Caso Red Bull: questa è Formula Ipocrisia

Autore: Alessandro Secchi
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Pubblicato il 25 Marzo 2013 - 09:30
Tempo di lettura: 10 minuti
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Caso Red Bull: questa è Formula Ipocrisia
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In Formula 1 vince una gara chi arriva primo. Vince un Mondiale chi fa più punti. Entra nell’Olimpo chi dimostra di essere il migliore per anni, per velocità, fame, cattiveria, manovre al limite.

Voglio essere onesto. La gara di ieri mi è piaciuta. Perchè è uno schiaffo alle cazzate che ci vengono propinate come il Drs, il Kers, le gomme che si sfaldano tra i 50 e i 70 chilometri. Avete presente quanto dura una gomma di F1? Sepang Circuit, 5.542 metri, dal sito ufficiale. Ieri ho visto stint da 12 giri. 66 chilometri. Vogliono la riduzione dei costi, limitano i test, e poi chiedono alla Pirelli di produrre una gomma che regga 66 chilometri. Sulla mia macchina sono durate 50.000. E sono costate infinitamente meno. Questa è l’ipocrisia, argomento del quale parlerò a più riprese in questo pezzo.

La gara di ieri è uno schiaffo a tutta questa fuffa artificiale che ci viene propinata in nome dello spettacolo. Cosa c’è, di più spettacolare, di due compagni di squadra che lottano con il coltello tra i denti per la vittoria? 20, 30 sorpassi con l’aletta magica? Neanche 1000. La storia della Formula 1, tra i suoi capitoli, ne conta uno inconfondibile. ‘LA’ lotta tra compagni, Prost contro Senna, Ayrton contro Alain. E’ questo, il sale della Formula 1.

Siamo assuefatti dall’ipocrisia, ci ha avvolti nella sua nuvola. Pensiamo che questi ragazzi siano dei tassisti, tutti rispettosi l’uno dell’altro. Siamo bombardati da queste interviste patinate, preparate, preconfezionate, fotocopiate. Dove ci si attiene al politically correct, dove non bisogna mai dire una parola fuori posto perchè altrimenti gli sponsor che compaiono alle spalle sul pannellone fanno brutta figura, e l’addetto stampa ‘infarta’. E su questo si costruiscono dei rapporti falsi, anche tra compagni di squadra. Tizio dice che Caio è un pilota forte, Caio ringrazia e dice che anche Tizio è fortissimo. Quante palle, suvvìa.

Vettel e Webber non si sono mai piaciuti. Non si sopportano. Due generazioni di differenza. La Red Bull tenta invano di mettere della colla per lunotti tra di loro, che non ne vogliono sapere ma per il bene dell’immagine della Red Bull fanno finta di essere grandi amiconi. Vi ricordate la stretta di mano tra Senna e Prost prima di Suzuka 1990? Ecco…La gara della Turchia nel 2010 è passata da quasi 3 anni, e cosa è cambiato? Niente. Se qualcuno non l’avesse ancora capito, in Malesia finalmente si è smontata questa pantomima ipocrita, appunto, e falsa. In Red Bull i due piloti si stanno, reciprocamente, sulle parti intime. Qualsiasi dichiarazione di stima reciproca rilasceranno in futuro, la verità sacrosanta è questa.

Ed è inutile che Adrian Newey tenti di spiegarsi con la moglie di Webber e poco prima si metta le mani tra i capelli che non ha, o che Horner si mostri spaesato di fronte ad un’insubordinazione da parte di chi gli ha portato in casa tre mondiali. Perchè se loro sono al muretto e gli ordini di scuderia sono ormai stati legalizzati, sarebbe bastato veramente poco per far rientrare il caso diplomatico prima che scoppiasse. Sarebbe bastato un semplice messaggio, chiaro e tondo, sulla falsa riga di quello che Ross Brawn ha fatto ricevere a Rosberg. Bastava semplicemente dire “Seb, lascia la posizione a Mark. Grazie”. Invece si è giocato sulla storia delle mappature, del non tirare troppo, del risparmiare il motore. Ma io, questo ordine chiaro, in Tv non l’ho ascoltato e, alla fine, nessuno ha mosso un dito su un pulsante della radio.

