Il venticinquesimo anniversario del primo titolo di Schumi sarà accompagnato, come ogni anno, dalla solita manfrina del mondiale rubato, della sportellata a Damon Hill e via dicendo. Allora anticipo l’argomento con una proposta: annulliamo il mondiale 1994. Cancelliamolo dall’albo, facciamolo sparire in un buco nero e non parliamone più.
Anzi, parliamone giusto l’ultima volta – almeno per quanto mi riguarda – prima di chiudere a doppia mandata questo discorso che, anno dopo anno, aumenta le proporzioni del ridicolo. Perché più passano gli anni più leggo un accanimento nei confronti di Adelaide che mi lascia sempre senza parole. Più che altro sono le motivazioni, spesso patetiche, che turbano. Leggi in giro e pare che l’unico stronzo in 70 anni di Formula 1 sia stato il crucco malefico.
Sono consapevole che, in questa fase, è molto facile attaccarmi visto quello che è stato per me Michael: sinceramente mi importa zero, come da circa nove anni e mezzo a questa parte, di quello che scaturisce dai miei scritti. Come sono abituato a fare allego motivazioni a quello che scrivo e, quindi, poco mi tange se c’è chi non vuole leggere o capire per convenienza.
Come ho sempre rammentato, ritengo nello specifico peggiore la giornata di Jerez a quella di Adelaide per diversi motivi: primo tra tutti una vera, ripeto vera, sportellata. Inutile, non necessaria, perché tanto Jacques sarebbe passato ugualmente con il ritmo che aveva legittimando il titolo. Anzi, ci sono replay dai quali viene da pensare che la Williams sarebbe anche andata lunga senza la toccata. Ma, tempo perso o meno, alla fine il mondiale sarebbe stato del figlio di Gilles, ne sono strasicuro. Michael con quella cazzata ci ha rimesso due volte, la prima in pista e la seconda nella reputazione, rovinando a livello di immagine l’anno in cui è stato più forte in assoluto – per me – con una macchina che valeva meno – e credo non poco – della FW19.
Torniamo ad Adelaide. Nelle critiche a quell’incidente, più che l’incidente in sé, ho sempre creduto che pesi l’assenza di Ayrton. Quel mondiale, per l’opinione pubblica, per il paddock, per quasi tutti, non doveva essere di nessuno tranne che del brasiliano. E, con la sua scomparsa, non poteva certo andare a chi si era incanalato nella fila della successione al ruolo di protagonista dello Sport, quell’arrogante giovincello che si era permesso di vincere le prime due gare in faccia a lui.
Atteggiamento anche comprensibile, tutto sommato, da parte però dei sennisti più incalliti. Ma fa sorridere, dopo 25 anni, il fatto che proprio ad Ayrton un’azione quasi omicida come quella di Suzuka ‘90 (visto il torto dell’89 avrei fatto lo stesso, sia chiaro…) venga fatta passare in cavalleria in quanto vendetta sacrosanta per i fatti dell’anno prima. Solo e soltanto perché Senna non è più con noi. Cosa dovrei pensare di fronte a tutta questa clemenza, che la morte è utile a perdonare? Dovrei quindi aspettarmi che, una volta passato a miglior vita, “le porcate” e tutto il vomitare addosso alla carriera di Schumi subirà una piega diversa, più cordiale e rispettosa? Credo non sia una gran forma di rispetto quella di diventare più buoni solo dopo un funerale. In fondo sono sicuro che sarà così, anche se fortunatamente tutto quello che si è detto e scritto in questi anni resta; ci vuole davvero poco a ripescare testi, interviste, dichiarazioni nelle quali il pre ed il post morte sono trattati in modo semplicemente diverso, perché fino a quando si è vivi ci si può comportare in un modo e quando si è morti le cose cambiano per tutti.
Dopo 25 anni Schumacher è ancora quello che ha rubato un mondiale, vinto con la macchina migliore di tutte (anche nel 2000 e 2003?) e corso una carriera senza avversari. Poi vai a vedere la gente contro cui si è trovato in pista e trovi nell’ordine: Alain Prost (4 mondiali), Nigel Mansell (1), Nelson Piquet (3), Ayrton Senna (3), i figli d’arte Jacques Villeneuve, Damon Hill e Nico Rosberg (1 a testa), Mika Hakkinen (2), Kimi Raikkonen (1), Fernando Alonso (2), Jenson Button (1), Sebastian Vettel (4), Lewis Hamilton (6). Ve lo faccio io il conto dei mondiali vinti complessivamente da questi signori: sono trenta.
A parti invertite dell’incidente di Adelaide si parlerebbe molto meno. Perché se l’avesse vinto Damon Hill, quel maledetto mondiale, avrebbe semplicemente vendicato la morte di Ayrton impedendo un’ingiuria sportiva, pluridocumentata con la storia dell’illegalità della Benetton B194; solo lei, ovviamente, tutto il resto si può mettere sotto la sabbia. A parti invertite Schumacher sarebbe stato considerato un pollo per aver tentato un sorpasso essendo mezza macchina indietro, con una decina di metri di inchiodata sull’asfalto che parla e dice “cazzo, non ce la faccio”. E, questo, ai tempi in cui non esistevano le regolette del “se il baffo dell’ala anteriore è all’altezza delle ruote posteriori, chi è davanti deve farsi brillare in aria”.
E poi, insomma, arrivo alla madre di tutte le patetiche ramanzine da moralizzatori delle Iene. Vogliamo tutti le lotte in pista con il coltello tra i denti ma poi facciamo gli accusatori solo di chi ci sta sulle palle. La Formula 1 è diventata famosa nel mondo anche per questi episodi. Senna e Prost senza la double di Suzuka sono inimmaginabili: eppure quegli scontri ci sono stati, sono stati clamorosi ma nessuno viene accusato di essere la peggio feccia da trent’anni a questa parte come succede con Schumacher.
Chi di voi si sarebbe spostato lasciando la strada aperta a Damon Hill in quel frangente? Chi si sarebbe coperto di ridicolo dicendo all’avvesario “prego, si accomodi?”. Chi, dopo una scalata fatta di sacrifici per arrivare all’apice del motorsport partendo dal nulla, avrebbe aperto la porta invece di chiuderla? Tutti? Davvero? Volete prendermi così per idiota?
Allora ve la do io una risposta. Anzi, ancora meglio: ve la dà direttamente Damon Hill, il diretto interessato di quel giorno. Nell’intervista per il 50° compleanno di Michael ha detto questo, sorridendo: “In his position what would I have done? I don’t know”. Traducetela, che Google Translate ormai è un must. I don’t know.
Cancellatelo, quel titolo, ritiratelo. Oppure assegnatelo a Damon, datelo honoris causa ad Ayrton. A me andrebbe più che bene qualsiasi cosa, perché più che i numeri conta cosa si lascia. Sette, sei, due? Chi se ne frega. Se togliere il nome Schumacher dall’albo del 1994 potesse servire a levare un po’ di ipocrisia e finto perbenisimo a chi da quel giorno schiuma rabbia sarebbe oro colato. Anche se sono sicuro che molti dei detrattori avrebbero pagato un rene per essere lì, in quel momento, a giocarsi il mondiale di Formula 1. Per lasciare la porta aperta a Damon, ovviamente.
I don’t know.
Immagine: Reddit
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