Due situazioni simili, quelle che Ferrari e Ducati si troveranno a gestire in F1 e MotoGP. Tempo per fare un piccolo confronto.
Per chi se lo stesse chiedendo leggendo il titolo di questa bloggata, “Boiling Point” è il nome di un film uscito a gennaio 2022 diretto da Philip Barantini ed ambientato in un hotel, all’interno di una cucina frenetica per il lavoro e dove il protagonista, il capocuoco, gestisce una situazione arrivata, appunto, ad un punto di ebollizione (lavorativamente ed umanamente parlando).
La traduzione italiana di codesto film è “Il disastro è servito”, forse il titolo più azzeccato anche per la situazione che si potrebbe creare, in F1 ed in MotoGP, a partire dal 2025 per due squadre in particolare, nientemeno che i nostri due marchi portabandiera per eccellenza: Ferrari e Ducati.
Entrambe le compagini nostrane hanno compiuto delle scelte cruciali in vista del prossimo anno e di quelli futuri, in merito a quelle che saranno le rispettive line-up: da una parte la Scuderia di Maranello ha confermato Charles Leclerc e gli affiancherà il sette volte iridato Lewis Hamilton; dall’altra, Ducati Corse si è tenuta stretta Francesco Bagnaia ed ha promosso Marc Márquez dal team Gresini Racing.
Nel corso di questi mesi, da quando sono stati compiuti i rispettivi annunci ufficiali, i paragoni su queste due situazioni si sono sprecati, ma riteniamo necessaria un’occhiata più approfondita di ciò che questi movimenti di mercato rappresentano (sportivamente, economicamente, storicamente parlando) per una e per l’altra squadra.
Iniziamo, però, col raccontare prima in sintesi la “storia” delle due formazioni, di come si sono formate ed il passato dei quattro protagonisti della bloggata.
F1, Scuderia Ferrari: un amore tossico ed un arrivo impensabile

Siamo nei primi mesi del 2024. Gli occhi di molti sono puntati sull’avvio stagionale del campionato di F1 a Sakhir per il GP del Bahrain, ma allo stesso tempo altri occhi ed orecchie sono puntati altrove. In seguito ad un 2023 in cui Max Verstappen e la Red Bull hanno fatto man bassa, c’è la sensazione che il copione del 2024 non sarà granché diverso; sensazione che, almeno per le prime gare, verrà confermata.
Dunque c’è chi volge già la propria attenzione al futuro e, su internet, la voce più in voga del momento riguarda un passaggio che, fino a pochi mesi prima, sembrava impossibile o addirittura impensabile: quello di Lewis Hamilton dalla Mercedes alla Ferrari.
Non è la prima volta che questa teoria si fa largo sulle testate e sui siti di motorsport di ogni genere, ma stavolta le ipotesi sembrano ben più di semplici dicerie e, la conferma di ciò, arriva per tutti l’1 febbraio 2024, con l’annuncio ufficiale da parte della Scuderia dell’arrivo del sette volte iridato inglese.
Tale comunicato, nella sua brevità, arriva ad appena sette giorni dal rinnovo del pilota presente all’altro lato del box, Charles Leclerc. Un prolungamento del contratto, quello del monegasco, che a propria volta sembrava assai improbabile dopo le tante delusioni cocenti patite dalla coppia nelle passate stagioni, a cominciare da quel mondiale 2022 partito da sogno ma presto trasformatosi in un incubo.
Andiamo con ordine, proprio partendo dalla situazione attuale del “Predestinato”. Leclerc, al momento alle prese con la sua settima stagione in F1 e la sesta in tuta rossa, nel corso del 2024 ha conquistato la propria sesta vittoria in carriera nella gara di casa a Montecarlo, un bell’acuto (ed una gioia immensa per il pilota) a cui fanno da contorno altre dieci top five, di cui cinque podi (secondo in Australia, terzo in Arabia Saudita, Miami, Emilia-Romagna e Belgio).
