Perché il paragone tra Leclerc e Alesi è fuori luogo e, soprattutto, svilente per il francese
Ormai sta passando come proverbio l'”alesizzazione” di Charles Leclerc dopo gli ultimi avvenimenti che lo stanno vedendo sfortunato protagonista in Ferrari. Parto dal presupposto che citare continuamente Jean Alesi come fosse un qualcosa da associare alla mediocrità è assolutamente avvilente e poco rispettoso per la carriera di Jean.
Alesi non ha mai minimamente avuto, a causa dei poveri mezzi tecnici a disposizione, la possibilità di lottare per la vittoria in modo costante come Leclerc nel 2019 o nel 2022. Le condizioni “politiche” patite da Alesi erano totalmente differenti e onestamente terribili, prima dell’avvento di Montezemolo, rispetto a quelle trovate da Leclerc. La Ferrari degli ultimi anni è veramente un fiore se confrontata con quella dei primi anni ’90.
Poi c’è la questione del talento: anche Alesi ne aveva a dismisura e in un periodo in cui i social non erano nemmeno contemplati questo aveva contributo, grazie ai risultati del 1989 e soprattutto del 1990, a creare un hype immenso per il suo arrivo in Ferrari.
Alesi, paradossalmente, rispetto al più “morbido” Leclerc non si è mai fatto problemi (anche nei gesti) a mostrare frustrazione nei momenti più difficili del suo periodo in rosso, nonostante un grande attaccamento verso il team di Maranello. Leclerc è tra i tre piloti più veloci in F1 e nessuno può dire il contrario ma questo non basta, indipendentemente dal mezzo a disposizione, per diventare un pilota completo in grado non tanto di vincere un mondiale, ma di essere determinante soprattutto nei momenti di difficoltà.
Qui probabilmente serve uno step che non deve essere mascherato dalla parola “alesizzazione” ma deve arrivare soltanto da una persona, ovvero lo stesso Leclerc.
Immagine copertina: Ferrari Media Center
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