“Abbiamo il piacere di inaugurare su Passione a 300 all’ora il primo blog che riguarda un team ufficiale. È infatti un grande onore ospitare su queste pagine il team Cetilar Villorba Corse, che ci racconterà in esclusiva la sua strada verso la 24 ore di Le Mans 2018 dopo il bel debutto di un anno fa.
Si parte con una prima intervista che potete leggere qui di seguito, realizzata dal nostro Samuele Prosino a Giorgio Sernagiotto, che con Roberto Lacorte ed Andrea Belicchi forma l’equipaggio della Dallara #47 che correrà in classe LMP2. In seguito, lo stesso “Serna” ci guiderà all’interno del box con delle videointerviste ad alcuni membri del team coinvolti nel progetto.
Si tratta di una bella novità per noi ed il nostro sito, con la speranza che sia apprezzata dai nostri lettori. Alessandro“
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Giorgio Sernagiotto è un appassionato di corse, prima ancora che un pilota. E ora che ha raggiunto il desiderio di partecipare non una ma ben due volte alla 24 Ore di Le Mans, può dire di essere nel bel mezzo di un grande cammino. Un cammino che condivide con diverse persone, prima di tutto i compagni di team alla 24 Ore e al campionato European Le Mans Series: Roberto Lacorte e Andrea Belicchi; poi con i ragazzi del Villorba Corse che mettono in pista la Dallara categoria LMP2 che porta le insegne Cetilar. La grandezza di Giorgio? Non ti guarda dall’alto al basso. E forse è per questo che mi ha concesso un po’ di tempo per rispondere a qualche domanda.
Sapevate già di avere un posto riservato tra i partecipanti 2018 alla 24 Ore di Le Mans?
“Quando è arrivato l’annuncio non lo sapevamo ancora. L’ACO non aveva fatto trapelare niente, abbiamo anche provato a chiedere educatamente, ma loro non hanno volto anticiparci niente. Loro vogliono avere insindacabile giudizio, e fanno bene. Inoltre non valutano esclusivamente le performance, ma moltissimi altri fattori, dalla presenza online, dalla capacità di trovare sponsor, dall’interesse che si può sviluppare nella nazione di appartenenza dei vari team. Pensavamo in ogni caso di avere buone opportunità di andare, ma come sempre c’è stato da tremare. Siamo felicissimi ma personalmente mi è venuta una sensazione strana: sono andato a vedere chi hanno escluso ed è davvero gente della madonna, gente tosta: dunque se ci hanno tenuto voleva dire che avevamo qualcosa che li ha convinti. E stavolta lo dico: questa gara sarà più importante della prima volta nel 2017, in tutti i sensi”.
Come credi che la vostra avventura si inserisca nel panorama motoristico italiano?
“Prima di tutto va detto: noi andiamo in pista per passione e non per calcolo. Vogliamo portare l’endurance in Italia e ci teniamo tanto a fare bella figura. Personalmente io considero le prove di durata come le più affascinanti, e credo faccia piacere anche all’ACO avere un team italiano tra le LMP2, unico alla 24 ore. Fa loro piacere perché noi spendiamo molto tempo per raccontare ai fans cosa facciamo, e perché cerchiamo il riscontro del pubblico, sui social e soprattutto sulle piste. Abbiamo smosso un po’ le acque: siamo andati in onda in tv con il film della nostra 24 ore su Sportitalia, e sappiamo che molti l’hanno visto e hanno apprezzato. Abbiamo notato una crescita del movimento attorno alle LMP3 in Italia, e crediamo nel nostro piccolo di aver dato una spinta. Abbiamo attratto sponsor che ci hanno quasi sorpreso per la loro grandezza e importanza, come Tag Heurer, Bardahl, Azimut Investment. Da parte mia ho partecipato a tanti eventi, ho fatto piccoli interventi anche nelle scuole, nei club del Veneto e anche altrove. Avremo anche altre sorprese, ora che sappiamo di poter partecipare nuovamente alla 24 Ore”.
E sui social?