Da contraltare, a dispetto dei tanti proclami e della grande promessa legata al suo talento (sicuramente indiscutibile) fatta sin dai tempi della F2, c’è la preoccupazione che Leclerc resti per sempre un pilota incompiuto, nonché incapace di trainare la squadra in quanto team leader.
Se dal lato velocistico Charles è uno dei riferimenti indiscussi della F1 al momento, su altri aspetti quali la visione di gara generale, la strategia e la guida sul bagnato il monegasco ha alternato prestazioni ottime ad altre che hanno lasciato dei dubbi. Inoltre, più volte nella sua carriera in rosso Leclerc ha commesso errori, piccoli o grandi, che l’hanno portato a muro, in qualifica o in gara.

Nel 2024 il #16 ha praticamente azzerato questi problemi, con il ritiro del Canada non a lui imputabile (fu un problema tecnico), mentre nelle scorse stagioni gli errori non erano stati pochi. Nel 2022, quando la Ferrari sembrava poter lottare per il titolo, restano nella memoria il testacoda di Imola alla Variante Alta mentre lottava per il podio e, soprattutto, il ritiro a Paul Ricard mentre era in testa, evento che diede definitivamente il là alla Red Bull e a Max Verstappen.
D’altro canto, la Ferrari stessa non è stata in grado di supportare adeguatamente il proprio talento in alcuni momenti cruciali della loro avventura. Sono sempre del 2022 gli esempi più tragici della gestione strategica della squadra di Maranello, con autentici autogol tattici (la sosta in più a Monaco, il mancato pit sotto Safety Car a Silverstone, le gomme dure montate in Ungheria su asfalto freddo) a cui vanno anche aggiunti i problemi tecnici, come i motori andati in fumo a Barcellona e a Baku.
Nonostante il passato burrascoso delle due parti ed un unione che fatica a dare i propri frutti, Leclerc e Ferrari sono stati in grado di trovare l’accordo per il rinnovo pluriennale (non è stato specificato per quanto tempo, si presume un biennio), un modo per continuare una relazione che, in realtà, pare l’equivalente di un amore tossico. Charles ha voluto rinnovare la fiducia alla squadra tenendo fede al suo amore per il “Cavallino Rampante”, forte anche del supporto proveniente dal suo mentore Jules Bianchi (a sua volta membro della Ferrari Driver Academy, prima del fatidico incidente a Suzuka nel 2014 e del successivo decesso). Tuttavia, permane il dubbio sul fatto che questa fiducia sia ricambiata.
È forse per questa ragione che la Ferrari ha deciso di prendere sotto la propria ala un altro pilota d’alto profilo, Hamilton appunto. Questo anche a costo di sacrificare Carlos Sainz Jr., arrivato nel 2021 (su scelta di Mattia Binotto, l’allora team principal) con l’idea che potesse essere il gregario perfetto per Leclerc e che invece si è dimostrato decisamente solido in termini di costanza di rendimento e capacità di massimizzare il risultato (spesso anche più dello stesso monegasco), riuscendo addirittura a finirgli davanti nella classifica iridata del loro primo anno insieme.
L’assunzione di Lewis, dunque, risulta essere una scelta sicuramente storica per il blasone del #44 e della squadra in cui arriverà, che permetterà alla “Rossa” di riavere un sette volte iridato tra le proprie fila, cosa che non accadeva dall’epopea di Michael Schumacher durata fino al primo ritiro del tedesco nel 2006. Tuttavia, anche questa scelta lascia non pochi dubbi.
In primis, l’età anagrafica con cui Hamilton si accinge ad arrivare in Ferrari: a gennaio 2025 Hamilton compirà quarant’anni, età in cui il calo fisiologico è naturale ed importante per ogni pilota, anche i fenomeni d’alto rango. Aspettarsi che Lewis possa lottare per il titolo o anche solo pareggiare le performance degli attuali riferimenti della F1 (Max Verstappen su tutti, ma anche talenti emergenti quali Lando Norris ed Oscar Piastri) è quantomeno ottimistico.
