Blog | In tutta sincerità: ne vale ancora la pena, ma che fatica

Autore: Alessandro Secchi
alexsecchi83 alexsecchi83
Pubblicato il 12 Febbraio 2025 - 12:30
Tempo di lettura: 6 minuti
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Dodici lunghi anni, un mondo che cambia e una domanda sempre più ricorrente, a cui è difficile dare risposta

L’invio dell’articolo del GP di Abu Dhabi dello scorso anno è stato, praticamente, una liberazione. Una stagione devastante, fisicamente e mentalmente, era arrivata a conclusione. Avevo bisogno di staccare come mai era successo e ci ho provato.

Durante questo inverno la domanda di cui sopra è stata più ricorrente del solito e fatico, ancora, a darmi una risposta concreta. Così come sto faticando a ripartire. Questo posto è partito, ormai nel lontano 2012, come semplice blog dopo una delle tante esperienze negative a cui avrei dovuto far fronte. E penso che, tutto sommato, l’essemi chiuso “in casa mia” mi abbia anche discretamente risparmiato altrettanti guai, ad ascoltare cosa c’è là fuori oggi.

Ci sono cose che, al tempo, non avevo messo in preventivo: non credevo che sarebbe diventato un progetto serio (inteso come importante, non come impostazione), non credevo che avrei preso il tesserino da giornalista (per forza, ci ho messo nove anni a colpi di vicende tragicomiche), non credevo che avremmo messo in piedi una testata. Non credevo tante cose che poi, con il tempo, sono successe. Eppure manca sempre qualcosa e, quel qualcosa, sembra un muro molto più spesso degli altri da far cadere.

La storia dell’accredito di Monza è, in realtà, più grande del pass in sé. Nasconde, in parte, la necessità della F1 di avere al seguito chi fa numeri per fare altri numeri, in quello che io adoro chiamare come “il riempimento del tacchino”. Argomento affrontato con piacere venerdì sera con gli amici del Ferrari Club di Vedano al Lambro che, ogni anno, mi accolgono in modo fantastico per parlare della stagione passata, di quella in arrivo e anche di questioni come queste; meno note ma altrettanto sentite, almeno per quanto mi riguarda.

Dopo 249 GP seguiti – Melbourne sarà il 250° – è difficile da mandare giù la consapevolezza che il nostro lavoro serve a poco per essere meritevoli di poter avere accesso alla sala stampa, per come facciamo qui le cose; meglio o peggio di altri non sta a me dirlo, ma con certezza nel rispetto di una professione e di chi legge, dettaglio ormai da tempo trascurabile. Considerato che i requisiti FIA/F1 2025 sono gli stessi dello scorso anno, ci sarà quanto meno del tempo risparmiato: quello della richiesta accrediti, dei vari documenti, delle certificazioni delle visite (da informatico mi viene sempre più da sorridere…) e via dicendo. Inutile.

In queste settimane, sfruttando l’occasione di un video che ci è stato bloccato su Youtube per contenuti FOM – che non erano della FOM… – non ho mancato di porre a conoscenza della F1 il mio, chiamiamolo così, disappunto per la situazione generale, nella quale chi sta all’interno delle regole passa per fesso mentre chi, delle regole, se ne infischia, finisce per avere seguito, follower, opportunità professionali e via dicendo. E non sia, questa, scambiata per invidia da chi ha problemi con la comprensione del testo.

Qui nessuno vuole fare l’influencer, attività che sta seppellendo il giornalismo senza le regole del giornalismo. Le stesse regole, però, dovrebbero essere valide per tutti ed è su questo che ho spinto molto nelle ultime conversazioni. Onestamente, poco importa sentirsi dire che si lavora bene e che il sito è considerato attendibile e “corretto” se poi non serve a niente e ci si trova lo sbarramento all’ingresso. Ho fatto presente anche questo.

Questione di numeri, lo sappiamo. Per farli bisogna avere risorse infinite (che non abbiamo) oppure uscire dal seminato e a noi non piace (non è mai piaciuta, seppur consigliata più volte) l’idea. Fortunatamente, al di fuori della F1, lato accrediti la situazione è ben diversa, con parecchi eventi seguiti dal vivo lo scorso anno e la barzelletta che l’unico a rimanere a casa, nel 2024, sono stato io. Quanto meno offro motivo di dileggio ai ragazzi, tipo un giullare di corte. Ma va bene così. So anche che là fuori c’è chi ci fa il verso per la F1 ma non c’è problema, i nodi prima o poi vengono al pettine.

Ne vale, quindi, ancora la pena e quanto? In tutta onestà, se P300.it fosse rimasto a raccontare solo la F1 come agli inizi e considerato, soprattutto, come lo facciamo, il futuro sarebbe stato e sarebbe un grande punto di domanda per il rapporto tra lavoro svolto e risultati. Non ci piace fare il fans club della Ferrari o una sorta di media a senso unico solo perché siamo italiani o per arruffianarci il pubblico. Il che non significa proporsi da bastian contrari appositamente, ma neanche mettere il paraocchi. Ci siamo sempre sentiti liberi di criticare quando ci pareva opportuno e capiamo che possa rappresentare un problema.

Ci sono però alcune cose che, anche se a fatica, mi fanno dire che sì, ne vale ancora la pena: anche se il quanto resta, dopo l’ultimo inverno, un mistero che spero di scoprire a breve.

Questo posto è stato per me fondamentale in alcuni momenti, spalmati negli anni, abbastanza complicati. È stato ed è la valvola di sfogo, il motivo per tenermi attivo. La mole di lavoro che c’è sempre stata alle spalle è incomprensibile per chi non la può comprendere, tanto che il tempo che resta per scrivere è, tutto sommato, limitato. Difficile far capire che, come ad esempio ieri, si può impiegare una giornata intera per una modifica di cui non si accorgerà nessuno ma che serve a velocizzare un po’ il sito.

Il lavoro fatto con le altre categorie, sin dagli inizi, ha reso il sito di proporzioni tali che potrebbe fare quasi a meno della F1 stessa. Questa è una grande, grandissima motivazione per continuare e il merito va a tutti i ragazzi che le hanno seguite negli anni. Infine, ma non in ordine di importanza, ci sono i feedback che riceviamo da chi ci legge da tempo. I messaggi che riceviamo tramite i sondaggi e anche quelli privati sono ancora ottima benzina per tenere in moto il tutto.

Quindi sì. Andare avanti è un dovere per tutto quello che è stato fatto in passato. Con fatica – almeno per me – vista la situazione, ma sempre con quel filo di speranza che certe cose possano cambiare. Un filosofo tedesco diceva “I’ve always believed that you should never, ever give up and you should always keep fighting even when there’s only a slightest chance”. Uno finlandese, “Wait and see”.

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