spettacolo
spet·tà·co·lo/
sostantivo maschile
1.
a. Rappresentazione di opere teatrali, liriche, cinematografiche, d’arte varia; in senso ampio, qualsiasi esibizione artistica che si svolge davanti a un pubblico di spettatori appositamente convenuto
b. Con sign. più ristretto, il programma che si rappresenta e il modo in cui viene rappresentato
[…]
2.
Vista straordinaria, che colpisce per l’insolita bellezza o per altra particolarità, o, al contrario, impressiona e suscita orrore
(dal dizionario Treccani)
Mentre seguivo la prima sessione di prove libere del GP del Messico, ho sentito dire, in più di una circostanza, che le modifiche al circuito di Città del Messico sono state fatte sì per la sicurezza, ma anche per lo spettacolo.
Spettacolo, sempre questa parola che ricorre. Una parola sfuggente, ambigua, dai molteplici significati e dalle ancor più molteplici sfumature. Una parola che sentiamo pronunciare spessissimo quando parliamo di sport, Formula 1 in particolare.
Lo sport è intrinsecamente una forma di spettacolo, indipendentemente dal fatto che sia spettacolare, nell’accezione attuale del termine, o no. Ecco, l’accezione attuale, è quella che scatena l’equivoco: è un’accezione relativamente recente, figlia dei mass media e della società dei consumi di oggi. Lo sport, oggigiorno, prima ancora che una mera manifestazione agonistica, è un vero e proprio prodotto di consumo e, come tale, è soggetto alle regole del mercato. E, così facendo, lo sport si modifica e si adatta. La Formula 1 non è per nulla esente da tutto ciò: in nome delle esigenze televisive tante cose sono cambiate, a cominciare dal layout dei circuiti (mi vengono subito in mente, oltre a Città del Messico, Hockenheim e Zeltweg) per finire con le regole della competizione.
In alcuni casi, il cambiamento è necessario e, anzi, positivo, come nel caso del tiro da 3 punti introdotto nella pallacanestro NBA dal 1979 (nella ABA, invece, esisteva dal 1967). In altri, produce autentici abomini, come nel caso del famigerato DRS che ha fatto la sua comparsa in F1 nel 2011.
I cambiamenti sono positivi quando effettivamente migliorano le cose, rendendo lo sport più gradevole, e penso che il tiro da 3 punti sia un caso emblematico. Tuttavia, spesso, il cambiamento altro non fa che rendere lo spettacolo un qualcosa di artificioso, una forzatura. Rincorrere lo spettacolo a ogni costo è deleterio e controproducente e, infatti, il DRS di certo non ha migliorato la Formula 1, anzi l’ha peggiorata, rendendola simile a un videogioco più che a una competizione sportiva.
Altro discorso è quello dei cambiamenti ai circuiti: mentre per DRS e simili si parla esplicitamente di “ricerca dello spettacolo”, in questo caso si tende a essere meno espliciti. Diciamo che, come anticipato in precedenza, spesso le modifiche ai circuiti vengono fatte in nome della sicurezza, ma qualcuno potrebbe obiettare, non a torto, che i motivi siano in realtà altri: creazione di più spazi pubblicitari e “televisionizzazione” (passatemi questo termine, vi prego) dei circuiti, accorciati e resi simili a kartodromi. Il vecchio Hockenheimring era molto poco televisivo: si correva nella foresta, la pista era lunga circa 7 Km (negli anni ’30 misurava addirittura 12 Km) ed erano davvero pochi i punti in cui posizionare dei cartelloni pubblicitari, senza dimenticare il fatto, per nulla secondario, che quei 7 Km erano praticamente solo fatti di lunghissimi rettilinei. Spreco. Meglio creare un circuito anonimo e banale di 4,5 Km, a uso e consumo degli sponsor. Dalle tribune si può vedere praticamente l’intero circuito e le curve lente permettono d’inquadrare per bene gli sponsor sulle monoposto. E poi, volete mettere? Hanno piantato gli alberi al posto del vecchio circuito, hanno creato delle vie di fuga sicurissime (?) in asfalto, mica pizza e fichi!
Stesso discorso, ovviamente, che vale anche per piste come Zeltweg, Città del Messico e Silverstone, oltre che per le piste di recente costruzione, per le quali non spenderò molte altre parole, per decenza.
E vogliamo parlare delle notturne? Ne avevamo proprio bisogno, vuoi mettere la bellezza di un arrivo coi fuochi d’artificio? Chi se ne frega se la pista di Abu Dhabi è abominevole!
E vogliamo parlare anche delle scintille “artificiali” di cui si era parlato l’anno scorso? No, di quelle non parliamo, quello è davvero troppo e rischiamo di sconfinare nel territorio del trash.
Quello che non tollero è che in televisione si dica che tutto ciò è “spettacolare”. Bah, per me è spettacolare la velocità, non una gimkana progettata a tavolino per rispondere a esigenze che hanno a che fare con tutto meno che con lo sport. Se gli addetti ai lavori chiedessero agli spettatori (quelli competenti, non quelli occasionali) cosa questi intendono per “spettacolo”, sono pronto a scommettere una grossa somma che la risposta sarebbe ben diversa da quella che loro intendono mentre commentano ciò che accade in pista.
Il passaggio nello stadio da baseball che si trova all’interno del circuito “Hermanos Rodríguez”, che mi ha spinto a scrivere questa riflessione, è scenografico, siamo d’accordo ma, dal punto di vista tecnico, quel passaggio vale molto poco.
Lo spettacolo è altro e, facciamocene tutti una ragione, non si costruisce artificialmente, ma deve nascere spontaneamente. Certo, ci sono le eccezioni, a cui abbiamo accennato prima, però nella maggior parte dei casi i risultati sono negativi.
Gli spettatori della Formula 1, purtroppo (?), sono incredibilmente nostalgici e non gradiscono affatto i cambiamenti attuati negli ultimi anni, così si viene a creare una situazione molto spiacevole: per venire incontro alle loro richieste, bisognerebbe tornare alle origini, privilegiando lo sport rispetto al business. Business che, stando alle parole di Sua Maestà Bernie Ecclestone, è la priorità assoluta. E allora, ok, privilegiamo il business. Causando però un’emorragia di spettatori.
Compromessi non ne vedo e, in maniera molto fatalista, penso proprio che si continuerà su questa tendenza, con Ecclestone & Co. che batteranno il ferro finché sarà caldo. Poi, chi lo sa che ne sarà della F1… schiacciata dal suo stesso peso e abbandonata dai suoi spettatori più accaniti oppure rivitalizzata da un ritorno alle origini (ma il vecchio Hockenheimring comunque non ce lo restituirà nessuno)?
Chi vivrà, vedrà. Intanto, godiamoci lo “spettacolo” attuale. Con tanti saluti alla Peraltada.
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