Un anniversario dai tanti punti di domanda per uno sport dalla storia infinita
Nel bagaglio dei ricordi ho trovato alcune foto a cui tengo particolarmente. Sono le prime scattate (rigorosamente col rullino, visti i tempi) ad una monoposto di F1. Era una 412 T2 del 1994: le foto risalgono, come da data stampata, all’ottobre 1996, quando la vettura era esposta in un benzinaio della Shell, al primo anno di collaborazione col Cavallino dopo il lungo periodo di Agip; periodo al quale quella vettura apparteneva e, infatti, il logo della conchiglia stona un po’. Era già moda di allora rinfrescare le livree.
A 13 anni la passione per la F1 era già tanta e tutto quel mondo mi sembrava, da piccolo che ero, quasi incantato. Semplicemente adoravo seguire le gare, sentire il rombo dei motori e restare incollato alla TV. Da pochi mesi era uscito GP2 e, una volta a casa da scuola, il pomeriggio era quella roba lì. Imparare le piste, iniziare a giocare con gli assetti e via dicendo.
La F1 compie oggi 75 anni, un arco temporale enorme ma così pregno, negli ultimi lustri, da far sì di averne viste praticamente la metà delle gare, o forse di più, da quando ho iniziato a seguirla. Dalle 7 in una stagione di quel primo mondiale del 1950 siamo arrivati alle 24 attuali, con un’ascesa costante negli ultimi due decenni dalle 17 dei primi anni 2000.
È difficile dire, dopo tutto questo tempo, cosa penso di questo anniversario e di questa F1. Ultimamente mi viene da paragonarla spesso al mio caro Milan: altro grande patimento perpetrato, guarda caso, da un fondo a base americana. La passione per entrambi, quella nata da piccolo, non morirà mai, è praticamente impossibile. Ma è difficile negare che gli ultimi tempi e le vicissitudini legate al sito mi abbiano portato a riflettere più e più volte su quanto il gioco valga la candela.
Sono passati oltre 250 Gran Premi da quando abbiamo iniziato a raccontare la F1 su queste pagine e il suo cambiamento da allora va ben oltre un numero simbolico di gare disputate. Quella di oggi ne mantiene praticamente soltanto il nome, usato come leva d’immagine per aumentare il valore di quello che, quelli bravi, chiamano in gergo asset. Sul fatto che la F1 sia sempre stato anche un business non ci piove, sarebbe da stupidi (o da 13enni inconsapevoli come me) non ammetterlo. Diverso è rendersi conto che sia diventata solo un business. L’esempio del rinnovo di Miami al 2041 calza a pennello. Contestata dal 90% di chi ha commentato la notizia ma buona, per altri 16 anni, per rinnovare accordi commerciali.
L’evento sportivo non è più il fulcro ma il pretesto, il contorno. Ed è questo che rende inaccettabile, per chi segue da molto tempo, la situazione odierna, dalla quale si capisce perfettamente come la dinamica sia cambiata. Mi spiace non poter condividere l’entusiasmo per concerti, “experience” per VIP e Paddock Club che sgomitano per rubare spazio alle sale stampa, con accrediti che diminuiscono e presenze sempre più a favore di influencer e personaggi importanti “prestati” per creare visibilità.
C’è chi dice “ok, ma se non ti piace più cosa la segui a fare?” e capisco il ragionamento, ma non è così semplice. Così come riesco ad autoflagellarmi guardando un Milan ridotto a produrre felpe e giacche con loghi yankees mentre arriva a metà classifica, lo stesso vale per la F1, di cui in 35 anni credo di aver perso una manciata di gare in diretta e nulla più. Scendere e salire sul carro a convenienza non vuol dire essere veramente appassionati ma dei semplici occasionali. Criticare apertamente ciò che si segue da tanto tempo è, a suo modo, una dimostrazione di affetto.
Non è neanche vero che ce l’ho con i giovani. Ce l’ho con chi ha venduto loro questo modello di sport, catturandoli nel modo sbagliato e dimenticandosi volontariamente dei “vecchi”. È perfettamente inutile inneggiare, come si è fatto oggi, alla storia portando a colori le immagini del 1950 se si fa di tutto, nmei fatti, per rinnegare il passato. Le sette gare che la F1 sta trasmettendo sul suo canale Youtube in questa giornata per “celebrare” 75 anni di storia partono dal 2008. Capite il controsenso?
Se devo proprio definirmi, in questa giornata, userei il termine “disilluso”. Quando ho aperto questo progetto, pensando in avanti di una quindicina d’anni, pensavo a qualcosa di diverso. Io, noi non siamo cambiati, tutto il resto sì. Forse non sono stato capace di evolvermi ma, questo è sicuro, non mi piace come si è evoluto tutto quello che sta attorno. Non mi piace il modo di fare informazione che oggi serve per essere ritenuti credibili e non sono disposto a piegarmi a certe dinamiche. Speravo che mettendoci “solo” tanta passione e tanto impegno, sacrificando quasi tutto quello che avevo, alcuni risultati sarebbero arrivati.
Ce ne sono stati, per carità, ma ci sono stati altrettanti momenti poco edificanti, anche recentemente e arriverà il momento di parlarne. Oggi quella passione lì, quella che rivedo nella foto che ho scattato quasi 30 anni fa, mi rendo conto essere più flebile, meno accesa, stanca anche se mai a terra. Perché sono cambiate tante cose, perché speravo in qualcosa di meglio e perché, nel frattempo, lo sport per cui ho messo in piedi tutto questo è stato preso, accartocciato e, a tratti, deturpato.
L’unico augurio che posso fare alla F1 di oggi è che possa superare questa tempesta e finire, prima o poi, in acque più tranquille, che ne possano far riflettere nuovamente la bellezza invece di essere protagoniste di onde alte ed autoreferenziali. Auguro alla F1 di non essere più vittima, prima o poi, di una realtà immaginaria nella quale tutto è bello e divertente. Spero che sia prima o poi così: anche per lo sport e non solo per le percentuali in borsa.
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