Cosa ci lamentiamo dei tombini se nel Paddock ci si può sposare? Da Las Vegas a Pyongyang il passo è breve

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
17 Novembre 2023 - 19:50
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L’imperativo è difendere l’investimento, l’orticello, far passare tutto per bello a tutti i costi. Se non si fosse capito, eh

Niente di nuovo sotto il fronte, ed era ampiamente previsto. Il venerdì di Las Vegas finisce tre ore dopo l’orario originario. In Italia inizia alle 5.30 del mattino e finisce alle 13.00. Togliete nove ore e scoprite che i piloti hanno smesso di girare alle loro 4 di notte. Tutto normale, tutto fantastico. Anche se i valorosi tifosi rimasti in tribuna per le FP2 sono stati invitati ad alzare i tacchi per questioni logistiche. Perché, alle 4, era previsto di riaprire la circolazione stradale.

Problemi? Zero. I tombini? Ma sì, dai, capita.

È vero. Non è la prima volta che un tombino salta. Era successo a Baku, con la Williams di Russell praticamente esplosa; era successo a Monaco, con un rischio enorme per Button sulla McLaren. Le grate di scolo, a volte, saltavano in Malesia.

Succede. Ma 1) non deve succedere e 2) quello che non va bene è minimizzare, cercando di nascondere la polvere sotto il tappeto. Fa sorridere sentire Toto Wolff far passare il tutto come un semplice imprevisto quando, per un mal di schiena, l’anno scorso ha ottenuto una Direttiva Tecnica che ha ridato dignità ad una Mercedes che non stava in strada.

Fa sorridere la strenua difesa da parte di tantissimi addetti ai lavori di un evento che ha preparato al 100% tutto tranne la cosa più importante, la pista, con rischi evidenti per i piloti viste le pacche prese da Sainz e Ocon. Incidentalmente, la pista sembra però essere il dettaglio che interessa meno. Perché Las Vegas è tutt’altro. È la sfarzosa cerimonia di apertura, è la lista di cantanti e VIP, è l’approvazione del gioco d’azzardo (ma guai a vedere gli sponsor delle sigarette sulle macchine), è Jacques Villeneuve che si sposa dentro al Paddock (auguri a lui), è la felpina luccicante, i sosia di Elvis che ti aspettano per un selfie e i semi delle carte sui cordoli. Ma, soprattutto, è la grande scommessa dei proprietari del Circo che si giocano la reputazione in questi tre giorni e il primo l’hanno chiuso non benissimo.

La sensazione forte è che non si possa criticare, ma anche questo era ampiamente previsto. Non a caso, l’unico pilota che ha le palle per farlo viene tacciato di essere fuori luogo. Una volta, i piloti che parlavano come Verstappen venivano esaltati per essere quelli col carisma (mai sentito parlare di Senna?). Adesso sono visti come nemici perché si espongono contro quello che non va e, nel caso, vengono anche sbertucciati sui social da grandi media, evidentemente poco interessati.

Tutto questo fa un po’ Pyongyang, ma definisce molto bene quali sono le parti in gioco. Per aver criticato la gestione dell’Australia siamo finiti nel tritacarne ma poi ci sono state l’Austria con i track limits, il Qatar con la Sprint e gli stint bloccati, Austin con le squalifiche ed ora siamo qui a parlare di altri disastri. Quindi viene da dire che il problema non è in queste pagine.

La prima giornata di Las Vegas è andata, è stata un disastro e mitigare la cosa fa intendere chiaramente da che parte si sta. Da qui in poi è probabile che non succederà più nulla (e ci mancherebbe), ma intanto un danno è fatto. Poi, semmai, parleremo di due team che hanno riportato milioni di danni per cause esterne e di uno che si prende anche penalità. Lucida follia che si aggiunge al tragicomico.

Ma tanto va tutto bene, no?

Immagine: Las Vegas GP

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