Campioni per sempre | Jim Clark, “Big Jim”

Campioni per Sempre
Tempo di lettura: 6 minuti
di Giacomo Maltinti
13 Gennaio 2017 - 09:30

Clark è stato indiscutibilmente una delle leggende di questo sport. Gli anni Sessanta sono segnati dal dominio di questo pilota scozzese che forma con la Lotus di Colin Chapman un binomio difficilmente battibile e lo stesso accoppiamento Clark-Lotus a decenni di distanza rievoca fedeltà, coraggio, velocità e successo.

Difficile descrivere Jim Clark come pilota, era praticamente perfetto: velocissimo in qualifica e re delle pole position (il suo record verrà superato solo vent’anni dopo da Ayrton Senna), spettacolare sotto la pioggia, eclettico e vincente in ogni serie, tecnicamente abilissimo nel preparare la propria macchina al meglio, intelligente nel capire che l’evoluzione della Formula 1 avrebbe richiesto una sempre maggiore forza fisica.

La sua carriera inizia a livello nazionale nel 1958 in gare rally e in salita contro il volere della sua famiglia; è da subito vincente con diciotto vittorie nel primo anno e 49 su 106 gare nel secondo con le vetture sport. L’abilità di Clark è evidente e il primo ad accorgersene, seppur da avversario, è Colin Chapman che propone così un volante delle sue macchine di Formula Junior all’unico figlio maschio di una ricca famiglia di agricoltori. Jim partecipa, come molti suoi colleghi del tempo, alle gare più disparate e nel 1959 finisce secondo nella sua classe a Le Mans.

Nel 1960, Clark debutta in Formula 1 e vince due campionati inglesi di Formula Junior. Il debutto iridato arriva nel Gran Premio d’Olanda e alla seconda gara prende i primi punti (come faranno anche Ayrton Senna e Michael Schumacher) sul circuito di Spa in un triste gran premio che vedrà la morte di Bristow e Stacey; si ripete nel successivo appuntamento in Francia con un nuovo quinto posto e in Portogallo coglierà il primo podio con uno splendido terzo posto.

La parabola di Jim è in ascesa, la sua crescita continua e l’anno successivo lo vede, confermatissimo nella sua Lotus, arrivare due volte terzo e una al quarto posto nel Campionato del Mondo mentre negli appuntamenti extra campionato Clark vince quattro gare.

Il 1962 vede arrivare la prima vittoria a Spa (partendo dodicesimo!) cui seguiranno quella in casa ad Aintree e a Watkins Glen. Aldilà dei meri risultati che lo vedono secondo nel mondiale, perso solo all’ultima corsa, per un ritiro in Sud Africa mentre stava dominando, alle vittorie seguono le imprese che sfumano verso la leggenda: con la Lotus 25, la prima vettura con telaio monoscocca, in Germania recupera quaranta secondi in otto giri, in una gara non iridata curva facendo alzare appositamente le ruote interne.

Nel 1963 non ce n’è per nessuno, Jim vince il 70% delle corse in programma, si laurea campione del mondo e partecipa anche alla 500 miglia di Indianapolis ottenendo un sorprendente secondo posto da debuttante. Il piazzamento d’onore sta anche stretto allo scozzese, penalizzato da un’applicazione del regolamento abbastanza permissiva nei confronti del vincitore e pilota di casa, Parnelli Jones.

Per cercare di giudicare complessivamente la carriera di un campione del mondo, è utile comunque non soltanto focalizzare gli anni delle vittorie quanto piuttosto, se non soprattutto, quelli delle sconfitte. Perché possono esistere delle sconfitte gloriose e che lasciano il segno del campione. Questo è il caso del campionato 1964: è un anno strano in cui inizialmente sembra che la lotta per il titolo sia un affare privato tra il campione uscente e Graham Hill. I due si scambiano nel ruolo di leader provvisorio di classifica ma alla fine dell’anno a laurearsi campione sarà John Surtees, pilota della Ferrari. All’ultima gara in Messico infatti, il pilota inglese approfitta di una toccata tra Bandini a Hill che mette di fatto fuori gioco Graham e della rottura del motore di Clark a un giro dalla fine con lo scozzese saldamente in testa. La Ferrari a quel punto ordina lo scambio di posizioni tra Bandini e Surtees, consegnando al suo pilota il titolo iridato. Nonostante la beffa Clark ha guidato benissimo e se a metà anno aveva un carniere di tutto rispetto, nelle ultime cinque gare ha racimolato appena due punti a causa dei tanti guai meccanici che lo hanno afflitto. Nessuno ha dubbi su di lui che si rende protagonista di gare incredibili come a Monaco quando, per la rottura della barra, adatta il suo stile di guida alle condizioni della macchina ottenendo un inaspettato quarto posto. Perde anche la gara di Indianapolis per la rottura del mozzo.

Il 1965 è l’anno della rivincita, Jim vince il suo secondo titolo ottenendo sei vittorie consecutive e uguagliando Ascari. Il dominio è tale che vince il titolo di fatto il primo agosto: per il campionato valgono i sei migliori risultati e lui nelle prime sette gare ha vinto sei volte! Aldilà delle vittorie, continuano gli episodi leggendari come quando a Silverstone vince spegnendo il motore durante le curve a destra per non perdere ulteriormente la pressione dell’olio già in calo. Per completare un anno unico Clark vince anche ad Indianapolis a 242 Km orari di media.

Nei due anni successivi non può nulla perchè la sua Lotus è troppo inferiore a Brabham e Ferrari ma vince cinque corse, di cui una al Glen nel 1967 con una sospensione danneggiata. Tenta anche di adattarsi ai nuovi regolamenti che introducono le monoposto con 3 litri di cilindrata e aumenta la massa muscolare di collo e braccia. Il 1967 finisce con due vittorie consecutive per Jim che con la Lotus si candida a protagonista per l’anno successivo e infatti in Sudafrica Clark vince il primo giorno dell’anno la prima gara del nuovo campionato.

Ma il 7 aprile a Hockenheim arriva la tragedia. Al 5° giro della prima manche del campionato Europeo di Formula 2, Clark esce di pista per cause mai chiarite del tutto e perde la vita nell’impatto con un albero. L’eco è enorme, Chapman distrutto per la perdita di un amico con cui bastava un cenno del capo per capire quale modifica apportare. Il dolore è enorme perchè Clark avrebbe lasciato a breve le corse: aveva raggiunto il massimo, viaggiava con un aereo personale, conquistato due titoli mondiali, la 500 miglia di Indianapolis, 33 pole position, dimostrato di essere il migliore, vinto 88 gare con la Lotus nelle varie formule, lasciando, come spesso, agli altri solo il secondo posto. La beffa è ancora maggiore perchè Jim non sarebbe nemmeno dovuto essere in Germania quel giorno. Era atteso alla 1000 Km per vetture sport a Brands Hatch ma avendo ricevuto solo un invito verbale e non scritto chiamò Chapman per dare la propria disponibilità a correre a Hockenheim. Ci lascia così uno dei più grandi piloti di tutti i tempi.

Immagine: internet (per segnalare il copyright: info@passionea300allora.it)

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