E’ inutile anche che Vettel si scusi e faccia il dispiaciuto con una dichiarazione strappalacrime, perchè “non voleva non rispettare gli ordini”. E chi era seduto in macchina, mia nonna? Sarebbe stato molto più onesto e sincero nel dire che la squadra aveva rischiato di rovinargli la gara con quella sosta super anticipata ad inizio gara, che Webber ne aveva tratto vantaggio indirettamente e che sentiva di dover riequilibrare le cose. Sebastian, poche scuse. Quel sorpasso è stato cercato e voluto per un giro e mezzo (e che azione, tra l’altro). Il dito alzato sotto la bandiera a scacchi non era in paresi, ma era altrettanto voluto, così come la gioia appena fuori dalla macchina e il dito medio che Webber ti ha dedicato subito dopo il sorpasso.

webber_dito_medio

E, se i tuoi capi sono poco chiari nei tuoi confronti, hai tutto il diritto di comportarti così. Perchè signori, non facciamo gli ipocriti anche noi. Questi ragazzi vivono per correre a trecento all’ora. Noi non sappiamo cosa passa loro per la testa quando abbassano la visiera. Io, nel mio piccolissimo, quando vado sui kart e replico quel gesto, quel chiudermi nel mio mondo, non vedo più i miei migliori amici davanti e dietro di me. Vedo dei birilli. Da superare, non importa se a destra, sinistra, sopra o sotto. Me ne devo liberare. Immaginate un Campione del Mondo di F1, cosa potrebbe avere in testa. Cos’è uno pseudo ordine di scuderia di fronte alla vittoria, l’obiettivo di qualsiasi pilota? Se poi i tuoi capi non cercano di rimediare quando il danno è fatto, in un certo senso vuol dire che va bene così anche a loro. E quindi sono inutili anche le ramanzine prima del podio e tutta quella serie di atteggiamenti volti a cercare di scaricare il barile sul pilota e passare per i Ponzio Pilato della situazione.

Mi direte “eh, ma c’erano degli accordi. Rosberg è restato da parte, Webber si è più volte sacrificato per Vettel, Barrichello lo faceva ai tempi di Schumacher, Massa si fa sostituire il cambio pur di far partire davanti Alonso”. Beh, sapere cosa vi dico? Che se Rosberg, Webber, Barrichello e Massa non hanno vinto niente è anche perchè a loro manca la stronzaggine innata del Campione. Perchè, signori, mettiamo al posto delle due Red Bull le due Ferrari, e immaginiamo Alonso che effettua la stessa manovra di Vettel ai danni di Massa. Immaginatevi cosa si sarebbe detto. Io, e ci metto la mano sul fuoco, suppongo che sarebbe stata esaltata la remuntada dello spagnolo e il sorpasso sarebbe stato dichiarato assolutamente giustificato in ottica mondiale. Che Felipe avrebbe capito per il bene della squadra e non avrebbe dovuto lamentarsi. Non siamo ipocriti, pensiamoci. Quando in Cina, nel 2010, Fernando ha spinto Felipe nella sabbia superandolo nella corsia di rientro ai box, nessuno si è scandalizzato. E allora che non ci si scandalizzi mai. Non facciamolo in base al colore della vettura.

Ipocrisia è poi quella di Fernando, che cita la sfortuna, la luna storta, Vettel che frena (chi tampona ha ragione, sapevate?), la nonna che tirava la pasta, ma mai una volta che ammetta di aver fatto una vaccata. Sempre colpa degli altri. Domenicali, incazzato nero, dice “questo è un errore che non ci si poteva permettere”. . Bene, ma chi era al muretto al giro 1? Un minuto e mezzo di tempo, con i meccanici che escono al volo preparandosi al cambio di muso, e Alonso che rimane dentro? Ma quindi si può sapere chi comanda in Ferrari, chi ha deciso cosa? Perchè sentito Domenicali e sentite le scuse strampalate di Fernando (“il danno non sembrava così grande”, meno male), pare che il colpo di testa sia partito proprio dallo spagnolo. Ma anche qui, caro Team Principal, con 14 monitor full hd non sarebbe bastato chiamare Fernando e dirgli “rientra assolutamente”? Ci vogliono cinque-secondi-cinque. Quindi è colpa anche tua. Eppure anni fa queste cose non succedevano.

E’ ipocrisia anche quella di Hamilton, che ringrazia Rosberg per non averlo superato e per aver contribuito ad un bel risultato di squadra, e gli promette che restituirà il favore in futuro. Certo, tutte belle parole, ma intanto si gode il podio alla faccia sua. E sono sicuro che la prossima volta sarà identica. Nico, che tenerezza. Chiedere di avere via libera dopo 3 anni che sei lì, pensando di aver acquisito lo status di prima guida una volta liberato di Schumi, e sentirti dire anche di no. Chissà se ha capito il messaggio..