C’è poi il discorso legato all’adattamento alle vetture ad effetto suolo: da quando il regolamento 2022 è stato introdotto, il pilota inglese è parso decisamente più in affanno rispetto a quanto visto dall’Hamilton recordman con la Mercedes fino al 2020 (a cui si aggiungono anche le prestazioni del 2021, nonostante il titolo perso contro il solito Max). La vittoria di Silverstone 2024, per quanto emozionante e liberatoria per i tifosi del pilota di Stevenage, non spazza via tutti i dubbi in merito alle sue difficoltà di comprendere queste vetture, mentre quella di Spa-Francorchamps è stata ottenuta in un weekend di assoluto (ed imprevedibile) splendore per le “Frecce d’Argento”, per giunta a tavolino dopo la squalifica di George Russell.
Terzo elemento che mette in dubbio quest’unione è il metodo di lavoro Ferrari. Dopo oltre un decennio Hamilton si ritroverà novizio all’interno di una squadra e, pur contando su moltissima esperienza, dovrà ben adattarsi al lavoro della Scuderia di Maranello, dalle caratteristiche assai diverse rispetto a quello che Lewis ha sperimentato in McLaren ad inizio carriera e poi col marchio tedesco con sede a Brackley. Sarà naturale immaginare un Lewis un po’ spaesato, almeno all’inizio.
Su entrambi i piloti, poi, pende la Spada di Damocle più tagliente, l’elemento che più di tutti determinerà il successo o il fallimento della stagione 2025 della Ferrari: la competitività della macchina. La fine della stagione 2023 è stata in crescita per la Casa italiana, ma il 2024, seppur iniziato bene, ha visto la “Rossa” perdere progressivamente competitività sia nei confronti della McLaren, sia in quelli della stessa Mercedes.
La riorganizzazione interna che la Scuderia sta affrontando per mano di Frédéric Vasseur (ad esempio con l’addio dell’ingegnere Enrico Cardile, ex-capo dell’area dedicata allo sviluppo del telaio, o anche la sostituzione di Xavi Marcos dal ruolo di ingegnere di pista di Leclerc) potrebbe dare sì i propri frutti negli anni a venire (magari anche per il 2026, con una nuova generazione di monoposto pronta a debuttare), ma anche portare ad un altro, ennesimo periodo di magra per i tifosi del Cavallino.
MotoGP, Ducati Lenovo: la coppia della discordia

A pochi mesi dal fatidico annuncio di Hamilton in Ferrari a febbraio, anche la Casa italiana di riferimento in MotoGP, Ducati Corse, ha lanciato la bomba nel pieno del mercato piloti per il Motomondiale 2025. Alle prese con un rebus apparentemente senza capo né coda, per il prossimo anno il marchio di Borgo Panigale ha deciso di rendere realtà il dream-team.
Il prossimo anno, ad affiancare il bicampione del mondo ed iridato in carica Francesco Bagnaia (confermato con largo anticipo durante il 2024), sarà infatti Marc Márquez. Dopo un periodo assai travagliato in seguito all’infortunio al braccio destro patito a Jerez 1 nel 2020, la riabilitazione e le successive difficoltà date dalle performance scadenti della Honda RC213V nel biennio 2022-2023, il pilota di Cervera è riuscito a svincolarsi andando in Ducati Gresini nel 2024 e, successivamente, a fare il salto nel team interno al fianco del pilota torinese in ottica futura.
Una sella, quella del team Lenovo, la cui assegnazione è stata tutt’altro che scontata. Ducati ha dovuto fare una scelta difficile tra rinnovare Enea Bastianini, promuovere Jorge Martín o compiere la mossa azzardata di mettere Márquez al fianco di Bagnaia; sul perché tale mossa può essere considerata rischiosa, ci ritorneremo.
Fino al Gran Premio di Catalogna l’ago della bilancia sembrava pendere verso il passaggio di Martín in ufficiale, un Martín che sin dall’inizio del 2024 non ha mai fatto mistero di voler indossare la tuta in rosso in vista della stagione seguente, mentre Márquez sembrava destinato al trattamento semiufficiale in uno dei box satellite di Ducati. Tuttavia, a Marc è bastata una singola dichiarazione nel giovedì del Montmelò (“Pramac Racing per me non è un’opzione”) per ribaltare come una frittata la situazione a proprio vantaggio, prendendosi così la sella factory e costringendo il connazionale a trovare un accordo in fretta e furia con Aprilia.
