Blog | Vettel e Hamilton, separati in casa con motivi e narrative opposte. Come spesso capita

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
23 Marzo 2024 - 14:38
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2020 e 2024 ci insegnano come si possa spostare l’attenzione in base alla convenienza

Nel 2020 Sebastian Vettel veniva licenziato dalla Ferrari a maggio, ancora prima che iniziasse il mondiale condizionato dal Covid. La stagione fu traumatica al punto tale che, forse, sarebbe stato meglio chiudere direttamente nel 2019 l’avventura a Maranello e prendersi un anno di pausa. Ma tant’è: l’allora quattro volte iridato, forse, credeva ancora di poter dare qualcosa alla Ferrari ma era ormai la Ferrari – da tempo – ad aver puntato l’all-in su un giovane Charles Leclerc.

Mediaticamente parlando Vettel venne letteralmente polverizzato dalla stampa, che non era comunque mai stata carina nei suoi confronti da un certo punto in poi della sua avventura ferrarista, più o meno da fine 2017. A volte a ragione, sia chiaro. Nella sua ultima stagione, nonostante fosse limpido che il rapporto era logoro e le motivazioni a zero, non fu risparmiato al tedesco il minimo errore. Anche, magari, per spostare le attenzioni da una monoposto tragicomica come la SF1000.

Nel 2024 ci troviamo ad una situazione fondamentalmente opposta. Lewis Hamilton, volontariamente separato in casa Mercedes perché sua è la decisione di lasciare il team di Brackley – e non senza mugugni ripetuti da parte di Toto Wolff in queste settimane – si ritrova per la seconda volta in difficoltà sui primi tre anni delle monoposto ad effetto suolo. Nel 2022 parte delle motivazioni furono addebitate al grande vuoto psicologico post Abu Dhabi 2021, ma di fatto Hamilton corse peggio di Russell per gran parte dell’anno e solo la favorevole TD-039 aiutò Mercedes (e anche lui) a risalire la china nella seconda parte di stagione. Dopo un 2023 migliore globalmente, pur se condizionato da qualche errore, l’inizio di 2024 è sulla falsariga di due anni fa. La monoposto ha carenze evidenti ma proprio nelle carenze Hamilton non riesce a fare la differenza su un Russell che sembra tornato quello di due anni fa.

Se si chiamasse Vettel e fosse sulla SF1000, l’esclusione dal Q2 di Melbourne rappresenterebbe ampio materiale per vivere di scherno almeno per 24 ore in attesa della gara. Invece l’out di Hamilton, come spesso capita quando si parla di lui, passa in secondo piano con l’inglese nel ruolo di vittima di una monoposto che non va (come se quella di Russell fosse, in confronto, la RB20) e dedito a cercare assetti alternativi (storia già sentita) per cercare la sua via.

Molto semplicemente basterebbe considerare che la W15 è una monoposto carente e che, in un contesto altrettanto carente come nel 2022, Hamilton sta faticando più del suo compagno, evidentemente più a suo agio (o meglio, meno in difficoltà) con una macchina a cui piace perdere il posteriore.

In buona sostanza la verità sta un po’ nel mezzo. Come il tiro al piccione su Vettel era probabilmente esagerato, anche la difesa strenua di Hamilton nonostante prestazioni non all’altezza del suo rango spicca per poca originalità.

In tutto questo, sapete chi è che spicca davvero? Carlos Sainz. Appiedato senza apparenti motivi sportivi – visto che in tre anni si è dimostrato un pilota valido per la Ferrari – lo spagnolo proprio a Melbourne sta mostrando una professionalità di rara bellezza, nonostante un’operazione fresca e difficoltà ancora palesi. Qui sì che ci sarebbe da alzarsi ed applaudire, chiedendosi se la scelta in ottica 2025 è stata lungimirante anche per la pista e non solo per l’immagine.

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