Blog | Lo spettacolo artificiale delle Sprint. 135 milioni di Budget Cap per non poter sfruttare a dovere una F1

BlogSeven
Tempo di lettura: 4 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
6 Maggio 2024 - 16:45
Home  »  BlogSeven

Un’ora di libere, finestre di uso gomme limitatissime, assetti da indovinare. Così non si sfruttano le potenzialità ma solo il caos

Il secondo weekend Sprint della stagione se n’è andato con la vittoria – finalmente – di Lando Norris. Certo, la Safety Car ha dato una mano, ma per quello che si è visto in pista la McLaren ha meritato la vittoria, come sottolineato anche da Max Verstappen. Ma non è tanto questo il punto della questione.

Anche in questo weekend, come per ogni Sprint che si rispetti, si chiudono i box con la marcata sensazione che l’artificiale abbia ampiamente superato l’originale, inteso come weekend regolare di gara. In uno sport regolato da norme finanziare che limitano il tetto di spesa a 135 milioni, lo stesso sport crea dei weekend nei quali il risultato di questi 135 milioni (ovvero, il prototipo da pista) non può essere sfruttato come si deve.

La riduzione a un’ora delle prove libere, quando queste vengono disputate interamente e non spezzettate da bandiere rosse, rappresenta di suo una limitazione folle della preparazione del weekend. Chi governa il Circus parla di “spettacolo” che nasce dalla riduzione delle prove, ma questo ragionamento fa completamente a cazzotti con il concetto stesso di Formula 1. Lo si dica a Charles Leclerc che, dopo l’errore delle libere di venerdì a Miami, si è dovuto sobbarcare due qualifiche e due gare senza poter più testare nulla “liberamente”.

La Sprint, di suo, non è una sostituzione delle prove libere. Perché si corre quattro ore prima delle qualifiche, con temperature diverse e con un carico di benzina con cui, solitamente, non si prova il passo gara. Per la Sprint si imbarca 1/3 di serbatoio, le prove di long run si fanno con decisamente più benzina a bordo. Di fatto, la gara corta del sabato mattina rappresenta una debole indicazione dei valori in campo. L’escalation di “imprevedibilità” porta quindi ad avere una sola sessione di prove, non in orario di gara, dalla quale bisogna ricavare assetti e settaggi vari per due qualifiche e due gare; come andare allo sbaraglio.

A questo aggiungiamo il secolare problema della “finestra” di funzionamento delle gomme. E qui si apre un altro discorso. Le dichiarazioni dei piloti rilasciate dai media center sono colme di riferimenti alla finestra di utilizzo che non viene trovata e che quindi diventa causa problemi di bilanciamento e prestazioni. Come se bastassero pochi gradi in più o in meno a far cambiare completamente il comportamento della vettura. Senza libere, diventa ancora più difficile capire come rifinire il setting.

Pertanto ci ritroviamo con monoposto costosissime e che, durante l’anno, vengono sviluppate all’interno di un ampio e famoso tetto di spesa per avere poi sei weekend (chissà, magari in futuro aumenteranno) nei quali il prodotto F1, inteso come 20 monoposto, non possono essere sfruttate al 100% perché non c’è fisicamente tempo per prepararle. La possibilità di apportare modifiche tra la fine della Sprint e la qualifica della gara è buona cosa, ma è vanificata dal fatto che non si possono provare le modifiche prima di entrare in Q1. E, infatti, alcuni piloti lamentano il fatto che alcuni cambiamenti non sono andati nella giusta direzione, pregiudicando poi il resto del weekend.

La teoria del caos spacciata per spettacolo porta, quindi, a fine settimana come quello appena passato, con 20 monoposto che vanno in gara senza sapere, almeno nel primo stint, cosa potrebbe succedere dal punto di vista della gestione gomme. Si scopre quindi, strada facendo come ieri, che le medie non sono così male e possono durare oltre meta gara (chiedere a Norris) e che le strategie preventivate in realtà ci azzeccavano poco. A Lando è andata bene mentre per esempio a Leclerc, che si è fermato in anticipo rispetto agli altri ma non rispetto a quanto ipotizzabile, meno.

Spiace doverlo ripetere, ma così è davvero un controsenso. Per permettere ad un pilota di scendere in pista c’è un lavoro che riguarda centinaia di persone. Una monoposto nasce dopo quasi un anno di progettazione, studi, fabbricazione, test e via dicendo. Parliamo di 135 milioni di Budget Cap che vengono buttati al vento perché poi, in pista, arrivano vetture che nei weekend Sprint possono rendere al 70/80% del loro potenziale valore, tra impossibilità di provare e assetti da indovinare.

Questo non è spettacolo come viene raccontato. E, per inciso, non è neanche F1. È semplicemente una produzione randomica di caos nella speranza di avere vincitori diversi almeno in alcuni appuntamenti. Ieri – Safety Car compresa – è andata bene, ma così si fa solo il male di questo sport. E il problema, senza nascondersi troppo, non è non capirlo. È saperlo bene ma fare finta di niente.

Immagine di copertina: Media Red Bull

Leggi anche

Tutte le ultime News di P300.it

È vietata la riproduzione, anche se parziale, dei contenuti pubblicati su P300.it senza autorizzazione scritta da richiedere a info@p300.it.

LE ULTIME DI CATEGORIA
Lascia un commento

Devi essere collegato per pubblicare un commento.

COLLABORIAMO CON

P300.it SOSTIENE

MENU UTENTE

REGISTRATI

CONDIVIDI L'ARTICOLO
RICEVI LA NEWSLETTER
Iscriviti per rimanere sempre aggiornato
(puoi sempre iscriverti in seguito)