Ducati, il prossimo anno, potrà contare su una line-up che vale almeno undici titoli mondiali conquistati nel Circus delle due ruote, con la possibilità che il conteggio salga a dodici se, al termine di questa stagione, uno tra Bagnaia o Márquez dovesse arrivare al titolo. Sono stati scomodati molti paragoni del passato per dare un’idea dell’importanza di questa scelta, sia in ambito MotoGP (Valentino Rossi-Jorge Lorenzo oppure Casey Stoner-Daniel Pedrosa) che in ambito F1 (Alain Prost-Ayrton Senna o Nigel Mansell-Nelson Piquet), anche se qui la situazione all’interno del box potrebbe essere rovente ancor prima di cominciare.
Non è un mistero che tra Bagnaia e Márquez non scorra buon sangue: lo scomodo passato che il “Cabroncito” ha avuto col mentore di Pecco, Valentino Rossi, è sicuramente una delle ragioni che balza alla mente in merito ad un possibile conflitto all’interno del garage in rosso, ma c’è chi, come Alessio Piana, ha scavato ancora più a fondo nel passato, ai tempi di un Bagnaia addirittura nel CEV e di un Márquez ancora in Moto2, per ricercare le radici di quest’antipatia, quando “Nuvola Rossa” non era ancora legato a Ducati e quando lo scontro interno era sì con un Márquez, ma si trattava del fratello Álex all’interno della struttura Monlau.
Anche nel presente i semi della discordia sono stati piantati ben in profondità: Bagnaia ha ottenuto la sua prima vittoria nel 2021 proprio contro Márquez nella sua Aragón e, appena tre gare dopo, la loro sfida a Misano 2 si è risolta con l’incidente di Pecco alla penultima curva (determinante per la fine delle sue speranze iridate, a favore di Fabio Quartararo) e la conseguente vittoria dell’allora hondista (finora la sua ultima in carriera).
Nei successivi due anni l’italiano e lo spagnolo hanno incrociato le armi solo sporadicamente, a causa della forbice prestazionale sempre più ampia tra Ducati ed Honda. Mentre Bagnaia si aggiudicava i suoi due titoli mondiali MotoGP riportando la Desmosedici sul tetto del mondo (non senza fatica), Márquez ha dovuto affrontare una quarta operazione al braccio per sistemare l’osso dell’omero definitivamente, per poi ritrovarsi tra le mani una RC213V imbizzarrita e al limite dell’inguidabile in certe situazioni, tanto da costringerlo ad usare ogni mezzo necessario pur di raccattare qualche risultato, come la ricerca ossessiva delle scie nelle prove.

A più riprese Márquez, specie durante le qualifiche, non si è mai disturbato a sfruttare dei piloti (soprattutto Bagnaia) come traino nelle varie sessioni del 2023 pur di qualificarsi più avanti in griglia o addirittura superare il taglio della Q2. L’esempio più lampante è Portimão 2023, nella cui qualifica il #93 ha sfruttato al massimo la scia fornitagli da Bastianini per soffiare la pole al #1.
Nonostante questo, buona parte del pubblico ha spesso sostenuto che Bagnaia veda in Márquez un grosso avversario, tanto da soffrirlo psicologicamente. La teoria è esplosa durante il Gran Premio d’Italia 2023, più precisamente in Q2: Pecco, in quel caso, si trovò Márquez molto lento all’ingresso della San Donato all’uscita box durante uno dei suoi giri veloci e non ne fu felice, con Marc che non si disturbò poi a mettersi al suo gancio per tentare l’assalto alla pole. Fu però il #1 ad aggiudicarsi la partenza al palo e successivamente la doppietta Sprint-Gran Premio, non con qualche polemica nel Parco Chiuso.