“Crediamo di avere un pubblico di qualità. Raramente ci sono persone che buttano dentro odio, siamo felici di come interagiscono i presenti e sono tutti molto attivi. Ci vogliono bene e questo è molto importante, perché stabiliamo un contatto. Abbiamo scelto la linea dell’essere consapevoli dei nostri limiti: scriviamo sempre quello che è successo, sia nella buona sia nella cattiva giornata. Questo è apprezzato perché ci rende umani e ci avvicina a tutti: in fondo noi siamo persone che hanno realizzato un sogno comune a molti appassionati, ciò quello di correre gare importanti. Quindi è nostro dovere rispettare tutti e far vivere a tutti una parte di quello che noi facciamo in pista. Cerchiamo sempre di sorridere e di non lamentarci per niente, anche per non dimenticare che siamo delle persone fortunate”.
A proposito di social, cosa pensi del fatto che moltissime persone si riversano su Facebook, Twitter e Instagram sputando sentenze su argomenti dei quali sanno poco?
“Le dinamiche dei social a volte faccio fatica a capirle, e per questo a me spaventano. Arrivano appunto persone che non hanno la formazione o un minimo di cultura ma si permettono comunque di giudicare. Come detto noi siamo riconoscenti, siamo persone con i piedi per terra e nessuno ci accusa di essere arroganti o polemici. Tuttavia credo che sulle pagine legate al motorsport si riversino degli appassionati che non sono in realtà tali, ma solamente interessati al fenomeno del momento, come l’halo o le grid girl, o alle solite cose, come nel caso della Ferrari se parliamo degli italiani in generale. Succede ovunque: basta guardare lo scandaloso comportamento che spesso si vede sulle tribune della MotoGP. C’è poi anche un altro discorso da fare: manca la cultura sportiva. Sofia Goggia vince alle Olimpiadi e tutti la portano sul piedistallo, ma non è che prima non vincesse: dove erano tutti? Oppure c’è la caccia alle streghe quando qualcuno non vince o fa un passo falso. Nessuno sportivo è un fenomeno, ci sono degli alti e dei cali, e gli atleti sono persone fragili quanto chiunque altro. Se guardiamo anche ai social di molti atleti, gestiti in modo diverso dai nostri, sembrano sempre tutti perfetti, fighi, motivati. Ma come può capitare a me, capita anche a Lewis Hamilton di avere le palle girate, di non avere voglia di alzarsi la mattina o di fare un errore in pista. Le persone, sui social, al bar e ovunque capiti, dovrebbero comprendere di più questi aspetti”.
Tornando alla gara, è cambiato qualcosa rispetto al 2017? Come vi state preparando?
“In realtà il progetto, nato qualche anno fa grazie all’input di Roberto Lacorte, è nato sotto un unico filo conduttore. Non abbiamo mai stravolto ma abbiamo effettuato delle evoluzioni costanti. Se però guardi dagli inizi con la LMP3 a oggi troviamo in effetti un team profondamente cambiato. E non sono cambiate solo le persone, ma anche la cultura all’interno della squadra. Roberto è rimasto la colonna portante, e i suoi valori si sono riverberati in tutto il team. L’interscambio è riuscito e ora abbiamo una vera squadra, nella quale si rema verso la stessa direzione. Abbiamo spinto un po’ sui nostri problemi, lavorando sulla base dell’esperienza positiva del 2017. Tutti sono contenti del miglioramento di Roberto, che è diventato uno dei migliori piloti tra i bronze, io stesso ho avuto grosse soddisfazioni riguardo al mio passo e ho mantenuto la mia licenza silver, mentre Andrea Belicchi è sempre il nostro riferimento tecnico assoluto, prima di tutto per la costanza nella velocità e per preparazione tecnica. Siamo diventati molto amici, abbiamo confidenza e questo è importante: condividere una macchina è più complicato di quanto sembri. Vanno fatti compromessi per tutto, non solo per la posizione di guida: la messa a punto va trovata a puntino, la gestione gara è da programmare e non possiamo mai permetterci di strafare, forzando gomme e materiale. Nell’endurance ci sono straordinari insegnamenti che per un pilota hanno un valore assoluto, e uno di questi è il rispetto; trattando bene la vettura si dà ai compagni l’opportunità di andare forte e di trovare subito il ritmo, e dentro si ha la soddisfazione di rendersi conto del fatto che si è essenziali per il funzionamento dell’intero team. E non è poco”.
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