“I record sono fatti per essere battuti”.
Con questa frase di Michael il cerchio si apre e si chiude nello stesso momento. Oggi non dovrebbe essere il giorno dei confronti, quelli che tutti dicono non vanno fatti ma che tutti fanno comunque, per puro esercizio stilistico. Perché potremmo stare qui ore a raccontare perché sono meglio le 68 Pole di uno o dell’altro, perché valgono più queste o quelle, perché sono “più Pole” quelle di Michael o quelle di Lewis. E dovremmo partire dagli albori, dal pesare con che auto sono state ottenute, in che anni, con quante gare all’anno e così via. Il tutto per cosa? Per ergersi a tifosi del più bravo? Inutile.
Per gli uni o per gli altri la posizione non cambierà. Per i tifosi di Senna, d’altronde, sono meglio le loro 65. Funziona così e non si può cambiare il parere della gente. Oggi Lewis è arrivato a quota 68: a breve, forse già a Monza, saranno 69, andranno a pareggiare anche il record ideale che include Monaco 2012 e continueranno a salire, fino a quando non si sa. È simbolico che il 68 sia uscito a Spa, là dove tutto per Michael è cominciato e proseguito. Esordio, prima vittoria, ultimo titolo, sei vittorie che potevano essere addirittura di più e così via. Se c’è un posto dove era giusto avvenisse il passaggio di consegne, questo non poteva che essere quella che tutti chiamano l’Università. Se c’è un pilota che doveva arrivarci per primo, mi piace pensare che sia colui che sulla sua monoposto ha portato per tante gare quell’hashtag #KeepFightingMichael. Lewis è un personaggio particolare: ho espresso più volte dei dubbi su di lui, sulla sua forza mentale, non mi riconosco nel suo modo di fare ma non riconoscerne i traguardi sportivi sarebbe disonesto. Il record delle Pole è di difficile conquista, e forse quello di Lewis sarà ancora più ostico da raggiungere tra diversi anni, perché è sempre più difficile vedere dei piloti restare per tanti tempo in F1. Una volta terminata l’era degli Alonso, dei Raikkonen, dei Vettel e degli Hamilton, non so quanti altri piloti si dedicheranno più di dieci anni alla massima Formula. I tempi cambiano.
E poi, comunque, ci sono le emozioni. Quando Michael tagliò il traguardo di Suzuka, diciassette anni fa, aveva vinto molto meno di quanto avrebbe conquistato poi. Eppure quel giorno, per me, resta indelebile forse più di quella Spa 2004, con quel settimo alloro finale. Le emozioni, i ricordi, sono indipendenti dai numeri. Guardate negli occhi chi ha vissuto Gilles: sei vittorie che valgono oro, milioni di tifosi che ancora lo identificano alla voce “pilota”. Chiedete a chi ha visto Ayrton, che nei numeri è stato ormai superato da chi è giunto dopo. Per loro, Magic è il migliore di sempre.
Quello che voglio dire è che i numeri identificano i record oggettivi, mentre le emozioni quelli del cuore. Ognuno di noi, in cuor suo, ha il suo pilota, ma alla base di tutto ci deve essere il rispetto per ciò che fanno gli altri. Quindi, tifosi di Lewis, gioite e siate orgogliosi del vostro pilota, perché oggi ha scritto un pezzo di storia della Formula 1.
E fregatevene dei confronti, almeno per oggi.
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