Non ho scritto volutamente una Pillola su di lui, perchè preferivo allargare il discorso.
La Pillola, però, come altri la scriverebbero, ve la propongo io. Come si sente da tempo e per altro tempo si sentirà: “Sebastian Vettel. 25 anni, tre titoli Mondiali consecutivi di Formula 1. Il pilota più fortunato della Storia.”
No, signori. Qui non ci siamo.
Io capisco e comprendo lo scoramento e la delusione per l’ennesima stagione della Ferrari che si chiude in malo modo. Sono solidale con un popolo, quello Ferrarista, che non vede il Titolo dal 2007, da quando il tanto bistrattato Raikkonen schizzò fuori dal panino Mclaren formato da Hamilton e dallo stesso Alonso.
Però, signori, adesso Sebastian Vettel merita delle scuse.
Perchè, pur di alimentare la leggenda del pilota più fortunato dell’ultimo decennio, è stata volontariamente archiviata nel dimenticatoio la stagione 2008, quando Vettel oltre ad essere simpatico ai Ferraristi stessi, correva per la Toro Rosso.
In quella stagione collezionò 35 punti. Una miseria? No signori, 35 punti con il vecchio punteggio, il 10/8/6/5/4/3/2/1 (che io, tra l’altro, rimpiango ancora). Punteggio che, paragonato a quello attuale, vorrebbe dire qualcosa come 85/86 punti. Poco meno di quanto fatto da Rosberg in questa stagione (93), più di quanto fatto da Perez (66).
Vergne e Ricciardo, i due piloti attuali, ne hanno collezionati 26 in due.
Alguersuari e Buemi, 41 in due nel 2011, 13 nel 2010, 8 nel 2009 (2 furono di Bourdais, tra l’altro, prima di essere sostituito dallo spagnolo).
Nel 2008, Sebastian Vettel con la Toro Rosso ottiene una vittoria, la sua prima, a Monza. Dopo la Pole conquistata il giorno prima. Arriva quarto ad Interlagos. Quinto a Montecarlo, Spa e Singapore. Sesto a Suzuka e Valencia. Ottavo a Montreal e Hockenheim. Ripeto, con una Toro Rosso.
E, questo, se lo sono dimenticati tutti non appena ha iniziato a vincere a ripetizione.
Nel 2009 giunge a 11 punti da Jenson Button, con 2 ritiri in più.
Ma è nel 2010 che l’aurea di eterno Gastone gli avvolge le terga. Vince il Titolo all’ultima gara, ad Abu Dhabi, quando la Ferrari è data per sicura vincente già dal sabato. La Red Bull diventa incredibilmente un’auto imbattibile. Nessuno si accorge, però, che i problemi di affidabilità della stessa Red Bull sottraggono per lo meno una settantina di punti a Vettel, per ritiri vari mentre è in testa o nelle prime posizioni. Ma lui è fortunato lo stesso.
Il 2011 è l’esplosione. Vettel domina in lungo e in largo, ricorda le stagioni 2002/2004 di Schumacher. Oltre al consueto “vince perchè ha la macchina migliore”, si aggiunge il “vorrei vederlo con una macchina inferiore” (la Toro Rosso continua a non ricordarsela nessuno, nel frattempo, ma questo è un dettaglio).
Inizia il 2012. La Red Bull parte male. “Ecco, visto? Hanno levato le furbate di Newey agli scarichi e Vettel è tornato un brocco”. Va in testa la Mclaren, poi si vede la Ferrari. Ad Aprile l’acuto di Seb in Bahrain. Capita nel periodo in cui anche la HRT rischia di vincere un GP, cioè quando nessuno ancora ha capito come funzionino le Pirelli. Vince anche una Mercedes, parliamone.
Fatto sta che Seb è etichettato come quello che “con la macchina che non va non sa fare niente”. Concetto che, tra l’altro, mi pare applicabile pressochè a tutti.
Intanto, comunque, Sebastian raccoglie man mano i suoi punticini. Si piazza: quarto, sesto, quarto e giù di lì. A Valencia ha l’occasione per stampare un 25 in casella, ma l’alternatore della Red Bull lo lascia a piedi. 25 –> 0. Vince Alonso, si porta in testa, arriva ad avere 40 punti di vantaggio sul secondo. In estate cresce la Mclaren, tutti danno per scontato che recupereranno. Seb pare fuori dai giochi quando, a Monza, rimane ancora fermo per l’alternatore. Pare finita.
Invece accade l’inaspettato. Quattro gare di fila vinte. Singapore, Suzuka, Corea, India. 100 punti in quattro gare e Seb torna al comando. Il colpo inferto è pazzesco. Torna a galla il famoso, arcinoto “eh, come al solito vince solo grazie alla macchina, vorrei vederlo se dovesse lottare a centro gruppo, visto che non sa sorpassare”.
