Brembo

Basta con la psicosi Charles – Gilles

di Alessandro Secchi
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Pubblicato il 27 Maggio 2019 - 00:16
Tempo di lettura: 3 minuti
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Basta con la psicosi Charles – Gilles

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L’esempio principe di cosa vuol dire paragonare qualcuno a qualcun altro i tifosi ferraristi ed i media ce l’hanno dall’altra parte del box rosso. A novembre 2014 Sebastian Vettel varcava la soglia di Maranello con i titoli di erede di Michael Schumacher: dopo cinque anni è pronto a rivarcare le soglia, in uscita. 

Eppure sembra che non si voglia imparare la lezione, perché ormai da mesi si è scelto Gilles Villeneuve come accostamento per Charles Leclerc. Il paragone è ormai all’ordine del giorno, del post, della pagina, dell’articolo. Chi ha vissuto Gilles e chi non l’ha vissuto si lancia in paragoni, ricordi, somiglianze, leggiadrie varie. Il giro su tre ruote a Montecarlo di Charles come quello di Zandvoort di Gilles, i sorpassi di Charles come quelli di Gilles, lo sguardo di Charles come quello di Gilles e chissà quante altre situazioni verranno descritte “come quelle di Gilles” da qui in avanti.

A me sembra pazzia, quasi psicosi. Tra un po’ si arriverà a dire che Charles mangia come Gilles: siamo seri? Era già esagerato paragonare Sebastian a Michael nonostante gli elementi di accostamento fossero ben più tangibili: la stessa nazionalità, il fatto che il piccolo Seb fosse cresciuto con il mito del più grande campione, che lo premiava nelle sue prime gare di kart. In quella storia c’era sì qualcosa che poteva anche avere un filo conduttore, ma in questa? Cosa posso trovare se non la necessità mediatico/sportiva di inventarsi una storia?

Come se poi Charles, di suo, non ne avesse già una, tra l’altro ben distinta e che non avrebbe bisogno alcun paragone con altri nomi. Perché allora doverlo accostare ad un grande del passato quando è di fatto un prodotto della Ferrari, cresciuto dalla Rossa e con una storia personale forte; quella di chi, da giovanissimo, ha perso in pochi anni due punti di riferimento preziosi come il padre e Jules Bianchi, altro grande rimpianto del Cavallino e non solo. Cosa c’entra Gilles Villeneuve in tutto questo, se non il voler a tutti i costi cavalcare un’onda pericolosa?

Perché il rischio è questo e sta già producendo i suoi effetti. Charles in GP3, Formula 2 e nel suo primo anno in F1 con Sauber non ha mai avuto l’irruenza che posso ritrovare nei video di Gilles. Non ha mai dato l’impressione di poter andare oltre il limite ma ha sempre dimostrato di essere tremendamente veloce pur mantenendo il controllo. Tutto il contrario di quello che si vede dall’inizio dell’anno. Lo scalpitare, il lamentarsi via radio, il “chiedere” ordini, il picchiare in qualifica, il forzare i sorpassi come visto a Montecarlo sono elementi che non appartenevano allo Charles pre Ferrari. Al momento ha dalla sua parte il tifo ed i media, ma solo a parti invertite i commenti sarebbero probabilmente opposti. Uno Stroll, un Vettel, un Verstappen, un Magnussen a spasso a lasciare pezzi di macchina per la pista sarebbero stati definiti dei pazzi incoscienti.

Attendevo – ed attendo, c’è ancora discretamente tempo – l’arrivo di Verstappen in Ferrari per vedere l’ennesima conversione di massa. Sono stato preceduto dall’arrivo di Leclerc, tra l’altro un coetaneo dell’olandese, al quale gli errori vengono invece perdonati sull’onda dell’emozione e degli accostamenti scomodi, solo e soltanto perché veste di Rosso. In mezzo c’è un potenziale enorme, ripeto enorme, che spero vivamente non si perda con l’andare delle gare, perché sarebbe un peccato imperdonabile. 

Tutto il resto è marketing e post strappalacrime.

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