Da una parte l’immagine, dall’altra la ciccia. Inutile chiedersi cosa sia meglio
La contrapposizione tra lo pseudo red carpet di New York per la prima del film sulla F1 e un Verstappen che, 36 ore dopo il Canada, è a Spa-Francorchamps a testare la GT3 del suo team, delinea chiaramente la separazione tra la F1 dell’immagine e quella di chi, di racing, ci vive costantemente e senza sosta.
Da un lato il palco, dall’altro la realtà. Da un lato le sfilate, le foto, le belle parole, l’endorsement per un film che si preannuncia una versione da botteghino di Drive To Survive (ho prenotato i biglietti, mi sacrificherò per poter essere molto preciso nella recensione), dall’altro il puro e semplice interesse per le corse, che porta a mettersi al simulatore tra il sabato e la domenica di un weekend di gara.
Per chi ha qualche decennio sulle spalle in più e ha conosciuto la F1 prima di Internet, prima dei social e prima di Liberty Media, non può che risultare disturbante vedere piloti agghindati come manichini e modelli da gala presenziare ad una specie di evento da team building, pronti a dire che tutto è bello e meraviglioso e sorridenti nelle foto di gruppo quando poi, via radio, si danno dei “fucking idiot” un giorno sì e l’altro pure.
Al tempo stesso, per chi è più vecchio, è molto più naturale notare la non socialità forzata, il completo disinteresse per logiche markettare e la spietata onestà con la quale si sentenzia che del contorno interessa zero e che il focus principale è quello di salire sulla macchina al venerdì mattina e scendere alla domenica pomeriggio. Ciò per cui, tra l’altro, un pilota cresce e sacrifica anni della propria vita.
Inutile dire dove stia la ragione, per chi è un po’ più attempato, in queste due dinamiche. Il problema sarà quando gente come Verstappen e Alonso (un altro che spesso non le manda a dire su certe questioni) avranno lasciato la barca al più completo aziendalismo, rappresentato per quanto riguarda i piloti da chi taglia chicane senza prendere punti patente e piazza pedate sul freno puntando lo specchietto senza che nessuno dica niente. Il tutto, però, con tanto di sorriso Durban’s a portata di telecamera.
Bene così.
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