Per il 2024, la rescissione contrattuale anticipata con Honda di Márquez gli ha spalancato le porte della Ducati… seppur quella privata del team Gresini. Anche con la Desmosedici non aggiornata i presupposti per una “Formica Atomica” di nuovo protagonista c’erano tutti e, difatti, il #93 si è giocato la vittoria in molteplici occasioni. L’appuntamento per il ritorno al successo, però, non si è ancora concretizzato ed alcuni episodi poco felici (come l’errore di Austin, il weekend di Assen o il sabato da incubo al Sachsenring) hanno fatto perdere a Marc il treno del mondiale, tanto che lui stesso non si è definito in lotta per il titolo.
Nonostante il conclamato fenomeno abbia ora a disposizione una moto competitiva e molto vicina alla sua, l’attuale campione non è sembrato per nulla arrendevole. La fiamma della rivalità si è riaccesa in Portogallo con l’incidente alla Torre Vip che ha messo fuori gioco entrambi, ed è divampata durante la sfida a Jerez de la Frontera, in occasione del Gran Premio di Spagna; non solo il loro più bel duello finora, ma anche un classico della categoria MotoGP degno di essere visto e rivisto.
Come se già non fosse pericoloso in chiave campionato con la Ducati privata, Bagnaia per il 2025 ed il 2026 dovrà fare i conti con un Márquez al proprio fianco nei box, dove avrà pari trattamento e pari mezzo rispetto al torinese.
Il paragone
Rispetto alla coppia Leclerc-Hamilton e i possibili paragoni che viene naturale fare (due pluricampioni e recordman che si uniscono a dei marchi italiani), la futura line-up Ducati presenta non poche differenze da quella Ferrari. Se per il “Cavallino Rampante” rimane l’incertezza per quello che sarà il valore della futura vettura sfornata a Maranello, nel team bolognese c’è la quasi totale sicurezza che la GP25 del prossimo anno manterrà il ruolo di protagonista assoluta in campionato. L’unica variabile potrebbe essere data dall’aspetto regolamentare, col sistema di concessioni/limitazioni introdotto quest’anno che rischia di mettere un freno al dominio di Borgo Panigale in MotoGP (anche se per il momento questo sistema non ha ancora avuto gli effetti sperati dalla FIM e da Dorna).
Analizziamo, poi, i piloti. Bagnaia, come Leclerc in Ferrari finora, ricopre il ruolo di pilota immagine della Ducati e, rispetto a Charles, il suo bilancio in termini di risultati sin dal debutto nel team Lenovo è stato decisamente più proficuo (dato anche dal ruolo di dominatrice che la Casa ricopre al momento): 24 vittorie, 43 podi, 18 pole position ed anche sei successi nelle Sprint Race, oltre ovviamente ai due allori conquistati. Il suo status, dunque, risulta più consolidato nonostante l’arrivo dell’otto volte iridato al suo fianco.
Márquez, d’altro canto, arriva con prospettive (nonché aspettative) migliori rispetto a quelle riservate all’arrivo a Maranello di Hamilton. L’apporto che Lewis potrà dare al Cavallino Rampante, sportivamente parlando, non risulta così determinante: sin dal debutto delle nuove vetture ad effetto suolo avvenuto nel 2022, l’inglese ha avuto non poche difficoltà ad eguagliare le proprie performance del periodo di dominanza precedente, reso possibile anche (soprattutto, ad onor del vero) dalla supremazia di Mercedes tra il 2014 ed il 2020. Solo il fattore esperienza può giocare a favore del #44.
Se l’assunzione di Hamilton in Ferrari, ormai quasi quarantenne, sembra una mossa prevalentemente a scopo pubblicitario e di marketing (anche perché i piloti attuali, Sainz e Leclerc, sembrano l’ultimo dei grattacapi a Maranello), quella di Márquez in Ducati ha sì degli aspetti positivi anche sul piano dell’immagine, ma non solo. Marc, dopo il durissimo periodo sotto i ferri e la tremenda annata passata in Honda nel 2023, appena ha potuto mettere le mani su una moto competitiva ha risposto “presente!” forte e chiaro, reinserendosi (fin quando possibile) nella lotta titolata e contendendo alcune vittorie ai suoi principali rivali in pista.
