Blog | Tsunoda, la mossa della disperazione di Red Bull. E se sbagliasse anche lui?

Autore: Alessandro Secchi
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Pubblicato il 26 Marzo 2025 - 17:30
Tempo di lettura: 4 minuti
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Lo scambio Lawson – Tsunoda dopo due gare è il non plus ultra dell’incapacità di capire le proprie stesse dinamiche

La prima domanda che viene in mente è: cosa succederà se, dopo due gare, Tsunoda si sarà comportato esattamente – o al limite poco meglio – di Liam Lawson? Lo scambio tra i due – non ancora ufficiale, per questo attendiamo i comunicati – sembra ormai cosa fatta con il giapponese che ha tolto i suoi riferimenti a VCARB su Instagram, ma tutto quello che sta succedendo attorno al team di Milton Keynes ha dell’assurdo.

Ne abbiamo parlato anche nella nostra Live di ieri sera. Che Lawson abbia fatto male nei primi due appuntamenti è un dato di fatto. Ma sono un dato di fatto anche le attenuanti: cito l’aver perso ore per un problema tecnico nei test in Bahrain, tutta la FP3 in Australia per un problema tecnico, che l’ha mandato in qualifica alla cieca senza aver provato le soft; poi una gara in condizioni miste a Melbourne poco utile a fare chilometri “veri” e il format Sprint in Cina, con una sola ora di libere invece di tre. In buona sostanza, anche i primi due appuntamenti non sono venuti incontro al neozelandese come potrebbe succedere col giapponese, che partirà con un weekend normale a Suzuka e ne avrà presumibilmente un altro simile in Bahrain.

Come dicevo qualche giorno fa, Red Bull fatica a capire che il problema non è tanto chi si mette sul secondo sedile ma chi occupa il primo. Ed è per questo che la mia provocazione è quella di provare a sostituire Verstappen per un paio di gare, per vedere come si posizionerebbero le due RB21. Probabilmente, finirebbe – come ha ricordato ieri il nostro Andrea Ettori – come in Benetton nel 1994 con Schumacher a piedi per squalifica.

Ora: Lawson ha dimostrato, nelle poche gare corse a Faenza, di essere assolutamente al livello di Tsunoda e questo sarebbe stato sufficiente a sconsigliare uno switch, soprattutto dopo appena due weekend e con tutte le attenuanti di cui sopra. Cambiare idea in questo modo suona come una mossa della disperazione dal risultato quasi scontato. Perché Tsunoda potrebbe sì fare meglio di Lawson visti gli eventi imminenti in calendario, ma pensare che possa fare molto meglio (per molto meglio intendo piazzarsi in top ten costantemente) significa non aver capito alcune dinamiche. Il giapponese è sicuramente carico a pallettoni perché convinto di meritare già da inizio anno il posto e, quindi, non vede l’ora di salire sulla RB21, ovviamente a suo rischio e pericolo. Ma questo non è garanzia di risultato, anzi.

Dal suo punto di vista può essere sicuramente un’occasione. Perché se, miracolosamente, dovesse trovarsi bene con questa monoposto, potrebbe puntare alla riconferma nel 2026 invece che rischiare di essere escluso dal giro Racing Bulls, con Honda che se ne andrà in Aston Martin. Onestamente penso non succederà niente di tutto questo. Il declino di Pérez con la RB20 e i primi due weekend di Lawson con la RB21 – certamente una macchina non molto diversa, anzi – mi lasciano pensare che l’unica via è quella di trovare un pilota che almeno condivida con Verstappen lo stile di guida, questo indipendentemente dal piede sopraffino dell’olandese. E sono comunque moderatamente sicuro che chiunque, nella fascia non “top” di piloti (quella che include i pari grado di Max, per intenderci) faticherebbe clamorosamente.

Tornando alla domanda iniziale. Cosa succederà se fallirà anche Tsunoda? Verrà riportato indietro Lawson? Si proverà con Hajdar? Tutte mosse, tra l’altro, che andrebbero a riaprire la questione di Red Bull che ha a disposizione quattro macchine invece di due. Oppure si richiamerà Pérez con tanto di sombrero, al momento in panciolle a gustarsi la situazione? Il punto è che, se questo cambio verrà ufficializzato, qualsiasi cosa succeda non si potrà mettere una scadenza anche a Tsunoda ma solo certificare che, da un anno almeno, la Red Bull ha a disposizione un mezzo che solo un pilota è capace di guidare, ottenendo il massimo possibile come ci ha insegnato l’esempio già citato del 1994 o, facendo un parallelo con le due ruote, la Ducati di Stoner o l’ultima Honda di Marquez.

Prima Red Bull capisce quanto il suo primo pilota sia di un altro livello e prima potrà preoccuparsi di aiutare qualsiasi secondo al suo fianco. Altrimenti, il problema rimarrà irrisolto tra piloti bruciati e mondiali costruttori salutati all’inizio dell’anno.

Immagine di copertina: Media Red Bull

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