5 ottobre 2014: un dramma non dimenticabile e che attenderà invano delle scuse
Il diluvio, il buio, piloti che chiedevano di fermarsi. Fu così che, in un’escalation di valutazioni errate, di voglia di portare a casa la gara senza indispettire nessuno, il Gran Premio del Giappone di 10 anni fa non venne fermato una seconda volta fino all’irreparabile.
Quasi dieci anni dopo – al tempo era ottobre, da quest’anno Suzuka è stata spostata ad aprile – il dramma di Jules Bianchi è uno di quelli che mette rabbia al solo pensarci. Perché non era necessario trovarsi in loco per capire che la gara doveva essere sospesa. Anche nel buio di una sala le telecamere ormai faticavano a compensare la luce assente in pista. Era già stata fermata una volta, sarebbe stato sufficiente rifarlo e chiudere senza rischi.
Non abbiamo la possibilità di cambiare il corso degli eventi ma gli eventi, da quel giorno, sono cambiati nella sensibilità alle situazioni di pericolo. Ora le bandiere rosse, se vogliamo, abbondano fino a raggiungere picchi anche esagerati. A volte vengono richieste anche quando non c’è alcuna necessità. Ma è indubbio dire che, da quel 5 ottobre, l’attenzione sia cambiata in meglio, escluso qualche caso sporadico.
Jules se ne sarebbe andato mesi dopo, tra speranze e illusioni. Sognava di guidare la Ferrari, non solo in un test ma in gara. Ora, anche per lui, su quella macchina c’è il suo fratellino acquisito Leclerc. Ne sarebbe stato sicuramente felice.
Come sappiamo bene, non si capisce la necessità di cambiare fino a quando non arriva un episodio traumatizzante. Trent’anni fa questo periodo avrebbe visto la morte della F1 e la sua rinascita in chiave moderna con i fatti di Imola. Dieci anni fa, quando ancora si pensava erroneamente che l’immortalità fosse ormai certezza, un altro episodio a risvegliare il Circus. L’Halo era già in cantiere dai fatti di Budapest (Massa) e Brands Hatch (Henry Surtees) del 2009, ma dal 2014 un altro tassello nella consapevolezza dei rischi in F1 è stato fissato. Gli standard di sicurezza si sono alzati ancora. Ma non bisogna mai fermarsi.
Da dieci anni a questa parte, se il ricordo di Jules è sempre vivo, quello che è mancato e mancherà per sempre è un’ammissione di colpevolezza, uno “scusateci, abbiamo sbagliato anche noi”. Charlie Whiting non c’è più, ma è difficile dimenticare l’investigazione che puntò più a colpevolizzare lo stesso Bianchi per la sua uscita di pista, reo di non aver rallentato a sufficienza con le doppie bandiere gialle quando era la norma soprassedere invece di penalizzare. Non un accenno alle condizioni della pista, al meteo, ai team radio di chi segnalava la pericolosità degli ultimi giri.
Suzuka 2014 è una macchia che resterà indelebile per la Federazione e nella memoria di chi ricorda quel giorno. Un padre e una famiglia che, dieci anni fa, hanno perso la cosa più preziosa che avevano. E che, ancora oggi, meritano tutti gli abbracci del mondo.
Leggi anche
Partecipa al sondaggio su P300.it
Tutte le ultime News di P300.it
È vietata la riproduzione, anche se parziale, dei contenuti pubblicati su P300.it senza autorizzazione scritta da richiedere a info@p300.it.