Blog | Steiner, quando essere “Star di Netflix” non basta

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
12 Gennaio 2024 - 15:30
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Come ha detto Gene Haas, sono i risultati ad aver portato al cambiamento nel Team. Ed è su questi che va valutato un Team Principal

L’uscita improvvisa (inteso come “non sussurrata in anticipo”) di Guenther Steiner da Haas ha scatenato diverse reazioni tra media e appassionati. E, onestamente, si fatica a capirne il perché.

A meno che non si voglia ammettere candidamente che l’essere una “Star di Netflix” rappresenta competenza da inserire nel proprio CV, allargando gli orizzonti oltre al dito (oppure oltre alla telecamera) la domanda da porsi è “Come mai non è successo prima?”

Sia chiaro, non si intende in questa sede colpevolizzare Steiner e non c’è un’antipatia nei confronti dell’ormai ex Team Principal della compagine americana. La riflessione punta invece sui risultati ottenuti dalla squadra sin dal suo esordio nel 2016.

Gene Haas, nella lunga intervista rilasciata al sito della F1, ha parlato proprio dei risultati indicando la motivazione per il cambio al vertice, con Ayao Komatsu promosso a TP. Ma, guardando proprio alle posizioni ottenute in classifica costruttori, è dal 2019 che Haas non va oltre l’ottavo posto. Anzi, ad essere precisi, escluso il gran quinto posto del 2018, il team a stelle e strisce ha sempre concluso tra l’ottava e l’ultima posizione: tre volte ottavo (2016/2017/2022), due volte nono (2019/2020), due volte ultimo (2021/2023).

Guardando a questi numeri, la domanda precedente, “Come mai non è successo prima?”, assume un senso. Non tanto per cattiveria – lo si ripete – nei confronti di Steiner, ma perché solitamente è la Formula 1 stessa a non contemplare risultati deludenti per più anni. Quando questo succede, il cambio al vertice è solitamente un qualcosa di automatico a meno di eccezioni che confermano la regola come quelle di Red Bull e AlphaTauri, con Christian Horner e Franz Tost (fino al 2023, ultimo anno prima della pensione) sempre al comando dall’arrivo in F1. Insomma, guardando ai risultati l’uscita di Steiner non dovrebbe sorprendere per nulla ma assumere i contorni di un qualcosa di normale; se non, addirittura, di una scelta giunta in ritardo di qualche anno.

Ancora, dovrebbero essere proprio le performance a definire il dispiacere o meno per l’uscita di un Team Principal da un Team di Formula 1; non certo lo status di “Star di Netflix”, con Drive To Survive che ha reso lo stesso Steiner una sorta di macchietta a furia di bippare gli improperi nei confronti dei suoi piloti. Una pratica francamente evitabile oltre un certo limite sia dal punto di vista di Steiner stesso che da quello della produzione della serie.

Un Team Principal non passa tutto il tempo solo a strillare: questo, onestamente, non è un favore fatto a Steiner, ma sembra difficile rendersene conto. Così come (e questa è una riflessione personale) certe uscite sarebbe meglio gestirle privatamente o con meno enfasi quando lo si fa pubblicamente.

Inoltre, puntare molto su questo aspetto definisce ancora di più l’obiettivo della Serie, drammatizzare oltre certi limiti uno sport che non ne aveva bisogno, con i risultati che possiamo osservare sul “nuovo pubblico” creato. Ma questo è un discorso a parte, che meriterà prima o poi un suo approfondimento.

Immagine: P300.it

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