L’incomprensibile ritiro prima del via di Interlagos mette il figlio di Lawrence in una posizione difficilmente difendibile
Dopo tre giorni fatico ancora a capire come Lance Stroll abbia potuto ritirarsi nel giro di ricognizione di San Paolo. E non parlo certo della bloccata al posteriore che ha mandato fuori pista l’Aston Martin, cosa rara ma che può capitare. L’incomprensibile arriva quando, con tutto l’asfalto dal mondo a disposizione (ed anche il tempo, dato che si parlava di giro di ricgnizione), Lance decide autonomamente di tagliare per la ghiaia, tra l’altro umida, a bassa velocità; insabbiando inesorabilmente gli 800 kg della sua vettura e restando piantato.
Ho provato a cercare una qualsiasi giustificazione: neanche la fretta e l’adrenalina del momento riescono a fornirmi una movitazione valida a capire una scelta del genere; escludendo, ovviamente, qualsiasi intenzionalità di insabbiarsi.
Perché comunque parliamo di un pilota professionista, che dovrebbe saper gestire meglio di qualsiasi appassionato da divano una situazione del genere. Neanche i team radio aiutano a capire. Il suo ingegnere gli chiede se può fare inversione e tornare ai box. Non arriva un suggerimento sull’evitare la ghiaia, ma forse il pensiero è che non sia necessario sottolinearlo. Eppure il canadese, già sull’asfalto, si gira di quasi 180° tirando dritto in una specie di sabbia mobile, con la sua Aston che affonda subito col posteriore. Il commento è lapidario: “Sono insabbiato”. Lance aggiunge “Come ho frenato si è bloccato tutto”, ma il problema non è tanto quello.
Più volte si sono poste domande su Stroll figlio, basate su una carriera sempre appoggiata e facilitata, va detto, da papà Lawrence; il quale non ha risparmiato ingenti immissioni di fondi in tutti gli step fatti dal canadese nel corso della sua carriera, dalle categorie propedeutiche e fino all’ingresso in F1, anticipato da migliaia di chilometri di test privati in Williams prima di esordire come pilota titolare nel 2017.
Però… c’è un però. Per quanto un pilota possa essere supportato e spinto economicamente, dalla famiglia o da fondi terzi, arriva sempre un punto oltre al quale non si può andare. Le possibilità si possono creare, ma c’è una cosa che non si potrà mai comprare e si chiama cronometro. È inutile girarci attorno ed è inutile dare colpe di un qualsiasi tipo a Lance. Chiunque di noi, appassionato di automobilismo in generale, avrebbe fatto le stesse scelte del canadese se avesse avuto certe possibilità. Se domani diventassi ricco sfondato, seppur a 40 anni suonati, mi toglierei lo sfizio di provare ad imparare a correre e – se ne fossi capace – di cimentarmi in una qualsiasi categoria pur di provare cosa significa fare questo mestiere. Non è questo il punto.
Il punto si può riassumere in una domanda: per quanto tempo può permettersi Lawrence Stroll di tenere in caldo un sedile per Lance? In otto stagioni ha ottenuto una pole e tre podi, in condizioni del tutto anormali: in Turchia, nel, 2020 (pole) si è corso sul ghiaccio per un weekend intero. Baku 2017, Monza e Sakhir 2020 sono state gare completamente stravolte negli eventi. In condizioni normali, Lance non ha mai dimostrato di poter fare quel salto per diventare un campione, è anche onesto riconoscerlo.
Il timore è che la protezione di papà Lawrence, alla lunga, sia stata più deleteria che positiva per Lance sotto molteplici aspetti. Non ha mai dovuto lottare per mantenersi il sedile. Ha sempre corso con la sicurezza che, qualsiasi cosa fosse successa, l’anno dopo sarebbe comunque ripartito dal suo posto. Ripeto, probabilmente nessuno di noi avrebbe detto “No, grazie” nella posizione di Lance. A questo punto, però, bisogna iniziare a pensare al futuro.
Il futuro di Aston Martin parla di Adrian Newey come colpo del decennio per il team di Silverstone, con Fernando Alonso che sicuramente vorrà essere della partita nel 2026 per sfruttare, per una volta nella vita, una monoposto realizzata dal Genio. Ma se, come si vocifera, il grande colpo in canna per il futuro fosse Max Verstappen? Lawrence Stroll avrebbe ancora la forza di dire no pur di tenere Lance in squadra?
Episodi come quello di domenica, la domanda “è ancora il caso di continuare?”, la rendono automatica. E, dopo così tanto tempo, forse è il caso di iniziare a pensarci. Non solo per il bene della squadra Aston Martin ma anche della famiglia Stroll e di un ragazzo che, ormai, sembra non averne di più in termini di margini di miglioramento.
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