di questi due piloti nelle sessioni collettive di quest’inverno è stato tutto fuorché esaltante. Tra oggi e domani scriverò due bloggate per Parole di Corsaro parlando, appunto, di due piloti della classe regina in particolare. E che sia chiaro, entrambi hanno ancora un’intera stagione davanti al loro cammino per rimediare a un inizio non proprio da incorniciare, ma il finale di stagione del 2017 e il primo round nella notte del Qatar stanno dimostrando come per loro sia un momento davvero difficile. Sarebbe bello se vi rivelassi subito di chi sto parlando vero? Eh, troppo facile… per il secondo dovrete aspettare sino a domani sera.

Per il primo, non c’è invece bisogno d’avere ulteriore pazienza. Credo sia ora di parlare, concretamente, di Jorge Lorenzo e del suo matrimonio, partito male e continuato “un po’ così”, con la Ducati. Nonostante i sei anni di gap con il matrimonio fallito di Valentino Rossi e Ducati, e i tanti cambiamenti (in meglio) della squadra Corse di Borgo Panigale, la storia pare ripetersi come fosse una copia carbone, con solo il maiorchino come differenza. C’è chi già parla di separazione, chi addirittura di rottura immediata dal prossimo GP, e chi si concentra sugli aridi numeri che potrebbero apparire sul contratto di Lorenzo per il 2018. Insomma, Jorge non pare avere un attimo di pace.

Prima di entrare nel vivo del discorso però, mettiamo alcune cose in chiaro: io non sono e non sono mai stato fan di Jorge, né quando era nelle classi inferiori né al suo approdo in MotoGP. Non nego le sue abilità, e tre titoli mondiali nella classe regina non si vincono per caso assolutamente. Detto questo però i contro che girano attorno alla figura di Lorenzo, come persona ma anche come pilota, in questi due anni circa sembrano essersi moltiplicati (o quantomeno sono peggiorati drasticamente), in particolar modo dal suo arrivo in Ducati. Inoltre, le sue tre conquiste titolate a mio modo di vedere hanno tutte quante degli “asterischi a fondo pagina”, delle piccole postille che spesso vedono i nomi di Márquez, Rossi, Stoner e Pedrosa tra le loro righe; delle disavventure o degli eventi che hanno coinvolto questi piloti, spianando la strada a Jorge verso il mondiale. Tutto ciò fa di me forse il soggetto meno indicato e oggettivo per parlare di Lorenzo, ma prometto che cercherò di essere imparziale il più possibile… ma dubito che l’articolo non presenti dei piccoli “bagni di sangue” tra i paragrafi.

Dopo un’annata 2017, come prevedibile in realtà, di transizione, le aspettative su Lorenzo per il 2018 erano ben diverse: inserirsi nella lotta per il titolo grazie al nuovo bolide sfornato da Dall’Igna e compagnia, ritornare a vincere dopo un anno di digiuno e rimettere al suo posto il gregario Dovizioso, allargatosi fin troppo nella passata stagione (questo almeno agli occhi del #99). Il teatro ideale sembrava già Losail, pista ideale per lui che vanta il record di successi e per la V4 italiana, capace di volare sul lunghi rettilinei in mezzo al deserto.

Niente di tutto ciò: la gara del maiorchino è durata solo tredici, difficili giri, passati ai margini della top ten e con un ritmo fin troppo staccato da quello dei migliori. La conclusione è stata ancor più penosa, con un lungo in curva 4 dovuto a un problema ai freni e una scivolata nella sabbia. Vittoria e gloria sono arrivate nel box Ducati, ma dal lato opposto del box, grazie al capolavoro di Dovizioso. Io credevo che Jorge non potesse iniziare la stagione peggio di quanto avesse fatto nel 2017, quando terminò 11°… ma anch’io posso sbagliarmi a quanto pare; essendo stato confermato il guasto ai freni, è difficile credergli quando dice che “avrebbe raggiunto il gruppo dei primi” col passo che stava tenendo. Ok che era insieme a Viñales sulla pista, ma dubito avrebbe fatto meglio anche solo del connazionale… e staremmo pur sempre parlando di un sesto posto nel caso. Troppo poco.

Questa sarebbe in due paragrafi la serata qatariana di Lorenzo. Chi fosse interessato a difenderlo potrebbe definirla una serata storta in tutto per tutto, ma il problema è che queste giornate storte stanno proseguendo da quasi un anno oramai, con piccoli sprazzi felici ogni tanto, giusto per fare da dolcificante occasionale alla situazione interna del box. Dopo un anno intero con Ducati pare di essere ritornati al punto di partenza dopo tutto il lavoro fatto da entrambe le parti, ed è questo il vero fulcro della situazione: il pilota che doveva riportare il mondiale a Bologna dopo più di dieci annate non sembra fare progressi e con una moto così competitiva, e pronta al titolo, la cosa è molto grave.

