Charles sbaglia ancora e viene difeso dopo cinque anni. Non a tutti è andata così bene

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
27 Agosto 2023 - 12:15
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L’ennesimo errore di Leclerc viene difeso per le difficoltà della SF-23. Intanto, Sainz si qualifica sesto e altri sono stati trattati molto peggio

A Zandvoort è arrivato ancora un errore, l’ultimo di una lunga lista da quando Charles Leclerc è diventato un pilota ufficiale della Ferrari. Sono passati quattro anni e mezzo dal 2019 e siamo alla quinta stagione, ma il monegasco sembra non riuscire a frenare gli istinti e a non oltrepassare eccessivamente quel limite sul quale, al sesto anno in Formula 1, bisognerebbe aver imparato a danzare.

Nel caso specifico, che la SF-23 si sia dimostrata difficile da guidare in Olanda lo si sa sin da venerdì. Anche Robert Shwartzman, salito per la prima volta su questa macchina, l’ha detto dopo le FP1. Le attenuanti ci sono, per carità, nessuno lo vuole negare. Ma di macchine complicate la Ferrari negli ultimi 15 anni ne ha sfornate parecchie: non tutti i piloti passati per Maranello hanno sbagliato così tanto e in un caso, quello di Vettel, le critiche sono piovute non al ventesimo, non al decimo, ma al primo episodio identificato come errore grave, quello di Singapore 2017, per poi martellare ad ogni episodio arrivando quasi al godimento della gogna mediatica nel 2020, quando era separato in casa da prima di iniziare la stagione.

Se usciamo dalla galassia Ferrari, ricordiamo tutti com’è stato trattato Verstappen (soprattutto in Italia) fino a Monaco 2018. All’olandese non è mai stato perdonato nulla, nessuna attenuante. Non l’età, non monoposto poco all’altezza, nulla. Poi, però, l’olandese ha smesso di sbagliare e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Dopo cinque anni Charles gode ancora di una fiducia abbastanza incondizionata ed è una novità nel panorama mediatico italiano. I suoi errori sono tutti giustificabili e quello che fa sorridere è che spesso il primo critico di se stesso è proprio lui, come successo anche ieri. È come se lui dicesse “Ho sbagliato io” e qualcuno gli rispondesse “Ma non è vero, è la macchina che non va”, cercando anche di convincerlo.

La mancanza di coerenza è sempre un problema e, spesso, si nota. La questione, però, è più ampia. Charles Leclerc è stato investito del ruolo di prima guida nel 2019 da pilota costruito in casa, fenomeno in arrivo dalle categorie minori e con una buona stagione di esordio in Alfa Romeo. Lo si è fatto chiudendo la carriera di Vettel, che ormai non aveva più niente da dare alla Ferrari (e viceversa) e gli sono state date responsabilità chiare. Ha la stessa età di Verstappen ma ha avuto un pregresso più lineare verso la Formula 1 dell’olandese seguendo tutta la trafila delle categorie minori.

Ora, per quanto la macchina possa essere difficile da guidare io mi aspetto, dal Charles Leclerc che ci viene raccontato e che si trova alla sesta stagione in Formula 1, che metta la SF-23 in terza posizione se Carlos Sainz chiude la qualifica sesto. Perché l’errore di Zandvoort non ha niente da invidiare a quello di Monaco 2018 di Max a livello di forzatura.

La macchina incontrollabile o è sempre un problema o è sempre una scusa: francamente sembra che, in base al pilota, si usi una o l’altra versione sulla base della simpatia e non è corretto. Quando Vettel si girava con la SF1000 era un fallito, quando Leclerc si è girato a Imola l’anno scorso con la F1-75 giù di difese.

Il succo del discorso? La Ferrari non va, è vero, ma quando un errore è palese è inutile girarci troppo attorno, non è rispettoso neanche nei confronti del pilota stesso quando questo è il primo ad ammettere le colpe. E, quando la lotta nel Costruttori è sui punti, certi errori vanno evitati, danzando su quel limite come Leclerc ha dimostrato di saper fare.

Immagine: F1

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