Insomma, tutti giocano allo scarica barile, con frasi lasciate a metà, tipo “dobbiamo vedere, dobbiamo parlare, dobbiamo valutare”, e noi come degli allocchi che stiamo qui ad ascoltarli e cercare di interpretare e filtrare ciò che in realtà è già stato filtrato prima di essere spedito via etere. E’ come ordinare un hamburger e vedersi recapitare solo l’ultima goccia di ketchup.

E poi? E poi ci sono le vittime. I vari Barrichello, Massa, Webber. Seconde guide che subiscono anni di soprusi, ingiustizie, angherie di qualsiasi tipo da parte dei super protetti compagni di squadra. Barrichello dopo anni denuncia i favoritismi verso Schumacher, Webber s’incazza ogni volta che non lo fanno vincere, Massa si sente dire “Fernando è più veloce di te, hai capito il messaggio?”. Parliamone: Barrichello è stato in Ferrari 6 stagioni, dal 2000 al 2005. Felipe è in Ferrari dal 2006, ma è squadra con Fernando dal 2010. Questa è la quarta stagione. Webber è in Red Bull dal 2007, ed è con Vettel dal 2009. Quinta stagione, questa. Vorrei porre una domanda, alla luce di queste permanenze, a questi tre piloti. Perchè, invece di lamentarsi del mobbing aziendale, non sono andati a cercare fortuna altrove non appena capita la situazione? Perchè non si sono trovati una squadra che garantisse loro il ruolo di prima guida indiscussa? Forse perchè altre squadre disposte ad assumerli non ce n’erano? O perchè a loro andava comunque bene rimanere in una squadra di prima fascia? Quindi cosa c’è di ipocrita, in tutto questo? Il non rispettare un ordine mal impartito per vincere, o lamentarsi ripetutamente di un atteggiamento che si accetta e si sottoscrive con una firma ogni fine anno? Perchè sbattere le borracce, mostrare i diti medi in full hd, e non reagire come farebbe un grande Campione? Semplice, perchè non lo si è.

Insomma, signori. Non facciamoci ingannare dalle apparenze. L’ipocrisia in Formula 1 regna sovrana. E’ quasi in carne ed ossa, e si aggira ovunque. Possiamo prendere le dichiarazioni di chiunque e vederle stravolte a distanza di poco tempo. Poi è abbastanza ovvio che umanamente spiaccia per Webber, per Massa, per Barrichello, per Rosberg, che a volte meriterebbero di più ma restano a bocca asciutta. Ma non si chiamerebbe Formula 1, se non fosse vigente la legge del più forte (o del più stronzo, vedete voi).

A proposito di Barrichello: ieri si è parlato di manovra super pericolosa di Vettel, perchè si è infilato a destra quando aveva tutta la sinistra a disposizione. Mi torna alla mente un episodio analogo, datato 2010, proprio con Barrrichello. Eppure, lì, la colpa la diedero a qualcun’altro. Segno che a volte i giudizi cambiano in base a chi è al volante.

Parentesi a parte. Sapete cosa vi dico, in tutta onestà? Che i Campioni, i veri Campioni, secondo me si distinguono anche in queste occasioni. Io credo che al posto di Vettel sia Hamilton, sia Alonso, sia Schumacher, sia Senna, sia Prost e via dicendo, si sarebbero comportati nello stesso modo. Perchè il fine giustifica i mezzi, perchè il secondo è il primo dei perdenti, perchè in Formula 1 conta vincere. E solo i grandi Campioni possono permettersi di vincere anche suscitando scalpore e polemiche. Mentre, se si è disposti ad arrivare sempre secondi, se non ci si ribella mai, se si aspetta invano il proprio turno, se si piagnucola col team perchè da soli non si è in grado di riconquistare ciò che è stato ingiustamente (?) tolto beh, si è automaticamente al di là del cancello che separa i miti dai mestieranti. Ci vorrebbe anche un po’ di consapevolezza.

Detto questo, in tutto questo mare di ipocrisia che ha avvolto Sepang, una goccia di sincerità vera l’ho vista. Quando Hamilton si è fermato al box Mclaren, in un lapsus che sa romanticamente di amore per quello che è stato per sei anni. Peccato che, anche questa piccola goccia, sia stata involontaria. Ma per quanto tale, ha mostrato molta più sincerità di tutte le parole sentite e lette dal dopo gara in poi.

Parole dette e scritte che valgono tutto e niente. Perchè la gara l’ha vinta Sebastian Vettel. E, alla fine dell’anno, questo è quello che conta veramente.

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