Lewis, invece, nel 2022 ha perso il confronto diretto con George Russell e, dopo un 2023 in cui è tornato ad essere l’uomo di punta della Stella a Tre Punte, nel 2024 sta di nuovo un po’ patendo il giovane talento britannico messogli a fianco al posto di Valtteri Bottas (anche se gli eventi di Spa-Francorchamps hanno allargato molto la forbice di punti tra i due inglesi). Comunque, con la ripresa di Mercedes durante l’estate, c’è quasi da chiedersi se non sia più Lewis a perderci da quest’accordo trovato con la Scuderia modenese.
C’è poi da considerare il ruolo con cui i suddetti giungono alle rispettive destinazioni. Hamilton accarezza il sogno (o la chimera) dell’ottavo alloro iridato che significherebbe la gloria del pilota di F1 più titolato di sempre, sfuggitogli per un nonnulla nel 2021 a favore di Max Verstappen; vedendo le apparenti poche garanzie dategli da Mercedes per la crescita del progetto, ha preferito tentare un ultimo colpo di reni passando alla Casa di Maranello.
Per Márquez, invece, c’è la certezza che la sfida iridata del 2025 lo includerà: a meno di brutte sorprese quali infortuni o simili, è lecito aspettarsi che il #93 il prossimo anno sia della partita (come già si presupponeva per quello in corso in realtà) e che la questione titolo possa riguardare solo lui e Bagnaia.
Il rapporto umano
Veniamo, infine, al rapporto che le due coppie potrebbero avere. Su questo, il punto a favore presumibilmente andrà a Ferrari, poiché nel corso degli anni, tra Leclerc ed Hamilton, non è mai sembrato di percepire insofferenza reciproca (come ad esempio accaduto tra lo stesso Lewis con Rosberg e Verstappen, oppure tra Charles e Carlos in alcuni momenti della convivenza in Ferrari), dato anche dal fatto che i due, in termini di scontri in pista, non hanno questa lunghissima storia alle spalle. Anzi, nel Gran Premio del Bahrain 2019 fu proprio Lewis ad applaudire le doti del ferrarista in mondovisione, capace di condurre la gara con autorevolezza prima del guasto tecnico che l’ha costretto alla terza posizione dietro alle Mercedes dell’inglese e di Bottas.

Tuttavia, seppur il loro passato comune non sia ricchissimo di episodi, essi compensano con una certa dose d’intensità, anche se mai sfociata in incidenti di gara: i primi che balzano alla mente risalgono al 2019, con le prime due vittorie del monegasco in carriera ottenute in Belgio e in Italia proprio a spese del sette volte iridato, con l’inseguimento di Hamilton a Spa-Francorchamps a cui Leclerc tenne botta ed il duello ruota a ruota alla Roggia a Monza.
Si è dovuto poi aspettare qualche anno per rivedere i due ai ferri corti, in entrambe le occasioni a Silverstone. Sia nel 2021 che nel 2022 i due futuri compagni si sono dati battaglia nei giri finali del GP di Gran Bretagna ma in situazioni molto differenti: nel primo caso, il sorpasso valevole per la vittoria di Hamilton ai danni di Leclerc all’interno della Copse arrivò dopo il recupero di Lewis in seguito alla penalità di 10″ al pit stop rimediata dopo il contatto con Max Verstappen alla stessa curva e, soprattutto, fu figlio della superiorità tecnica della Mercedes sulla Ferrari; l’anno dopo il #16 fu nuovamente lo sconfitto della situazione ma in una lotta per le posizioni ai piedi del podio e in una situazione di netto svantaggio, per via delle gomme usurate a seguito dell’errore strategico del box Ferrari e del mancato pit stop all’ingresso dell’ultima Safety Car. Charles, tuttavia, si tolse la soddisfazione del bellissimo sorpasso ai danni del #44 all’esterno del solito curvone verso destra, in passato la curva 1 del tracciato di Silverstone.
