Blog | “La Ferrari avrebbe vinto comunque”, un celodurismo di cui non ci sarebbe bisogno

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
24 Marzo 2024 - 15:00
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Sembra non esserci modo per tenere i piedi a terra. Eppure il passato insegna. O, quanto meno, dovrebbe

La doppietta Ferrari a Melbourne è sicuramente una boccata d’ossigeno di cui si aveva bisogno dopo un altro filotto Verstappeniano a cavallo tra 2023 e 2024. Fa bene al morale, agli ascolti e fa benissimo a Carlos Sainz dopo le ultime due settimane. Giovedì camminava ancora a stento, oggi ripartirà dall’Australia con la coppa del vincitore. Sicuramente un qualcosa di romantico dopo che il mondiale è iniziato all’insegna delle polemiche e del gossip spinto.

Meno si avrebbe bisogno, però, di sentire il prevedibile e proverbiale “La Ferrari avrebbe vinto comunque” che sta già aleggiando a destra e a manca, condito da stime di recupero in termini di tempo sul giro che neanche la Wanna Marchi dei bei tempi avrebbe propinato ai suoi ignari clienti. Un celodurismo di cui la Ferrari non ha bisogno e che la Ferrari non sta neanche cercando, a giudicare dalle parole post gara dei protagonisti.

I primi a tenersi con i piedi per terra sono ad esempio Vasseur e Leclerc, chiarendo che una rondine non fa primavera; soprattutto quando i topi hanno ballato senza il gatto e le prime due danze hanno chiarito qual è la situazione generale. Si tratta, insomma, di consapevolezza. Perché una vittoria fa sicuramente bene al morale ma da qui a parlare di mondiale significa avere simpatie per Kim Jong-un.

La Ferrari è la seconda forza di questo mondiale e oggi l’ha dimostrato in confronto dei diretti avversari: McLaren, Mercedes (finché c’è stata) e Aston Martin. Non è un freno esploso a declassare l’accoppiata Red Bull – Verstappen e non si può di certo sperare che questo succeda ripetutamente al punto da far virare i titoli verso Maranello.

Anche perché, se la motivazione per credere che si sarebbe vinto lo stesso è il risultato di Sergio Pérez, significa sparare sulla croce rossa. Al di là del fatto che Checo è partito sesto e non gira quasi mai a meno di mezzo secondo dal compagno in gara, va pesato il problema al fondo scovato in Red Bull sulla #11.

Certamente il distacco del messicano è stato importante a prescindere, ma anche su questo bisogna essere precisi. Al momento della bandiera gialla per l’incidente di Russell, Pérez era a 38 secondi da Sainz e non a un minuto, ad esempio. Quando ha superato Alonso, giro 28, ovvero prima di avere il citato problema, il ritardo dalla Ferrari #55 era di venti secondi.

Insomma, se ci si deve raffrontare con una Red Bull bisogna farlo con quella forte, ovvero quella di Verstappen. Nel corso del primo giro l’olandese aveva messo 9 decimi tra sé e Sainz ed era in procinto di mettere subito lo spagnolo fuori dal DRS. Il problema al freno posteriore destro ha poi agevolato la pratica, ma la questione va inquadrata all’interno di paletti certi. Il primo è il risultato delle prime due gare – e relativi distacchi – il secondo è il fatto che al sabato si era preso la Pole di forza e che era partito per impostare il ritmo come da dieci gare a questa parte.

Quindi va bene l’entusiasmo per una vittoria e una doppietta inattese. Ma limitiamoci qui. Perché, come l’anno scorso dopo la vittoria di Sainz a Singapore (che doveva sancire la fine della Red Bull, ricordo…), si andrà a correre a Suzuka. E ricordiamo a sufficienza come Red Bull e Verstappen gestirono quella gara dopo le illazioni dei giorni precedenti sulla fine del loro dominio.

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