Che sia davvero un problema di adattamento alla moto? O forse la superiorità del compagno di squadra lo sta spompando? O ancora, potrebbero essere le coperture Michelin a non andargli giù?
Io azzarderei un’ipotesi su cosa non sta funzionando per, e in, Jorge: come detto, il suo calo mi è sembrato repentino dal 2016 in poi, l’anno dopo del mondiale con tanto di “farsa finale” a Valencia, vinto dal maiorchino comunque capace di una stagione pressoché perfetta (Misano a parte). Se Márquez non è stato scalfito minimamente dal terremoto mediatico su di sé, credo che per Lorenzo invece sia stata una vera e propria tragedia: sentirsi dire di esser stato parte di un complotto, magari dagli stessi appassionati che lo amavano e rispettavano prima, direi che non è bello, e per un tipo emotivo come Jorge, in grado di passare dal sorriso alla frustrazione dal giorno alla notte, credo sia stato devastante. E a questo non dimentichiamo che si è aggiunto il clima all’interno del box Yamaha stesso, teso ben più che nel 2010 all’imminente partenza di Rossi. Di certo Jorge alle sue colpe su quest’ultimo punto, come l’essersi “impicciato” della discussione tra Rossi e Márquez tra Sepang e Valencia… quindi chi è causa del suo male pianga se stesso in un certo senso.

E’ l’unica spiegazione concreta che potrei darmi sul crollo di Jorge. Certa gente guarda alle gomme Michelin come colpa dei risultati di Lorenzo… ma è anche vero che tutti i piloti montano le coperture francesi al posto delle Bridgestone dal 2016, per cui la teoria non regge (anche perché il “Por Fuera” ha anche vinto delle gare sulle Michelin, quando era ancora in Yamaha).

Concentriamoci ora sul suo matrimonio, per ora biennale, con Ducati. Tralasciando il primo approccio nella stessa gara qatariana ma del 2017, di cui abbiamo già parlato, com’è andato davvero l’anno di Lorenzo? A mio modo di vedere il punto più basso si è riusciti a raggiungerlo già in Argentina, quando per colpa di un suo stesso errore cadde pochi metri dopo il via addosso a Iannone (non che volesse “vendicarsi” di Barcellona 2016… o almeno non credo). Ma il peggio arrivò una trentina di secondi dopo, quando Jorge sbraitò dalla furia addosso la sua stessa GP17, assolutamente incolpevole, per poi lanciarla per terra dalla rabbia. Dopo due round, la misura sembrava, incredibile ma vero, già colma.

Molte persone insistono nel dire che le prime stagioni di Lorenzo e Rossi in sella alla Desmosedici sono per certi versi inconfrontabili. E probabilmente hanno ragione, ma fa davvero stupore come il risultato sia stato pressoché identico tra i due: settimo posto in campionato e appena due punti di scarto a favore dell’italiano. E’ vero, la competizione è cresciuta drasticamente, ma anche la Ducati l’ha fatto e le sei vittorie di Dovizioso sono la prova inconfutabile di ciò. Infatti, se c’è un elemento su cui i due variano drasticamente è nel confronto col compagno di squadra: Hayden terminò ottavo a sette punti da Valentino il mondiale e aveva già qualche anno di esperienza (come Dovizioso del resto) sulla Ducati… ma Dovi ha lottato per il mondiale, sulla stessa moto che ha guidato Jorge. Quindi di certo non è il mezzo usato, il problema.

Fortunatamente il resto della stagione ha visto anche degli alti, come delle buone gare ad Aragon, Jerez, Sepang e Silverstone; non sono però mancati altri bassi, come il 16° posto ad Assen, dove venne addirittura doppiato, o al Mugello, altro suo personale “tempio vittorioso” in cui però ha deluso le aspettative.
Nel frattempo, il suo compagno di squadra/portaborse sulla carta vince a raffica, arrivando a Sepang ancora con le carte in regola per vincere il titolo contro Marc Márquez.

Ed è proprio nelle ultime due gare del campionato 2017 che l’ego e l’onore di Jorge prendono il sopravvento, in barba agli ordini di scuderia o al rispetto per il proprio compagno di squadra. A Sepang fino a cinque giri dalla fine Jorge mantiene il comando su Dovi fino a un errore, nonostante diversi passaggi di comunicazioni dai box. A Valencia fa anche di peggio il maiorchino, poiché otto identici messaggi dai box non bastano per convincerlo di lasciare strada al compagno di squadra. In qualche modo il Karma gli pizzica il sedere, facendolo cadere nella sabbia a pochi giri dalla fine.

Quello visto a Sepang e al circuito Ricardo Tormo è il vero volto di Jorge Lorenzo. Quello disposto ad avere sempre il ruolo di comando nella squadra, quello abituato ai successi in Yamaha e per cui chiama a gran voce una preferenza nei suoi confronti, in barba al campionato in corso e alla situazione della classifica. E’ il Lorenzo che non cerca lui di adattarsi alla moto, ma chiede ai tecnici ogni aiuto possibile pur di farla diventare una copia di colore rosso della vecchia M1. E’ il Lorenzo magari veloce ma plafonato su un livello distante dai migliori, e che si crede in lotta per il titolo negando la realtà (perché sì, penso lo creda davvero).

Questo, signore e signori, è Lorenzo nel 2018… o meglio, l’ombra del Jorge Lorenzo che conoscevamo. Quello che ti corre ad Assen nel 2013 con una placca sulla spalla e che riesce ad arrivare quinto; quello che tiene in piedi un mondiale nonostante il mezzo inferiore, la Yamaha M1 2013, contro Marc Márquez; quello che vince magari in maniera noiosa, ma contro cui non si può dire assolutamente nulla se non fare un applauso sincero per la superiorità mostrata. Io non so che fine abbia fatto quel Jorge Lorenzo e se tornerà… dubito lo farà in Ducati, ma io, e probabilmente tutti voi, sono conscio di come quel Lorenzo potrebbe sul serio essere un candidato al titolo.

Mentre si fa la caccia al tesoro per trovarlo, io vi saluto e v’invito a collegarvi domani sul sito per leggere la seconda parte.

Fonte immagine: motogp.com

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