Bottas e Pérez: la solitudine dei numeri 2

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
12 Ottobre 2021 - 08:30
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Ci si aspettava l’ennesima lotta tra Verstappen e Hamilton con l’inglese in rimonta e l’olandese in fuga verso i 25 punti. Alla fine, però, ad Istanbul i nomi da segnare sono quelli di Valtteri Bottas e Sergio Pérez.

Il finlandese era dato per spacciato ancor prima del via. La pista imprevedibilmente umida e Verstappen al suo fianco erano due motivi granitici per pensare che Valtteri sarebbe resistito poco alla pressione dell’olandese, in cerca spasmodica di punti dopo un’estate sanguinosa. Invece, contro ogni pronostico e con un moto d’orgoglio che in realtà resiste da circa un mese, dal GP d’Italia, Bottas ha ribaltato il tavolo, al via se n’è andato e nessuno l’ha più visto. Solo Charles Leclerc, nei giri confusionari della decisione tra rientrare o rischiare il tutto per tutto restando in pista, ha avuto che fare con la Mercedes #77 prima di lasciarle nuovamente la prima posizione.

Sarà un caso, ma dall’annuncio del passaggio in Alfa Romeo sembra che Valtteri si sia tolto un peso enorme: forse è proprio così. Correre cinque anni con, dall’altra parte del box, il pilota che nello stesso periodo ha scalato, conquistato e riscritto le classifiche della Formula 1 non sarebbe stato facile per nessuno. E, quando hai la monoposto più forte della storia, la voglia di farcela, di portare a casa almeno un titolo è forte, fortissima; rendersi conto di non essere allo stesso livello di chi ti affianca e, ad un certo punto, doverti anche mettere a disposizione in tutti i modi (e ne abbiamo visti) dev’essere invece terribile, professionalmente ed umanamente. Certo, corri sempre per un team che ti permette di portare a casa delle pole e delle vittorie – quando l’altro è impossibilitato, rarissimo – ma sapere di non poter arrivare a quel traguardo lì, quello che si sogna da sempre e per sempre, non dev’essere il massimo. E qui, facendo un passo indietro, ripenso a Nico Rosberg e alla grandezza – psicologica soprattutto – di quel titolo nel 2016.

Paradossalmente, ora che Bottas sa di andare via, ha estratto dal cilindro una delle gare migliori della sua carriera e non era assolutamente scontato. Dopo aver azzeccato la strategia a Sochi ed aver rimontato fino al podio a Monza (dopo essere stato spedito indietro in griglia in entrambe le occasioni), ad Istanbul ha corso come ci si aspetterebbe da Hamilton, andando via a Verstappen in partenza senza mai essere impensierito, oltretutto sul bagnato. Condizione che, proprio un anno fa su questa pista, l’aveva reso protagonista di una miriade di testacoda utili per meme e prese in giro nei consueti posti.

Quando la testa gira c’è anche il resto. Il 2022, con un ruolo diverso e più di fiducia, ci restituirà un altro Bottas. Se migliore o peggiore, lo scopriremo.


Sul gradino più basso del podio c’è la Red Bull che ha lottato con le unghie e con i denti. Non quella di Max Verstappen, secondo “a passeggio” e con l’assoluto obbligo di portare casa punti senza complicarsi la vita, ma quella di Sergio Pérez. Per la prima volta Checo ha fatto esattamente quanto Red Bull si attendeva da lui, ovvero una manovra di disturbo nei confronti di Hamilton per proteggere Verstappen. E ci è riuscito, eccome.

La gara di Pérez è tutta in quella resistenza con controsorpasso che ha vietato a Hamilton di proseguire nella sua rincorsa verso le posizioni più avanzate. Una difesa complicata dalla consueta manovra intimidatoria di Lewis, che lo porta all’esterno come è solito fare (come a Monza, ma il regolamento letto al contrario va ormai di moda…) costringendolo a passare alla sinistra del birillo di ingresso pitlane, cosa irregolare ma appunto forzata dalla Mercedes. Fortunatamente questa volta non c’è un cordolo giallo a fare da trampolino e il messicano riesce a restare in pista. Ma il capolavoro di Checo arriva in realtà dopo, quando ormai il sorpasso da parte di Lewis sembra andato in porto con la Mercedes davanti. Alla frenata di curva 1, nonostante sia sulla traiettoria più bagnata, Pérez frena tardissimo riprendendosi la posizione ed è qui che si stoppa la rimonta del sette volte campione.

Un’azione come non se ne vedevano tempo soprattutto per l’assenza di contatti, cosa rara soprattutto in questo campionato. La prima stagione di Pérez in Red Bull non è stata e non è facile. Oltre all’ambientamento forse più difficile del previsto con la RB16B, Sergio deve far fronte ad un rullo compressore dall’altra parte del box, che non risparmia praticamente mai il compagno di squadra. Se questo concetto venisse compreso al 100%, il secondo sedile Red Bull scotterebbe meno. Puntualmente invece, quando la forbice in classifica si allarga, le voci si sprecano così come le critiche.

Pensando alle “forbici”, Pérez dopo 16 gare ha 127,5 punti di distacco da Verstappen con un due ritiri in meno. Bottas, invece, ne ha 79,5 da Hamilton ma con due zeri in più. In particolare, la differenza del finlandese con l’inglese è accentuata da eventi non dipesi direttamente da lui eccezion fatta per l’errore clamoroso di Budapest. Ad Imola, in una gara comunque ai margini della zona punti, il #77 è stato colpito da Russell nell’incidente che poi ha causato la bandiera rossa. A Monaco, quando correva in seconda posizione, la gara si è fermata al pit con la ruota anteriore sinistra impossibile da togliere per la “spanatura” del dado. A Monza e Sochi, lo sappiamo, Bottas ha scontato penalità che l’hanno mandato in fondo alla griglia. Se valutiamo quindi quel margine 79,5 considerando tutto quello che è successo, possiamo pensare che potrebbe essere tranquillamente inferiore. Per dirla semplice, al momento la sua ultima stagione Mercedes non è la peggiore. Per quanto riguarda Pérez dobbiamo considerare il suo primo anno nella sua nuova squadra, che si sta giocando il tutto per tutto con Verstappen per tornare a vincere il titolo che manca dal 2013.


Di certo c’è che la vita dei secondi, per certi versi, è quasi più caotica di quella delle prime guide. Perché sei sempre col sedile che scotta, con l’aspettativa da parte di tutti che tu possa e debba aiutare l’altro anche se, al tempo stesso, non sei al suo stesso livello. Devi essere veloce quando serve e lento sempre quando serve. Devi scansarti a comando o difendere a denti stretti, essere sempre in prima fila ma non provare a fare la pole, altrimenti sei un problema. Devi avere il passo per vincere la gara ma solo quando l’altro non c’è. Anzi, guai a provare a passarlo o metterti davanti, altrimenti è lesa maestà.

Se non rendi sei un problema, se rendi troppo anche. Sei solo in quel limbo nel quale, alla fine, ti perdi anche te, perché non capisci cosa devi fare. Ecco, forse in generale ci vorrebbe un po’ di considerazione in più. Anche se, a dirla tutta, per evitare tutti questi problemi ci sarebbe una soluzione più semplice: essere un fenomeno. Ma, lo sappiamo, non è cosa per tutti.

Immagine: ANSA

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