La gara di Interlagos sancisce ancora una volta lo status di numero 1 dell’olandese in un weekend che pareva apparecchiato per Norris
Il pre del GP di San Paolo era stato tutto un festone per chi non aspettava altro di vedere Max Verstappen, finalmente, soccombere sotto i colpi di Lando Norris. Alle 12:29 ora locale di Interlagos, l’inglese della McLaren si trovava nella piazzola numero 1 con Verstappen 17°, azzoppato da una penalità di cinque posizioni per cambio di motore termico e dall’esclusione in Q2 per sopraggiunta bandiera rossa (con timing molto ritardato e molto frustrante per casa Red Bull).
Il tutto, a bordo di una monoposto che non vinceva da dieci gare. Insomma, per Norris sembrava tutto apparecchiato per conquistare un bel bottino di punti e, dopo i tre recuperati nella Sprint, far calare vertiginosamente quel -44 in classifica.
Alle 12:29 di Interlagos erano tutti pronti ad un nuovo miracolo inglese: media, telecronisti (british e non), tifosi di Norris e anche quelli di Hamilton prestati per l’occasione, per rimandare tutto alla tripletta Las Vegas – Qatar – Abu Dhabi. Una sequenza di gare che, tra l’altro, difficilmente meriterebbe di vedere la fine di un mondiale, ma questa è pura questione personale.
Dopo due ore e sei minuti di gara la classifica recitava Verstappen +62. Ohibò.
Il GP di San Paolo è stato il classico punto da mettere sulla i nella carriera dell’olandese. Questa volta non c’era una Red Bull stellare a supportarlo ma una macchina che non vinceva un GP intero da Barcellona, 23 giugno. Le condizioni di partenza erano pessime, il rischio di uno zero era alto e tutto sembrava davvero in favore di Norris. In queste situazioni, però, c’è spesso un ma di mezzo.
Una parentesi va dedicata a Lance Stroll, autore involontario della bandiera rossa che ha tarpato le ali ad entrambe le Red Bull in qualifica, escludendole dal Q2, ed incredibile protagonista dell’insabbiata nel giro di formazione con metri e metri di asfalto a disposizione. Ma qui starà, prima o poi, alla sensibilità di Lawrence Stroll capire determinate cose.
L’affondamento del canadese ha dato subito il là per capire che, forse, il piano terribile inglese avrebbe potuto vedere qualche crepa, quando Norris (seguito da Russell e dalle due Visa) ha deciso di partire autonomamente per un secondo giro di formazione con un pannello che recitava “Aborted Start”. Una violazione del regolamento sportivo gestita in un modo che, a monoposto contendenti il titolo invertite, avrebbe probabilmente portato ad un’interrogazione parlamentare in quel di Londra.
Evidentemente, per la FIA oggi è più grave dire una parolaccia in conferenza stampa che muoversi dalla griglia senza il consenso del Direttore di Gara. Pérez aveva rimediato 5 secondi di penalità in Messico per essersi posizionato male allo start, qui si è aspettato ore dopo la fine della corsa per dare una multina a chi ha rischiato di far muovere un’intera griglia senza permesso con la gru in pista per rimuovere l’Aston Martin. Quando si parla di pesi e misure solo da una parte, insomma, bisogna rivedere un po’ tutte le situazioni.
Con una decisione pendente sulla testa, Norris ha iniziato come ha quasi sempre fatto partendo alla Pole, ovvero facendosi scippare la leadership in curva 1, questa volta da Russell. Alle sue spalle, dopo due giri Verstappen era decimo e dopo dieci era sesto, a dieci secondi da lui. Con Leclerc rientrato ai box prima di tutti è salito in quinta posizione e, mentre il suo avversario per il titolo chiedeva a gran voce di rientrare ai box, lui ha deciso di restare in pista sebbene avvisato dell’arrivo di uno scroscio di pioggia più violento.
A conti fatti, all’esposizione della bandiera rossa, Verstappen era secondo da diciassettesimo. La bandiera rossa, appunto, è l’unico appiglio per chi non riesce ad accettare la vittoria di ieri dell’olandese. La storia del cambio gomme con gara interrotta è vecchia come il mondo, è probabilmente sbagliato che si possa effettuare il cambio a costo zero ma tutti fino ad oggi ne hanno sempre beneficiato.
Ed è anche una questione di scelte: se Norris non avesse voluto fermarsi, ne avrebbe beneficiato anche lui. Russell, giustamente, ce l’ha con il suo team perché era contrario alla sosta e invece è stato richiamato. Alpine, Ocon e Gasly hanno lanciato il dado, gli è andata bene ma va detto che i due francesi sono stati perfetti, troppo spesso penalizzati da una macchina pessima in condizioni normali.
Quello che succede dal 43° giro in poi, dopo la Safety Car per l’incidente di Sainz, è materiale finissimo per gli appassionati veri. Verstappen fa segnare diciassette giri veloci su 26 giri, mette 19 secondi tra sé e Ocon dopo un sorpasso da cineteca (sul rettilineo le due monoposto erano a 20 metri di distanza), ne mette 23 tra sé e Russell recuperando idealmente il tempo della sosta che avrebbe dovuto fare senza bandiera rossa, mentre Norris resta inchiodato alle spalle di Leclerc in sesta posizione.
In questo screen, alla ripartenza del 43° giro, è riassunto tutto il GP di San Paolo di ieri. Verstappen che si prende la leadership dopo essere partito 17°, Norris che da poleman commette l’ennesimo errore di una stagione che, per interposte persone, l’aveva incaricato di spodestare l’olandese dal trono senza averne la stoffa necessaria; questione già affrontata dopo Austin.
Con la monoposto migliore, da Miami in poi, in dieci gare l’inglese della McLaren invece di recuperare punti da Verstappen ne ha persi 9, da 53 a 62. Proprio in America aveva beneficiato di una Safety Car dal timing perfetto, senza la quale ora i punti sarebbero 76. Il mondiale 2024 è tutto qui e sentenzia chiaramente che ci vuole di più per battere non tanto la Red Bull, quanto l’olandese.
Fortunatamente (per l’esperienza) o sfortunatamente (per la vecchiaia), gli oltre 30 anni a seguire le macchinine che girano in circolo mi e ci avevano portato a dire, in tempi non sospetti, che Max Verstappen aveva tutto quello che serviva per diventare il numero 1. Lo ha dimostrato ampiamente nel corso degli anni e la gara di ieri è una certificazione che solo chi non ce la fa per questioni di tifo faticherà ad ammettere. Il tempo serve anche a questo: è una garanzia che arriva dall’esperienza.
Max Verstappen è un figlio di buona donna in pista? Certo. È aggressivo? Certo. A volte esagera? Certo, e l’abbiamo scritto chiaro settimana scorsa invece che difenderlo con telemetrie ridicole.
Ma l’essere aggressivo e avere il fuoco dentro vale per tutti quelli che sono passati prima di lui: compreso il signore qua sotto che, alla stessa età di Verstappen oggi, parlava così.
La differenza tra i due? Gli anni passati da quelle dichiarazioni, che tanti oggi non ricordano, così come il peso dei media in altrettante stagioni.
Se anche questo Verstappen, quello che ieri ha ridicolizzato più piloti (contendente al titolo compreso) non basta per capire a cosa siamo di fronte la soluzione è solo una: spegnere la TV.
Immagine di copertina: Media Red Bull
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