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Blog | F1, il futuro in cui “ogni sessione è una lotta” è la negazione dello sport (ma, soprattutto, non si dica che “lo vuole la gente”)

di Alessandro Secchi
alexsecchi83 alexsecchi83
Pubblicato il 15 Agosto 2024 - 17:00
Tempo di lettura: 6 minuti
Blog | F1, il futuro in cui “ogni sessione è una lotta” è la negazione dello sport (ma, soprattutto, non si dica che “lo vuole la gente”)
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Usare gli appassionati come scusa per prendere decisioni non è il massimo della trasparenza

Uno dei più grandi pericoli che lo “sport” F1 sta rischiando di affrontare nel futuro prossimo è quello della delegittimazione del Gran Premio della domenica in favore di sessioni sempre più “importanti” e rewarding nell’arco del weekend.

Sono ormai anni che Liberty Media ci fa sapere che le sessioni di prove libere sono un qualcosa auspicabilmente evitabile, in favore di sessioni nelle quali c’è sempre un premio per i piloti. Tanto, “ci sono le simulazioni”. La conformazione del weekend Sprint si avvicina al concetto, con una sola sessione di libere e poi subito la qualifica per la gara corta, in modo da avere subito della “ciccia” per le televisioni – il vero motivo dietro questi stravolgimenti.

Con la Sprint che, di suo, rappresenta già un imperdonabile affronto alla tradizione (e almeno nel 2024 ha trovato un format decente) un ipotetico futuro senza prove libere in uno sport da 135 milioni di euro di budget cap rappresenta la negazione dello sport stesso, così come il concetto che l’assenza di prove renda il tutto più spettacolare. Semmai è il contrario e sia chiaro: già una sola sessione di libere resta un non-sense completo. La barzelletta che le prove libere non servano è, tra l’altro, certificata da quanto succede ormai sempre più spesso, con i team costretti dall’assenza dei test privati a fare confronti nel corso del weekend con monoposto sostanzialmente diverse.

Basti pensare alle due versioni della RB20 a Budapest tra Verstappen e Pérez, ai pacchetti diversi della Ferrari, a Mercedes che monta e rismonta fondi in continuazione. Tutte testimonianze del fatto che il simulatore non potrà mai essere sufficiente e che castrare le possibilità di intervento, in uno sport economicamente dispendioso come la F1, è contro ogni senso logico, perché allora tanto varrebbe ridurre il tutto ad un monomarca.

Di queste cose abbiamo e ho già parlato a sufficienza in passato: per essermi permesso di contestare lo status attuale della F1 sono e siamo stati attaccati pubblicamente. Ovviamente, da direttore di questo posto, mi interessa zero, perché qui siamo liberi di dire quello che vogliamo nei termini del rispetto che abbiamo sempre avuto nei confronti delle istituzioni, meno delle loro decisioni. Non serve quindi ripetere oltre modo il mio disappunto per la direzione intrapresa, chiaramente pro azienda e meno (molto) pro sport.

C’è, comunque, un dettaglio che voglio sottolineare.

La Dorna che, con le Sprint, ha fatto un all-in incredibile in MotoGP, inserendole in tutti i weekend di gara da un anno con l’altro, è stata molto più chiara e trasparente di Liberty nel spiegarne le motivazioni, o meglio la motivazione principale: i soldi. La necessità era quella di rimpolpare le casse e vendere più “spettacolo” alle televisioni. Raddoppiare, di fatto, le gare è stata la soluzione più conveniente. Non per questo, tra l’altro, sono state ridotte di due terzi le sessioni di prove libere per creare ancora più caos dal punto di vista organizzativo e di preparazione all’evento.

Da questa parte, invece, ci si arroga il diritto di suggerire che sarebbe la gente a volere più spettacolo perché altrimenti in pista si annoia, che è la gente ad apprezzare e volere sempre più Sprint (diventate ormai delle FP mascherate) e che ci sia sempre azione con un fine “sportivo” durante le sessioni. Ecco, questo è un concetto che non può e non deve passare: basta farsi un giro sui social per capire il sentiment alle continue proposte di aumentare le Sprint, alle idee di correre in posti improbabili (tipo il Ruanda), alle fantasie di ridurre le prove libere e rendere il weekend una giostra in cui, ogni volta che si scende in pista, ci sono ricchi premi e cotillons.

Scaricare sugli appassionati la giustificazione delle decisioni aziendali (che degli appassionati stessi tengono conto fino ad un certo punto) è quanto di più subdolo si possa fare. È poi anche plausibile che il nuovo pubblico, allevato scientemente a botte di competentissime lezioni di Drive To Survive, sia più incline ad essere convinto che la strada giusta sia questa rispetto ai pochi stoici rimasti della vecchia guardia, che non necessariamente ricordano la F1 in bianco e nero ma almeno quella degli ultimi vent’anni. Ma che certe proposte vengano vendute come una richiesta che parte dal pubblico è piuttosto stucchevole.

Tra l’altro, sull’attuale conformazione del seguito globale della F1, continuo ad avere i miei dubbi. È sicuramente un bene per LM avere sempre più pubblico nuovo ed allargare gli orizzonti, ma non lo può essere per lo sport F1 come viene fatto credere. Aver perso gran parte del vecchio pubblico, stanco dagli ultimi cambiamenti, è un boomerang che prima o poi tornerà indietro. Con un pubblico giovane così facilmente agganciabile grazie ai mezzi odierni (ma anche rapidamente annoiabile) sarà sufficiente ad esempio una Liberty Media del tennis per accalappiare e spostare interi blocchi di [pseudo]appassionati da uno sport all’altro.

Sarà solo e soltanto allora che ci si renderà conto di come 75 anni di storia di questo sport, fatta anche e soprattutto di appassionati dalla memoria tramandata di generazione in generazione, siano stati praticamente spazzati via. Questo è un rovescio della medaglia di cui non parla nessuno ma che è già in atto. Se nel 2021, sondaggio di Liberty alla mano, il 34% del pubblico seguiva la F1 da massimo cinque anni, è logico aspettarsi che questa percentuale sia drammaticamente salita, arrivando a livelli da Formula E: la quale, però, è nata nel 2014 e non nel 1950 (almeno come campionato mondiale).

Tornando al discorso principale: tutti abbiamo capito che LM ha acquistato quello che per lei è un asset aziendale e non uno sport. Tutti abbiamo capito che l’obiettivo aziendale – tramite contratti (sempre più lunghi) sponsorizzazioni e via dicendo è quello di aumentare il valore del suo prodotto al fine di una futura rivendita, con lauto guadagno. Ed è tutto assolutamente legale, condivisibile, rispettabile se si parla di business, aziende, marketing, sponsor, partnership e tutto quello che volete. Peccato che, dietro tutto questo, ci sia anche uno sport. Ma, soprattutto, si eviti di raccontare che è “la gente che vuole cose”, perché non è assolutamente così.

Un po’ più di trasparenza non guasterebbe, insomma. Se non altro, di gente che sa mangiare la foglia ce n’è ancora.

Immagine di copertina: Media Red Bull

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