L’esperimento pro spettacolo di Monaco è la negazione della Formula 1. Ancora una volta. E non si può stare più in silenzio
Se volete, possiamo fare finta che vada tutto bene. Che quello che abbiamo visto a Monaco sia normale, il progresso di questo sport. Che l’esperimento delle due soste sia la giusta soluzione a gare noiose e che, anzi, si debbano promuovere regolamenti ad hoc gara per gara per aumentare lo spettacolo in pista, per intrattenere il pubblico appassionato.
Se volete, possiamo fare finta che sia spettacolare vedere piloti andare cinque, sei secondi più lenti del giro più veloce per favorire il compagno e fargli smarcare una sosta. E, se volete, possiamo anche soprassedere sul rappresentante della GPDA che annuncia in mondovisione di prendersi volentieri una penalità perché si è stufato di stare dietro ad un ritmo da F2.
Se volete, possiamo fingere che sia tutto regolare, che le lamentele dei piloti su questa genialata (“Mario Kart” secondo Verstappen, “Manipolare le gare” secondo Sainz) siano figlie dell’adrenalina e che Montecarlo sia una pista così oscena che si debba per forza trovare un modo per avere cento sorpassi ogni anno. Se vi va bene, possiamo giustificare tutto questo e guardare avanti al tanto decantato futuro.
Tanto, tra un anno, saremo ancora qui e, magari, la regola delle due soste sarà accompagnata da qualche postilla aggiuntiva per assicurare che il tanto amato casino si crei per davvero. Come se non fosse bastato avere dei doppiati compatti dopo un terzo di gara che sbarravano la strada a chi comandava la corsa. Se volete, facciamo finta di nulla, ci adagiamo sul nostro divanetto e continuiamo a farci piacere questo progresso al sapore di wrestling applicato al motorsport. Se volete.
Altrimenti, come fatto meravigliosamente una settimana fa per Imola ed il suo rischio di sparizione, iniziate ad incazzarvi anche voi, come facciamo da anni su queste pagine. Non perché ci piace farci vedere così imbruttiti e non perché ci piace fare i bastian contrari, come qualcuno ha scritto, ma perché annusiamo il rischio sparizione della F1 in quanto sport, non di un solo circuito. Leggetevi le dichiarazioni del CEO Chang, il quale definisce chiaramente la sua idea del Circus, un qualcosa che va “oltre un prodotto sportivo”. Non l’avessimo capito.
Iniziate anche voi a far sentire a chi comanda che non esistono solo i giovani da imbonire con qualsiasi stronzata social e che i vecchi, che loro non reputano meritevoli, sono anche il motivo per cui tutto questo l’hanno comprato. Iniziate a sottolineare che non esistono solo numeri, accordi commerciali, sorpassi finti ma esiste anche passione ed intensità. Quella che permette ad un pilota, per un giro da qualifica e due ore di gara, di sfilare a centrimetri dai guardrail, a volte sfiorarli, baciarli. Perché Monaco è sempre stata ed è esattamente questo: concentrazione, attenzione, millimetri, precisione replicata per giri e giri. Una continua sfida, curva dopo curva e non solo una noiosa, superficiale, stucchevole coda di macchinine.
Se volete, potete incazzarvi anche voi all’idea che l’anima di Montecarlo venga massacrata dalla propaganda che è lei ad essere diventata una pista brutta, cattiva e stretta e non le macchine dei treni merci da quasi sei metri. E magari potete anche voi sottolineare che quella del Principato non è una sfida con gli altri ma prima di tutto con se stessi. Perché allora a cosa serve tirare fuori, tutte le volte e ipocritamente, Senna, le sei vittorie, l’errore dell’88 per poi denigrare il posto che più di tutti gli ha permesso di diventare leggenda? Perché negare che Monaco è sempre stata questa e che la sua identità è diversa da quella delle altre piste, motivo per cui resta unica, solo perché ci piace vedere sorpassi finti col DRS e perché dobbiamo accontentare chi si addormenta dopo due minuti se non vede un incidente?
Se volete, potete far presente a chi sa parlare solo di “attivazioni”, “experience”, “paesi da conquistare”, “piattaforme di intrattenimento” e film improbabili con piloti che tornano a correre dopo TRENT’ANNI che la Formula 1 non è solo quella cosa che hanno in mente loro, ovvero un maledetto asset da rivendere una volta ingrassato come un tacchino; che la Formula 1 è uno sport con 75 anni di storia, una montagna dieci volte più vecchia del loro periodo di comando, che la sta progressivamente mandando al macero sportivo.
Se volete, potete farvi sentire anche voi, come fatto incredibilmente per il rinnovo in salsa marketing di Miami fino al 2041. O forse volete aspettare di vedere circuiti improbabili, come quello che sta nascendo a Madrid, soppiantare Barcellona, Spa-Francorchamps a rotazione con qualche cattedrale del nulla in Ruanda o in Thailandia, Imola sparire definitivamente?
Se volete, potete aspettare ancora. Perché dietro le belle parole che ci vengono raccontate, ogni volta che parla chi si alterna ai piani alti, c’è il rischio serio che tra gli altri l’esperimento di Monaco diventi la norma in nome dell’intrattenimento, del caos, dell’incertezza, delle vittorie a rotazione per far contenti tutti e della completa negazione della F1. Una goccia dopo tante altre che sta trasformando lo sport per cui ci siamo innamorati tanti anni fa in un Circo vero, inteso non più come quello itinerante ma quello dei pagliacci.
La cosa che mi fa sorridere è che, durante la gara, gli stessi commentatori di F1TV si sono lasciati scappare un “Così è anti Formula 1”. Chi è sano di mente e, soprattutto, non ha a cuore solo gli interessi personali capisce e ha capito tutto. E se il costo per dire che siamo in una direzione davvero da Mario Kart è restare distanti dal paddock, perché non graditi al circoletto che deve promuovere e raccontare quanto è figo tutto questo, ben venga.
Che tanto, è meglio stare a casa che andare a fare i finti influencer del nulla.
Immagine di copertina: Media Williams
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