Blog | In tanti sanno come sta Schumi. La differenza la fanno rispetto e affetto

di Alessandro Secchi
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Pubblicato il 24 Dicembre 2023 - 15:48
Tempo di lettura: 4 minuti
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Dieci anni è un tempo enorme per tenere il silenzio nel mondo che vuole tutto. Il rispetto, però, è sacro

Il 29 dicembre si avvicina ed è una data che in molti vorremmo cancellare volentieri dal calendario, soprattutto quest’anno. Sono passati ormai dieci anni dalla mattina maledetta che ha tolto Schumi al pubblico lasciandolo a quel privato che tanto ha difeso per lungo tempo dalle grinfie della stampa, degli sciacalli, di chi voleva sapere qualcosa che non era tenuto a conoscere.

In questi dieci anni se ne sono lette di tutti i colori ed è anche inutile elencarle: le conosciamo, le ricordiamo, ne abbiamo parlato più volte in relazione all’utilità di voler sapere e voler divulgare qualcosa che non ci appartiene e che pretendiamo essere nostro perché tifosi, appassionati o via dicendo.

È inutile girarci troppo attorno: in tanti, inteso per addetti ai lavori, sanno come sta davvero Schumi. Anche il sottoscritto, pochi anni fa, ha avuto delle confidenze quasi dirette sul suo stato di salute. Chi è un po’ dell’ambiente, se vuole sapere, lo può sapere. Chi non lo è deve selezionare scrupolosamente nel mare di melma che l’informazione propina quotidianamente. Ma, se è in grado di farlo, non ha bisogno di dettagli precisi o scabrosi per farsi un’idea generale. Parlano i dieci anni di riserbo, le confessioni di Jean Todt (uno dei pochi fedelissimi), gli occhi lucidi di Mick e Corinna nel documentario di Netflix. C’è davvero bisogno di voler sapere di più o voler raccontare di più? No, specialmente sotto Natale.

Qui entra in gioco il rispetto, un qualcosa su cui camminare e saltare sopra è diventata una fastidiosa e sistematica prassi negli anni. Diversi anni fa ho conosciuto Sabine Kehm, la storica manager di Michael. Ero imbarazzato ma volevo ringraziarla perché una mia vecchia pagina di Facebook era stata linkata sul sito ufficiale di Michael. Abbiamo avuto una bella chiacchierata: ricordo che mi mostrò i profili social ufficiali circa un mese prima che venissero pubblicati. Siamo rimasti in contatto, ci siamo incrociati quelle volte che sono stato nel Paddock, più volte le ho segnalato le cattiverie e le fake news che vengono puntualmente scritte su di lui e, per il resto, ci si scambia gli auguri per le feste, come in questi giorni.

Non mi sono mai permesso di farle una sola domanda sullo stato di salute di Michael e di certo non inizierò ora. Così come, le confidenze che mi sono state fatte – da fonte certa – restano chiuse in cassaforte a quattro mandate per rispetto di chi le ha fatte e di tutta la famiglia Schumacher. In questo frangente io, che non sono nessuno, mi sento solo come una normale persona che porta rispetto ad una situazione difficile. Giornalista o meno che sia, non potrei mai andare contro a tutta una serie di principi e lo stesso varrebbe se non si trattasse di Michael, per cui nutro un particolare affetto che, chi mi legge da oltre dieci anni, conosce benissimo. Sullo stato di salute non si scherza, così come sui bambini e la beneficenza, pensando a queste ultime due settimane.

Il rispetto dovrebbe essere la prima regola, davanti anche all’etica, quando si parla di situazioni complicate, nonostante si stia parlando di un personaggio che ha smosso le masse e infuocato il tifo per anni. Ognuno poi risponde ad una propria coscienza e, su questo, non si può fare praticamente nulla. Spiace particolarmente che, nonostante il clima festivo – il quale contribuisce alla sensazione di tristezza per ciò che è successo – ci sia ancora spazio per voler aggiungere qualcosa, raccontare dettagli, creare un’immagine approfondita e precisa, quasi tecnica, di una situazione drammatica che la famiglia forse vorrebbe tenere per sé dal 2013 non solo nel giorni che richiamano direttamente i fatti, ma già tempo prima, vigilia di Natale compresa.

C’è tutto un mondo che per vent’anni ha avuto a che fare con Schumi, weekend dopo weekend, condividendo momenti più o meno intensi. Proprio da qui dovrebbe partire l’insegnamento per il rispetto dei sentimenti e del privato, al di là delle professioni e degli aspetti mediatici. A volte non capisco se il problema è mio, perché penso troppo ad immedesimarmi negli altri cercando di capire cosa potrebbe o meno essere giusto, appropriato, rispettoso. In questo caso, credo che il fato abbia già fatto ampiamente il suo dieci anni fa da suggerire di evitare gli accanimenti, lasciando in pace una famiglia nella sua situazione almeno in queste giornate che, ancora, non richiamano direttamente il maledetto anniversario.

La realtà dei fatti mi identifica come una mosca bianca e quindi sì, il problema probabilmente è mio. Ma, onestamente, preferisco tenermelo e ne vado anche un po’ orgoglioso.

Auguri di Buon Natale a tutti.

Immagine: ANSA

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