Tornando a quello che può essere il loro rapporto come compagni, non dimentichiamo che ci sarà in ballo il ruolo di leader all’interno del box rosso, perciò appare chiaro che la presenza di Hamilton possa essere sì uno stimolo per Leclerc, ma può anche risultare assai ingombrante in termini di gerarchie; è oggettivamente impensabile che il britannico giunga in Ferrari per fare la seconda guida, conoscendone il lato caratteriale, lo status di pluricampione e la capacità di polarizzare le attenzioni su di sé. I dubbi sulla reale forza caratteriale del “Predestinato” potrebbero (ri)emergere prepotentemente con l’arrivo dell’inglese.
Tra Bagnaia e Márquez, invece, nonostante lo spagnolo abbia messo le mani avanti dicendo che “la sfida si consumerà solo in pista”, ci si aspetta una guerra senza esclusione di colpi sin da subito, col fenomeno desideroso di tornare in vetta ed il campione in carica disposto a tutto pur di non lasciargli lo scettro attualmente nelle sue mani. Ed in fondo, va detto, quest’agonismo è ciò in cui un po’ tutti sperano.
La loro storia è già costellata di episodi controversi e persino incidenti, inoltre sarà in ballo non solo il ruolo di team leader, ma soprattutto il trono iridato come già specificato più volte. La convivenza promette scintille ancor prima di cominciare e persino Bagnaia, solitamente pacato e poco propenso all’esporsi, non si è nascosto dal dire che al momento lui è “più veloce di Márquez”. Che fosse già una piccola stoccata nei confronti dello spagnolo? Chi lo sa… per il momento, comunque, Márquez ha incassato le dichiarazioni ed ha continuato a tessere le lodi del suo futuro compagno.
Dunque, cosa accomuna davvero questi due storici (questo è indubbio) movimenti di mercato? Paradossalmente, il fatto che entrambi non fossero necessari alle squadre che li hanno compiuti.
Ferrari, difatti, ha sacrificato Sainz, pilota magari meno dotato di talento puro ma molto solido e concreto nonché piuttosto giovane, per far posto ad Hamilton, campionissimo che ha però raggiunto la soglia dei quarant’anni e che è già in calo fisiologico da qualche stagione, il tutto quando la Scuderia aveva già tra le mani il pilota che, originariamente, doveva ricoprire il ruolo di team leader, Leclerc appunto.
Ducati, dal canto proprio, ha assemblato sì un dream-team con la quale dominerà quasi certamente il 2025, ma per farlo ha sacrificato delle pedine piuttosto importanti dalla propria scacchiera, su tutti Martín (che sarà da valutare in Aprilia) ma anche Enea Bastianini (vincitore dell’ultima gara a Silverstone). Una soluzione più pratica e che avrebbe assicurato alla Casa bolognese di tenere almeno il #89, promuovendo lui in ufficiale e dando a Márquez un trattamento paragonabile al suo in un’altra squadra, forse si sarebbe potuta trovare. Anche perché, guardando in faccia la realtà, Ducati nel 2025 dominerebbe in ogni caso finché i valori in campo tra le moto sono quelli che vediamo.
Per rispondere quindi alla domanda posta nel titolo: quale delle due coppie potrebbe raggiungere per prima il fatidico “Boiling Point”, il punto di ebollizione?
Probabilmente, sul lato agonistico, la sfida tra Bagnaia e Márquez risulta già decisamente più intensa e carica di significati; d’altra parte, nel team di Maranello, se la vettura dovesse essere competitiva e addirittura da mondiale, serpeggerebbe ben presto il malumore su chi debba condurre la corsa iridata tra Leclerc ed Hamilton; raramente un attacco a due punte è la giusta soluzione. In realtà, anche se la nuova Ferrari non fosse veloce, paradossalmente il malumore serpeggerebbe lo stesso per la mancanza di performance.
Non ci resta che attendere qualche mese per avere una risposta concreta a questo quesito.
Fonti immagini: gresiniracing.com, mediahouse.ducati.com, mercedes-benz-archive.com
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