Abu Dhabi. Vettel si qualifica terzo, ma viene retrocesso per l’assenza di benzina sufficiente per i controlli post-qualifiche. Parte ultimo. “Eh, visto? Tentano anche di barare”. Parte dalla Pitlane. Recupera fino a centro gruppo, in regime di Safety Car va a sbattere contro un cartello del DRS e rovina l’ala anteriore, già malconcia per una toccata precedente. Riparte ultimo, ancora. Arriva terzo, con una rimonta pazzesca e un sorpasso finale a Button degno di uno che non fa calcoli. Le certezze di chi pensa che non sappia superare vacillano.
Austin. Ottiene la Pole ma Hamilton è un’ira di Dio in gara. Lo pressa, lo spinge, gli soffia sul collo. Alla prima indecisione su un doppiaggio, Lewis passa. Seb non ci sta, cerca di stargli dietro, non si vuole accontentare del secondo posto ma la Red Bull, sul dritto, va in retromarcia. Niente da fare. Giunge secondo e se la prende non poco. Non sono punti guadagnati ma un’occasione sprecata.
Interlagos. La situazione per la Ferrari è disperata. Ci si appella alla pioggia. All’alternatore. Agli incidenti “che possono sempre capitare”, come ci ha ricordato Domenicali per tre mesi, e a tutto quello che può separare Vettel dal titolo Mondiale. Ci si appella anche ai suoi problemi quando si trova nel gruppone, alle difficoltà nel superare. Insomma, si gufa per una settimana intera.
Sebastian parte male, al primo giro Bruno Senna lo tocca e lo spedisce all’ultimo posto. Macchina danneggiata, lui va avanti. Si esulta. Ecco l’incidente, è fatta. Inizia a piovere. Ecco la pioggia, l’amica della Ferrari e di Alonso. Strada spianata.
Palle.
Mi si chiede perchè gli ho ‘regalato’ il 10 in Pagella.
Con la pioggia, che doveva essere sua nemica, le gomme da asciutto e una Red Bull squarciata, Vettel si ritrova dopo pochi giri in zona punti dopo essere ripartito dalla 22a posizione. Proprio lui, quello che non sa sorpassare. Poi si rompe la radio. Lui sente ma non lo sentono. Arriva anche una sosta doppia. Gli montano le medie proprio mentre stanno iniziando a scendere secchiate d’acqua. Lo richiamano dopo pochi giri e la scena è simile a quella di Irvine nel 1999. Non si trovano le intermedie da montare. Sosta di 11 secondi, forse più. Ritorna in fondo e ricomincia a recuperare. Davanti lottano, Hamilton viene centrato da Hulkenberg che viene penalizzato, Button va in solitaria, Alonso recupera posizioni per il ritiro di Lewis e il DT di Nico. Seb torna su, rientra in zona punti.
Si mette in settima posizione mentre Alonso è secondo. Non contento va a prendere anche Schumi, più lento, e lo passa. Sesto, tranquillo verso il Titolo.
Di Resta annulla la suspance dell’ultimo giro, schiantandosi e regalando a Maylander il giro finale. Vettel è Campione del Mondo per la terza volta di fila. Nonostante la pioggia, chiamata a gran voce. Nonostante l’incidente, puntualmente arrivato. Nonostante abbia dovuto recuperare posizioni su posizioni, cosa che non doveva succedere, secondo alcuni. Se non è un 10 questo..
Sebastian Vettel è il pilota più giovane della Storia ad aver vinto tre titoli Mondiali, a soli 25 anni. E’ l’unico, assieme a Fangio e Schumi, ad averlo fatto consecutivamente. Se c’è ancora qualcuno, dopo Abu Dhabi e Interlagos, che ha ancora dubbi sulle capacità di questo ragazzo (oltre a non ricordare il 2008), il problema diventa di fondo. Bisogna andare a ricercare sentimenti come l’invidia, la rabbia, l’odio sportivo.
E’ difficile ammettere che qualcuno è stato più forte di noi. E quando questo accade o sta per accadere, piuttosto che rimboccarsi le maniche si propende a chiamare a sè agenti esterni, invocare la sfortuna, il fato, il merito, la cabala. A gufare, perchè non rimane altro da fare.
Mansell, nel 1992, guidava un’astronave. Nessuno ha messo in dubbio le sue capacità sebbene abbia vinto solo quel Titolo.
Ecco, quindi, la Pillola su Vettel:
“Invocano gli incidenti. E l’incidente arriva. Invocano la pioggia. E la pioggia arriva. Invocano altri problemi. Si rompe la radio, corre con il fondo sinistro a pezzi per tutta la gara. Eppure “Gastone” Vettel arriva comunque a punti e porta a casa il Mondiale. Alla faccia dei gufi, degli incidenti, della pioggia. Invocare la sfiga altrui è un diritto nel momento in cui vale tutto per vincere. Girare la sfiga a proprio favore e trasformarla in forza è potere solo di pochi. Forse è il caso di smetterla di gufare, e pensare a lavorare. Prima o poi, paga sempre.”
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