Il nuovo logo della MotoGP è inguardabile ma, soprattutto, porta alla completa perdità dell’identità della classe regina (e delle più piccole)
“Ma guarda che il mio falegname con 30.000 lire la fa meglio, eh”. Diceva così un allora giovane Giovanni a Giacomo in “Tre uomini e una gamba” alla vista del Garpez, la mitologica scultura a forma di gamba (“Non ha neanche le unghie…”) che il trio comico più famoso d’Italia doveva recapitare al minacciosissimo futuro (e poi mai) suocero dello stesso Giacomino in un lungo viaggio attraverso l’Italia.
Ecco, l’idea che mi sono fatto alla prima vista della nuova versione identitaria della MotoGP è stata quella del Garpez. Un aborto inaffrontabile. Purtroppo il fatto che il marchio fosse registrato non lasciava spazio a speranze che si trattasse di una bufala. È proprio tutto vero.
Non c’è niente che in questo logo funzioni e la grafica, con tanto di spiegazione, non fa altro che aggravare la situazione. La versione estesa è formata praticamente da tre font diversi e da altezze non bilanciate. La M è più alta delle due “o” ma uguale a “GP”, che tra l’altro richiama vagamente la trasmissione di Italia 1 di fine anni ’90.
Il dettaglio che grida più di tutto allo scandalo è M iniziale, spacciata come un qualcosa di creato ad hoc e che dovrebbe rappresentare la piega delle moto. Un po’ poco, considerato che ormai Martin striscia anche le spalle a terra. Soprattutto, viene da ridere quando si guarda ad altri prodotti made in Liberty e si scopre che proprio la M… è stata copiata dal logo di F1 Manager, il gioco manageriale del Circus.
Come la mettiamo, quindi? La nuova identità della MotoGP che richiama un gioco di Formula 1 chiarisce in modo abbastanza lampante che questo tutto si può chiamare tranne che rebranding. Semplicemente, come successo al tempo proprio con la F1, c’era la necessità di far vedere al mondo che “i nuovi padroni siamo noi” e quindi, per il 75° anno della MotoGP, il regalo è stato strapparle via l’identità a livello grafico per un qualcosa in parte già utilizzato e in parte inguardabile. Per impazzire definitivamente basta vedere i font dei numeri.
Inutile dire che non c’era alcuna necessità (se non aziendale e di immagine) per operare un cambio del genere. Il vecchio logo funzionava benissimo e resisteva al passare del tempo, oltretutto con un richiamo grafico stilizzato alla coppa del vincitore del mondiale piloti, perso a sua volta con la nuova versione.
La novità non è piaciuta molto nemmeno sui social, tanto che diversi utenti si sono cimentati in concept vari (ne prendo due a caso), tutti paradossalmente più bilanciati di quanto partorito ufficialmente.
La moda del minimalismo a tutti i costi sta facendo danni. In alcuni casi il concetto di logo è addirittura superato, dato che le nuove identity altro non sono che dei font su fondo colorato, senza un minimo di lavorazione.
È degli ultimi giorni, tra l’altro, la grande polemica su Jaguar, che ha rivisto il suo storico logo con un qualcosa che Giovanni commenterebbe allo stesso modo anche oggi.
La cosa grave resta il disinteresse totale nei confronti della tradizione. Solo Lamborghini, tra gli ultimi grandi marchi a portare una nuova identità, ha semplificato il suo logo pur mantenendo intatti i tratti caratteristici della propria storia, con un risultato finale anche elegante. Ma è davvero una mosca bianca.
Ovviamente non ci resta che adeguarci, con un misto tra imbarazzo e rabbia per il primo calcio alla storia della MotoGP da parte di chi dovrà gestirla in futuro. Chissà che ne pensa il falegname di Giovanni. Oggi forse sarebbero 30 euro invece di 30.000 lire, ma il concetto è lo stesso…
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